Volontariato

Rapporto Eurispes. I poveri “in giacca e cravatta”

Persone "normali" improvvisamente perdono il lavoro e scivolano nel disagio economico e sociale: così sarebbe il ceto medio che arranca fotografato dal rapporto Eurispes

di Ettore Colombo

Oltre 4 milioni 700mila famiglie italiane (circa il 22% delle famiglie totali) e più di 14 milioni di individui sicuramente poveri o quasi poveri. La povertà italiana ha sempre avuto un carattere complesso dato dalla numerosità del nucleo familiare, dalla perdita del lavoro da parte del capofamiglia, dalla presenza di anziani con problemi di autosufficienza, dall?erosione del potere d?acquisto dei redditi. Ma nella società attuale si fa strada un nuovo attributo, ossia ?fluttuante?, che definisce una precaria condizione socio-economica, culturale e assistenziale, temporanea, a volte occasionale, che riguarda individui o nuclei famigliari che si trovano all?interno di una magmatica area di esclusione-inclusione sociale. Ad affermarlo è il tradizionale Rapporto dell?Eurispes, presentato questa mattina a Roma. Secondo l?Eurispes il rischio povertà è piuttosto elevato. Basta osservare la distribuzione per classi di reddito: il 32,1 per cento delle famiglie (6.933.100 nuclei) ha un reddito inferiore a 17.500 euro; il 18,5 per cento (3.998.000 nuclei) appartiene alla classe di reddito compresa tra i 17.500 e i 25.000 euro; il 19,5 per cento (4.212.000 nuclei) ha un reddito tra i 25.000 e i 35.000 euro; infine, il 29,9 per cento ovvero 6.447.000 famiglie ha un reddito superiore ai 35.000 euro. Ed è proprio all?interno dei ceti medi che si manifesta in forme sempre più evidenti il fenomeno della povertà fluttuante. Il rapporto Eurispes prende come riferimento quanto osservato dalla Caritas, che segnala come sempre più spesso i suoi ?utenti? appartengano a classi sociali tradizionalmente lontane dalla fruizione dei servizi di assistenza dell?associazione. Non è raro infatti che nelle mense o nei centri di ascolto si incontrino soggetti ?normali?, persone che hanno perso un reddito e un lavoro, magari precario, e si ritrovano in condizioni di estremo disagio, famiglie che non riescono a far quadrare i conti, a pagare le bollette per l?affitto, la luce, il gas e il riscaldamento, le spese di condominio, la retta scolastica per i figli, la spesa al supermercato o al discount. Si nota anche come si sia modificata la proporzione degli utenti tra immigrati extracomunitari e italiani che, per assurdo, sembrano addirittura svantaggiati rispetto ai primi anche per la difficoltà di trovare lavori di ripiego, magari in nero, che possano essere considerati in qualche maniera compatibili con le loro attitudini, il titolo di studio o la collocazione sociale. La ?povertà in giacca e cravatta? ? così la definisce il rapporto – è una delle tante nuove declinazioni possibili del disagio e della povertà sociale. Li si può osservare in giacca e cravatta, puliti, sbarbati, con le scarpe lucide e talvolta con la valigetta in mano se trattasi di uomini e padri di famiglia; con il cappotto elegante, la gonna alla moda, il foulard e la borsetta ?firmate? e un leggero trucco sugli occhi se si tratta di donne e madri. Solitamente, per vergogna, pudore o altro, sono persone che non fanno la fila a fianco dei barboni o degli immigrati che si affollano davanti alle mense, ai dormitori, alle parrocchie, alle case degli istituti religiosi maschili e femminili? Ma si avvertono, ci sono e sono tanti, anche se difficilmente quantificabili statisticamente. Chiedono con discrezione non vogliono essere ?identificati?, si sentono umiliati. Sono lavoratori o impiegate improvvisamente ex, che hanno dovuto vendere la macchina di media cilindrata, che non hanno più soldi per pagare affitto o mutuo, con carte di credito mute, piccoli conti in banca bruciati, talvolta angariati dagli usurai ai quali sono stati costretti a ricorrere. Presi a frustate dall?invadente e subdola pubblicità che sollecita a comprare e consumare, tanto ?si può cominciare a pagare nel 2006 o nel 2007. Sono persone ?normali?, ma che fanno emergere un denominatore, comune e martellante, dalle molte facce: malessere diffuso e ansia per il futuro (proprio e della famiglia); incertezza e insicurezza, disuguaglianze ignorate o trascurate dalle politiche sociali, sottovalutate, differite e? pericolose. Se la situazione economica non migliorerà, secondo l?Eurispes, sarà possibile assistere ad una nuova stagione di rivendicazioni e di proteste difficilmente governabili. Una eventualità non del tutto remota se si considera come ormai, specialmente nelle grandi aree urbane, le retribuzioni sono diventate del tutto inadeguate a garantire una accettabile qualità della vita e, in numerosi casi, addirittura ad assicurare una dignitosa sopravvivenza. È sufficiente pensare che, nel triennio 2001-2004, la perdita di potere d?acquisto delle retribuzioni, a causa dell?inflazione e dell?effetto fiscal drag, è stata pari al 23,9 per cento per gli impiegati, al 20,4 per cento per gli operai, al 19,5 per cento per i dirigenti e al 17,6 per cento per i quadri.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA