Famiglia

Unicef: paesi ricchi, bambini poveri

L'accusa dell'organizzazione di difesa dell'infanzia in un rapporto presentato oggi a Roma

di Gabriella Meroni

”La percentuale di bambini che vivono in condizioni di povertà è aumentata, dagli inizi degli anni Novanta, in 17 Paesi ricchi su 24”. E’ quanto sostiene il rapporto Unicef, secondo il quale ”nonostante la convinzione diffusa che la povertà infantile nei Paesi ricchi sia in costante diminuzione, soltanto in quattro Paesi (Australia, Norvegia, Gran Bretagna e Usa) c’è stato un significativo decremento a partire dagli inizi dei ’90 e tra questi soltanto il Regno Unito ha mostrato un progresso significativo nella riduzione del tasso di povertà infantile”. L’Unicef ricorda che ”la riduzione della povertà è uno degli ‘Obiettivi del millennio’ sottoscritti da tutti i Paesi”. La ricerca rileva che tre elementi fondamentali sono determinanti per i tassi di povertà infantile: fattori sociali, condizioni del mercato del lavoro e politiche di governo. E indica che ”molti Paesi Ocse avrebbero la possibilità di ridurre la povertà infantile al di sotto del 10% senza un innalzamento significativo della spesa generale”. In particolare, ”una più alta spesa pubblica per la famiglia e l’assistenza sociale è associata in modo evidente con tassi di povertà infantile inferiori: in media, si è visto che gli interventi governativi possono ridurre del 40% i tassi di povertà infantile, che deriverebbero esclusivamente dalle forze di mercato”. Infatti, ”le iniziative dei governi nei Paesi con i tassi di povertà infantile più bassi al mondo (Danimarca, Finlandia, Norvegia) riducono la cosiddetta povertà del mercato dell’80% mentre le iniziative dei governi nei Paesi con i più alti tassi di povertà infantile (Messico, Usa) riducono la povertà infantile rispettivamente solo del 10% e del 15%”. Il rapporto Unicef sottolinea che ”in Danimarca, Svezia, Finlandia, Belgio i tassi di povertà infantile sono al di sotto del 10% e almeno il 10% del pil è destinato alla spesa sociale finalizzata alla riduzione della povertà. Invece, in Grecia, Irlanda, Italia, Portogallo, Spagna non soltanto vengono destinate alla spesa sociale piccole porzioni della spesa pubblica, ma le risorse pubbliche dirette alle persone con basso reddito sono concentrate sulla popolazione dai 50 anni in su”.


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