Sostenibilità

Smog: almeno 2mila morti all’anno in Italia

Clamorosi risultati di uno studio realizzato in 15 città: gli inquinanti gassosi sono killer

di Benedetta Verrini

Di inquinamento ci si ammala. E si muore. Questo, in estrema sintesi, è il risultato del MISA-2, un grande studio sugli effetti degli inquinanti atmosferici (CO, NO2, SO2, PM10 e Ozono) rilevati nel periodo 1996-2002 in 15 città italiane (9 milioni di abitanti). Lo studio, coordinato da Annibale Biggeri (Università di Firenze), Pierantonio Bellini (Università di Padova) e Benedetto Terracini (Università di Torino), è stato finanziato dal Ministero della salute e dal Ministero dell’università e della ricerca scientifica. Gli esperti hanno stimato il numero di decessi (per tutte le cause naturali, per cause cardiovascolari e respiratorie) e di ricoveri ospedalieri (per cause cerebrovascolari e respiratorie) attribuibili all’inquinamento atmosferico: si è visto così che nel periodo in studio il PM10 (la componente dell’inquinamento atmosferico costituita di particelle con diametro inferiore a 10 micron) ha provocato circa 900 decessi in più all’anno. Anche gli inquinanti gassosi (biossido d’azoto, NO2 e monossido di carbonio, CO) provocano un gran numero di vittime: si sono contati ogni anno circa 2.000 morti in più attribuibili all’NO2 e 1.900 morti attribuibili al CO. Per quanto riguarda l’anidride solforosa (SO2), rispetto agli anni Novanta, si registra un dato positivo. La riduzione dell’uso del gasolio negli impianti di riscaldamento, infatti, ha contribuito a far diminuire la concentrazione di questo inquinante che, ora, in almeno sei città su 15, si è assestata al di sotto del limite di rilevabilità (5 mcg/m3). ?Qui però va fatta una precisazione se si vuole comprendere il senso di queste stime? dice Benedetto Terracini, uno dei coordinatori del MISA-2. ?A rigore, infatti, questi inquinanti sono tutti espressione di un unico fenomeno più complesso, l’inquinamento atmosferico, e sono correlati tra loro (dove c’è un contaminante, spesso c’è anche l’altro) cosicché è impossibile scinderne gli effetti. In pratica, non si possono sommare i morti da PM10 con quelli da altri inquinanti, perché ognuno di essi è solo un indicatore degli effetti della contaminazione complessiva. Per questo motivo sono utili, ma non sono sufficienti, i provvedimenti tesi a ridurre i singoli componenti: l’inquinamento va ridotto nel suo complesso?. Per la prima volta in Italia sono stati studiati anche gli effetti dell’aria di città sulle fasce estreme di età (neonati e ultraottantacinquenni). La relazione tra concentrazioni degli inquinanti e mortalità e ricoveri ospedalieri è risultata tendenzialmente maggiore tra gli anziani, in particolare tra i soggetti con più di 85 anni, e, per NO2 e CO, per i neonati fino a 24 mesi. Ciò non significa che gli effetti deleteri dell’inquinamento riguardino solo un sottoinsieme della popolazione, perché sono stati osservati rischi anche in quelle fasce giovani-adulte che si ritenevano meno suscettibili. Con una differenza, comunque: mentre nei più anziani l’inquinamento può uccidere, perché peggiora le condizioni di un fisico già debilitato, nei più piccoli gli effetti si manifestano appieno solo a lungo termine, con la comparsa di ulteriori malattie.?Ecco perché?, come auspica Biggeri, ?gli effetti cronici degli inquinanti, andrebbero investigati con studi ad hoc, che oggi mancano del tutto?. Riguardo al PM10 presente nell’aria delle nostre città, tra le 15 città esaminate, quattro (Bologna, Genova, Milano e Torino) hanno superato il livello di 50 mcg/m3, quindi ben al di sopra del limite dei 20 mcg/m3 stabilito dalle direttive europee che entreranno in vigore tra 5 anni. A proposito di direttive: dai dati dello studio si ricava che, se in Italia il limite previsto dall’Unione europea fosse già stato rispettato, si sarebbero potuti risparmiare tutti i morti in eccesso da PM10 (900) e due terzi dei morti da NO2 (1.400). Ma non basta: MISA-2 offre un’altra indicazione importante. I risultati mostrano che rispettare i limiti può non essere sufficiente: per il CO, infatti, siamo già al di sotto dei limiti previsti dalla UE. Nonostante ciò, di monossido di carbonio si continua ad ammalarsi e morire: se si fosse ridotta la media giornaliera delle concentrazioni di CO di un ulteriore mg/mc si sarebbero risparmiati più di 800 decessi annui. Suggerimenti? ?C’è solo una direzione sensata in cui muoversi? conclude Lorenzo Simonato, dell’Università di Padova. ?Occorre diminuire drasticamente il traffico nelle città affrontando la questione della mobilità urbana nel suo complesso. Sul fronte della ricerca, poi, occorre allestire una rete di monitoraggio che già nella fase di progettazione tenga conto della necessità di raccogliere dati per lo studio dei rapporti tra inquinanti e salute: non c’è ancora, infatti, una sinergia di intenti tra tutti coloro che si occupano di misurare e di studiare gli effetti sulla salute degli inquinanti ambientali. Inoltre, è necessario predisporre ricerche che analizzino gli effetti non più dei singoli inquinanti, ma della miscela che si respira ogni giorno. Perché il killer non è ancora stato identificato, e non è nemmeno detto che sia uno?.


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