Welfare

San Patrignano? Un buon modello

"Dobbiamo fa conciliare il diritto a essere curati con l’esigenza di sicurezza della società". Intervista a Nicola Carlesi.

di Redazione

Nicola Carlesi, psichiatra in quota ad An, dirige da quasi un anno il Dnpa, il Dipartimento nazionale politiche antidroga. Sulla sua scrivania sono nate le proposte di modifica al disegno di legge sulla droga in merito alle misure di detenzione dei tossicodipendenti. Vita: L?accusa parla chiaro. L?idea di mandare i tossici in comunità è figlia del sovraffollamento delle carceri, non certo del desiderio di riabilitarli. Come si difende? Nicola Carlesi: Il punto di partenza è che il carcere non cura. Anzi. In quel contesto la dipendenza non può far altro che aggravarsi. Dopo di che abbiamo un problema di sicurezza sociale. I reati connessi alla tossicodipendenza sono pur sempre reati. Non possiamo far finta che non sia così. Dobbiamo trovare il giusto equilibrio fra queste due esigenze. Vita: La soluzione si chiama San Patrignano? Carlesi: Indubbiamente per alcuni reati di grave allarme sociale il modello è quello della custodia residenziale protetta. L?esperienza di Muccioli è sicuramente un punto di riferimento, ma non è la sola. Per altri tipi di reato di portata minore si ricorrerebbe ad altre misure, penso agli arresti domiciliari da scontare in strutture riabilitative pubbliche o private. Vita: Che però andrebbero sostenute. Non crede? Carlesi: E qui tocca un tasto dolente. Se si vuole intervenire davvero è necessario investire, altrimenti sono parole vuote. Vita: Ha avuto rassicurazioni in merito? Carlesi: Nessuna. Vita: Potrebbe intervenire il suo dipartimento, non crede? Carlesi: In Finanziaria ho ricevuto una dotazione di 20 milioni di euro. Risorse che spenderò interamente per far funzionare la struttura. Per il resto in portafoglio non ho nemmeno un centesimo. L?ultima Finanziaria si è dimenticata del fondo nazionale antidroga Vita: Un altro punto critico riguarda l?effettiva libertà di scelta da parte del detenuto tossicodipendente. Carlesi: Non voglio nascondermi dietro un dito, è un problema vero. Che si può superare solo affidandoci alla professionalità e al controllo del piano terapeutico proposto dalle comunità. Vita: Quale incidenza crede che avrà l?attuazione della legge Fini sul numero dei carcerati per reati connessi alla droga? Carlesi: Questo è un punto da chiarire. So che in molti hanno paventato un?escalation delle detenzioni. Io penso che siano allarmismi privi di qualsiasi fondamento. Aumenteranno, questo sì, le sanzioni amministrative. Sul versante penale, invece, cambierà poco o nulla. Vita: Non crede che valga la pena rilanciare l?idea della custodia attenuata? Carlesi: Non alzo alcun muro. In questo caso però bisogna invertire gli schemi. Gli istituti a custodia attenuata devono essere integrati nell?ambito delle aziende sanitarie locali o di strutture terapeutiche di tipo riabilitativo gestite dal privato sociale. Altrimenti si rischia di ripercorrere la strada, fallimentare, delle sezioni speciali all?interno delle carceri. Invece si dovrebbe pensare a qualcosa di simile a quello che è stato realizzato meravigliosamente a Castiglion delle Stiviere con i malati di mente. Caso unico in Italia dove l?ospedale psichiatrico giudiziario è parte integrante dell?azienda sanitaria locale.


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