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Craxi

E' tornato. Lo spirito del buon Bettino è tornato a tenere banco nella vicenda italiana. Ma stavolta le celebrazioni se le merita davvero. Ecco perché.

di Alter Ego

Dall?esecrazione alla celebrazione. Dal fango agli altari. Dal carcere agli onori. Non è solo la parabola postuma di Bettino Craxi. È la tipica parabola italiana, il tragitto necessariamente rovesciato che le figure del nostro immaginario sono costrette a percorrere. Per essere considerate tali.
Onore a Craxi, dunque.
Ma non per aver fatto quello che i giudici hanno condannato in dieci anni e passa di Mani pulite. E nemmeno per l?estro del padre padrone. E nemmeno onore per aver preferito l?esilio (dorato) alla galera. Onore infine non per l?orrido lifestyle, l?ottimismo degli anni 80, l?edonismo da bere, i nani e le zoccolerie varie. Ballerine o meno che fossero.
No. Gli onori a Craxi, se si devono, si devono fare per due sole cose. Aver capito e anticipato, con una politica spregiudicata, una società in evoluzione spregiudicata, dove i parametri classici di crescita e di comprensione dei fenomeni erano saltati. Craxi è stato il vero politico postmoderno, simbolo di una delle più grandi rivoluzioni sociali italiane. Ma, soprattutto, Craxi deve essere incensato per non aver chiesto scusa, per essersi presentato all?Italia per come era e per aver detto che la maggior parte degli italiani, in Parlamento e fuori, erano come lui.
Craxi deve essere incensato per aver detto la verità una sola volta, forse, ma la volta che conta, nel momento decisivo. L?unico gesto che, nell?Italia dove si chiede perdono per tutto e dove non si dice mai la verità, non è perdonato.

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