è lui l?unico italiano candidato all?Oscar edizione 2005. Categoria: documentario. Luigi Falorni, 34 anni, fiorentino, sarà a Los Angeles col suo
La storia del cammello che piange, elaborazione finale per la laurea alla Scuola di cinema di Monaco.
Vita: Fa piacere sentire di una nomination italiana per un genere che in Italia è praticamente inesistente?
Luigi Falorni: La disaffezione verso la realtà lasciata come realtà è una caratteristica della nostra cultura. Si notava già nel neorealismo: avvicinamento alle storie di vita quotidiana, ma sempre e comunque attraverso film a soggetto. In Germania è diverso: i tedeschi sono i più grandi catalogatori del mondo. Hanno un attaccamento alla realtà più sviluppato: per questo mi sono trasferito a Monaco per studiare, prima, e a Berlino, poi, per lavorare. Qui i documentaristi non fanno la fame come da noi.
Vita: Chi permette all?estero di girare un documentario?
Falorni: Si presenta il proprio progetto e poi si cercano finanziamenti: di solito sono in parte televisivi, in parte statali e in parte privati dalla casa di produzione che investe nel progetto.
Vita: Nel tuo hanno creduto. Ma come è nato?
Falorni: Parte tutto da un rituale di cui mi ha parlato per la prima volta una collega della scuola di cinema, che è co-autrice. Byambasuren Davaa è cresciuta in Mongolia a Ulan Bator, lì aveva visto un cortometraggio su questo rituale. Me l?ha proposto ed è nata una cooperazione: siamo andati insieme nel deserto a fare le ricerche e a cercare una famiglia adatta per la storia.
Vita: Per la statuetta concorre, tra gli altri, la poeticità del suo lavoro contro la politicità di
Supersize me di Morgan Spurlock, figlio del genere d?inchiesta alla Moore?
Falorni: È buffo essere nella stessa categoria, sono film molto diversi. Il lavoro alla Michael Moore assolve a una funzione fondamentale: informare e portare la gente a pensare in maniera diversa (il termine usato in Germania è
Aufklärung, schiarimento delle menti). Una sorta di informazione parallela a quella allineata dei mass-media: si va in sala per sapere che cosa sta dietro alcune storie raccontate dalle testate dei giornali con semplicità e superficialità. È un modo di raccontare il reale. Io ne ho scelto un altro: la ricerca della sua poesia.
Alice Meraviglia