Inclusione scolastica

Così aiuteremo gli alunni nello spettro a star meglio in classe

L'Università Cattolica di Milano, attraverso il Cedisma, ha avviato un progetto assieme al Centro per l'autismo Cascina San Vincenzo e alla scuola polo per l'inclusione della provincia di Monza e Brianza. L'obbiettivo? Creare delle linee guida e dei protocolli per migliorare il benessere degli studenti autistici

di Veronica Rossi

Come si può rendere la scuola un luogo più inclusivo per le persone autistiche? È a questa domanda che cerca di rispondere il progetto In-aut School, lanciato dall’Università Cattolica di Milano attraverso il Centro studi e ricerche sulla disabilità e marginalità – Cedisma e finanziato dalla Fondazione italiana autismo – Fia, con partner il Centro per l’autismo “Cacina San Vincenzo” e la Scuola Polo per l’inclusione della provincia Monza e Brianza, presso l’istituto comprensivo Gianni Rodari di Seregno. Si tratta di un’iniziativa che cerca di rispondere all’esigenza sempre più presente nella scuola italiana di capire come adattarsi ai bisogni degli studenti autistici: a oggi, nel nostro Paese, un bambino su 77 tra i sette e i nove anni ricade nello spettro.

Il progetto prende le mosse dalle linee guida sviluppate nel contesto del progetto europeo Erasmus+ “Transform autism education”. «Vogliamo riproporre la ricerca in Italia, attraverso una sperimentazione nel territorio della provincia di Monza e Brianza», afferma Luigi d’Alonzo, professore di didattica e pedagogia speciale alla Cattolica e direttore del Cedisma. «Vogliamo lavorare con qualità sul piano inclusivo per gli alunni con autismo; abbiamo protocoli, questionari, focus group, formazioni per gli insegnanti. Poi effettueremo una serie di prove valutative per controllare le ricadute». Perché l’inclusione sia effettiva e non rimanga sulla carta, nelle attività verranno coinvolte anche persone nello spettro autistico con esperienza nel settore educativo.

I protocolli, già sviluppati in Europa, sono adattati alle esigenze dei ragazzi e alle loro necessità di assistenza – le diagnosi di autismo hanno tre livelli – e pensati per adattarsi al lavoro quotidiano in classe. «Per esempio, se c’è un alunno con problematiche sensoriali dobbiamo adattare le aule», continua d’Alonzo. «Pensiamo alle giornate di sole: bisogna strutturare l’ambiente in modo che ci sia la necessaria penombra per farlo rimanere in classe senza star male. Se lo studente ha problemi di tipo relazionale, a livello di consiglio di classe bisogna adottare una serie di accorgimenti condivisi tra gli insegnanti per accogliere le esigenze dell’alunno».

Ad accompagnare il Cedisma in questo progetto c’è la Cascina San Vincenzo, la cui responsabile è la dottoressa Alessandra Ballaré. «L’associazione nasce ormai una ventina di anni fa», racconta Paola Molteni, coordinatrice generale del progetto a fianco del professor d’Alonzo, docente a contratto all’Università Cattolica e pedagogista alla Cascina, «da una rete di famiglie che si sono trovate ad affrontare la tematica dell’autismo; in particolare il presidente, Efrem Fumagalli, ha scoperto che il figlio più piccolo era nello spettro e ha chiamato a sé altri nella stessa situazione, per fondare il Centro».

L’associazione si occupa di riabilitazione e di abilitazione; ha in carico oggi circa 150 persone nello spettro, di tutte le età e con tutti i livelli di bisogno di assistenza. Ci sono attività di preparazione al lavoro – come un’officina del mosaico –, ma anche sessioni di tipo psicologico, psicoeducativo, neuropsicomotricistico. «Il coinvolgimento della Cascina nel progetto è avvenuto in maniera molto naturale», continua la professoressa, «perché è il centro più grande nella provincia di Monza e Brianza e anche il più storico. Già 12 anni fa l’associazione ha fatto una prima ricerca insieme all’Università Cattolica; in più collabora da anni con la Scuola Polo per alcuni percorsi formativi dello sportello autismo».

Il Centro si occuperà di analizzare i contesti ambientali delle scuole e i profili sensoriali degli alunni autistici coinvolti, evidenziandone i bisogni. In questo modo sarà possibile costruire una lista di buone prassi e consigli. Gli esperti dell’associazione incontreranno periodicamente gli insegnanti per verificare l’andamento dell’allievo dal punto di vista riabilitativo e per offrire supporto nell’affrontare le questioni e le necessità che si presentano nella vita quotidiana scolastica. «Il progetto unisce l’aspetto pedagogico a quello riabilitativo», conclude d’Alonzo, «per migliorare la qualità dell’inclusione scolastica».

Foto in apertura da Pixabay

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