Non profit

La storia di David, dalla multinazionale a Oxfam

Anteprima. Un brano dell'intervista a David Earnshaw, ex dirigente della multinazionale farmaceutica SmithKline che apparirà su Vita in edicola da domani

di Carlotta Jesi

Il suo caso aveva fatto il giro del mondo, perché scoppiato proprio alla vigilia del decisivo processo di Pretoria: David Earnshaw, dirigente della multinazionale farmaceutica SmithKline aveva deciso di fare armi e bagagli e passare sull?altro fronte: quello di Oxfam, la grande ong promotrice della campagna per rendere libera la produzione dei farmaci generici anti Aids nei Paesi poveri più colpiti dall?epidemia. La scelta di Earnshaw ha anche un risvolto professionale oltre che solidaristico: infatti tanti manager del profit come lui negli ultimi tempi hanno deciso di passare al non profit, rinunciando anche a buste paga principesche. Ma forse la soddisfazione di costruire qualcosa di socialmente utile vale molto di più di una sontuoso conto in banca. Earnshaw, che ha 42 anni ed è nato a Manchester, oggi dirige l?ufficio di Bruxelles di Oxfam e ha raccontato per la prima volta la sua scelta con un?intervista. Domanda: perché ha deciso di passare al non profit? Risposta: ho speso più di 5 anni lavorando sull?accesso ai farmaci nel Sud del mondo ma ho ottenuto solo molta frustrazione per la lentezza con cui le aziende reagiscono a questo tema. Anche se, con un po? di creatività, potrebbero cambiare le cose. Sicuramente guadagnerò meno di prima, ma è la mia opportunità di fare qualcosa di buono per il mondo. Domanda: pensa di riuscirci con la nuova campagna lanciata da Oxfam per cambiare gli accordi dell?Organizzazione Mondiale del Commercio che regola i diritti sui farmaci impedendo che ne vengano prodotte copie a basso costo per 20 anni dal loro lancio sul mercato? Risposta: gli accordi dell?Omc sono diventati un problema perché l?industria farmaceutica li applica in misure diverse a seconda del Paese in cui si trova e abusa della legge sulle patenti nelle nazioni in via di sviluppo. Un primo passo per risolvere questo problema è appena stato fatto dall?Unione europea: ha adottato una risoluzione in cui stabilisce chiaramente che, per i farmaci essenziali, bisogna trovare un equilibrio fra le patenti e il diritto alla salute. Cambiare le regole dell?Omc è un obiettivo raggiungibile solo nel lungo periodo. E nel frattempo ci sono persone che muoiono perché non possono permettersi i farmaci, bisogna pensare anche a loro. Domanda: nella terza conferenza dell?Onu sui Paesi poveri appena conclusasi a Bruxelles, però, l?Ue ha dichiarato che non è distribuendo gratis delle medicine che si risolve il problema della salute nel Sud del mondo Risposta: questo è certo. Ma lo è anche il fatto che, fino ad oggi, l?industria farmaceutica si è nascosta dietro alla mancanza di ospedali, medici e infrastrutture nei Paesi poveri per portare avanti la sua politica dei prezzi inaccessibili ai più. Col risultato che, purtroppo, oggi siamo in un circolo vizioso. Domanda: crede che le multinazionali possano abbassare i prezzi dei farmaci e continuare a guadagnare? Risposta: sì, è possibile. Ma credo che, allo stesso tempo, le industrie farmaceutiche debbano diventare più innovative e affrontare dei rischi. Domanda: e perché dovrebbero farlo? Guadagnano già molto denaro Risposta: questo è vero. Ma di fatto le industrie già applicano prezzi differenti in Spagna, Francia e nel Regno Unito. Perché non usare la stessa strategia nei Paesi in via di sviluppo?Non farlo, può risultare ancora più dannoso: durante il processo di Pretoria le multinazionali hanno fatto una pessima figura. Facilitare l?accesso ai farmaci, invece, avrebbe dato più valore al prodotto che vendono. Domanda: come valuta gli accordi che multinazionali e il governo del Sudafrica hanno preso a Pretoria? Risposta: L?attenzione dei media e della società civile durante il processo è stata tanto forte che alle aziende è rimasta una cosa sola da fare: cominciare a cambiare. Il processo ha sollevato l?attenzione sui brevetti ma anche sulla responsabilità dell?industria farmaceutica e sul fatto che non può continuare a fare affari producendo pochi farmaci, molto cari, e per poca gente. È ora di cambiare. Qualcosa, comunque, comincia a muoversi: penso che, a poco a poco e in forma quasi impercettibile, l?industria farmaceutica stia diventando più sensibile a questi temi. (….) Il testo integrale sul settimanale VITA


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