Mondo

Iraq: stop russo al piano Usa di “sanzioni intelligenti”

Nel nuovo piano, oltre alle armi e' vietato l'acquisto di beni che possono essere indifferentemente usati a scopo civile e militare

di Gabriella Meroni

L’amministrazione americana, d’intesa con il governo britannico, ha deciso per il momento di rinviare la presentazione della proposta di ”sanzioni intelligenti” contro l’Iraq a causa dell’opposizione di Russia, Francia e Cina, membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. A sollecitare con insistenza il rinvio e’ stato il ministro degli Esteri russo Igor Ivanov durante i colloqui avuti a Budapest con il segretario di Stato americano Colin Powell, al quale ha chiesto piu’ tempo per permettere agli esperti di studiare in dettaglio la lista dei beni che Baghdad non potrebbe importare. Nella proposta anglo-americana di ”sanzioni intelligenti” – che nelle intenzioni di Londra e Washington dovrebbero alleviare le sofferenze della popolazione civile e colpire con piu’ efficacia Saddam Hussein e la sua corte – oltre alle armi, e’ vietato l’acquisto di beni che possono essere indifferentemente usati a scopo civile e militare. Ed e’ proprio la lunghezza di questa lista ad avere indotto Russia, Francia e Cina a chiedere un rinvio, sulla cui estensione non c’e’ accordo: Washington ritiene sufficiente un mese, Mosca preme per sei mesi, mentre Parigi propone un compromesso di tre mesi. In attesa che si trovi un accordo, lunedi’ prossimo il Consiglio di Sicurezza dell’Onu approvera’ la proroga per altri sei mesi del programma ”oil for food”, in base al quale all’Iraq e’ permesso di vendere quantita’ limitate di petrolio i cui proventi vanno a finire su un conto delle Nazioni Unite, che li utilizza per l’acquisto di generi di prima necessita’. La decisione di rinviare la presentazione della proposta di ”sanzioni intelligenti” al Consiglio di Sicurezza e’ considerato il primo fallimento di Colin Powell, che ha fatto della revisione della politica nei confronti di Baghdad la priorita’ del suo mandato. Lo stesso segretario di Stato si e’ detto comunque ottimista sulla possibilita’ di arrivare a un ”accordo generale”, soprattutto perche’ ormai la convinzione diffusa e’ che le sanzioni cosi’ come sono state concepite al termine della Guerra del Golfo nel 1990 ”hanno perso parte della loro efficacia”. La proposta angloamericana non piace ovviamente neppure al regime di Saddam Hussein, che nei giorni scorsi ha piu’ volte minacciato di bloccare le sue esportazioni di petrolio.


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