Cultura e benessere

Il museo? Un luogo di cura, dove cala lo stress

Lo conferma uno studio sulla promozione del benessere nel contesto museale. Tutte le attività proposte hanno ridotto l'ansia dei partecipanti. Questo filone di studi va verso proposte sempre più personalizzate sulle base delle caratteristiche della persone. Ne abbiamo parlato con uno degli autori del lavoro, Claudio Lucchiari, psicologo cognitivo della Statale di Milano

di Nicla Panciera

È esperienza di molti, ma ora c’è la conferma: l’ambiente museale regala calma e benessere. Seguire un percorso di mindfulness all’interno di un museo riduce l’ansia e lo stress del 25%; con l’arteterapia, o partecipando a una visita guidata, il calo è del 20% circa. Lo dicono i risultati preliminari di uno studio condotto nell’ambito del progetto Asba acronimo per l’inglese Anxiety, stress, brain-friendly museum approach (Il museo alleato del cervello contro ansia e stress) da un team tutto italiano di ricercatori della Statale di Milano, l’Università di Milano-Bicocca e l’Università di Roma La Sapienza, nonché il Museo di Storia Naturale, la Galleria d’Arte Moderna e il Comune di Milano. Il museo brain-friendly è un’istituzione basata sul rispetto dei processi cognitivi e delle emozioni dei visitatori, nonché sulla protezione, la conservazione, la diffusione e l’apprezzamento del nostro patrimonio tangibile e intangibile ai fini dell’educazione, dello studio e dell’arricchimento culturale e l’intrattenimento.

Lo studio, che ha coinvolto più di 350 cittadini e decine di operatori museali nell’arco degli ultimi tre anni, ha confermato come tutte le attività proposte dai ricercatori all’interno dei musei siano state in grado di ridurre l’ansia e lo stress dei fruitori. La ricerca è stata condotta misurando i livelli di ansia e stress dei partecipanti all’inizio e alla fine di ogni incontro attraverso questionari standardizzati e strumenti quantitativi e qualitativi. Inoltre, alcuni partecipanti hanno accettato la registrazione della propria attività elettro-corticale con un dispositivo Brain-Computer Interface BCI, un caschetto wireless indossabile in grado di rilevare e registrare la frequenza dell’attività elettrica cerebrale per monitorare l’effetto dell’esperienza sul benessere psico-fisico. Lo studio ha riguardato anche il personale museale, con il percorso Asba-Mao presso il Museo di Arte Orientale di Torino, e ne è emersa una riduzione di ansia e stress, ma anche effetti positivo sul senso di appartenenza al gruppo di lavoro e sullo sviluppo di nuove modalità di affrontare i rapporti e i compiti lavorativi

Luoghi di benessere

«Grazie alla pluralità di dati raccolti, siamo in grado di supportare l’ipotesi che il museo possa essere considerato un luogo privilegiato dove prendersi cura di sé stessi. Inoltre, si è visto come ogni tecnica generi esperienze uniche. In altre parole, l’arte e i musei non solo possono ridurre l’ansia e migliorare il benessere, ma possono farlo in molti modi diversi» spiega Claudio Lucchiari, psicologo cognitivo della Statale di Milano. Il protocollo è stato pubblicato sulla rivista internazionale The International Journal of Health, Wellness, and Society, venendo premiato dalla stessa rivista e dal relativo network di esperti per l’impatto scientifico e l’originalità, e altri sono in via di pubblicazione.

Al momento, è in corso l’analisi dei risultati. «Abbiamo raggiunto il target previsto di partecipanti, pari ad almeno 35 per ogni condizione e per ogni museo. Considerando anche il Museo d’Arte Orientale di Torino, abbiamo ormai raggiunto i 390 partecipanti» spiega Claudio Lucchiari, psicologo cognitivo della Statale di Milano, annunciando la ripresa dello studio entro l’anno «con il proposito di includere nel nostro campione anche partecipanti minorenni, cosa che l’attuale protocollo non prevede, oltre che coinvolgere più musei». Un’impresa affascinante, quella che indaga il legame tra cultura e benessere, che è solo agli inizi: «Il nostro studio come molti altri simili, condotti sia nei musei che altrove, al momento costituiscono tasselli di un puzzle relativo a come promuovere il benessere in modo sempre più personalizzato, ma anche arricchente rispetto a vari punti di vista, per esempio quello culturale».

Arteterapia

Esperienze basate sulle evidenze

Le attività proposte, la cui efficacia sul benessere è stata indagata dallo studio, includono le tecniche di mindfulness,  la consapevolezza che nasce dal prestare intenzionalmente attenzione al momento presente senza formulare giudizi; le visual thinking strategies, che sono discussione di gruppo davanti a un oggetto del museo in un processo di costruzione del significato dell’opera; l’arte-terapia e la metodica ArtUp,  che fornisce approfondimenti culturali basati sulla storia dell’arte e contemporaneamente favorisce il dialogo sulla dimensione affettiva e psicologica che le opere d’arte suscitano in chi le fruisce; la  Nature+Art, una strategia sperimentale che combina gli stimoli del patrimonio museale con quelli della natura.

Museo o outdoor: a ciascuno il suo spazio

«Lo studio è stato svolto con l’intento di validare lo spazio museale come luogo ove prendersi cura di sé. Ci sono certamente molti luoghi e molte pratiche che permettono all’individuo di alleviare lo stress e ridurre l’ansia, ad esempio una moderata attività fisica all’aria aperta ad esempio» ci spiega Lucchiari, che aggiunge: «Sarebbe certamente interessante svolgere uno studio within-subjects all’interno del quale gli stessi partecipanti svolgono la stessa tecnica in più contesti al fine di verificare l’efficacia specifica del museo. Infatti, è noto che le varie tecniche e i vari luoghi del benessere non ottengono per tutti lo stesso effetto. Il nostro campione è costituito soprattutto da persone che frequentano i musei e che sono attratti dall’arte o dalla scienza. Molte persone che trovano giovamento nell’attività fisica probabilmente non troverebbero lo stesso giovamento dal museo e viceversa». Proprio in questa direzione sta andando la ricerca. «Al momento abbiamo delle indicazioni chiare. Il nostro obiettivo futuro sarà rilevare dati sempre più precisi circa le caratteristiche personali, come tratti di personalità, attitudini, abitudini comportamentali e così via, nel suggerire a una certa persona una certa pratica in un certo luogo».

Foto dell’Università Statale di Milano

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.