Addio Papa Francesco
Francesco, guida e compagno di viaggio
In questi 12 anni papa Bergoglio è stato un punto di riferimento costante per il lavoro del nostro giornale e per tutto il mondo che a VITA fa riferimento. Ecco le tappe di questo cammino condiviso e del perché le scarpe nere ne sono un simbolo così potente

Per VITA papa Francesco è stato un meraviglioso, prezioso compagno di viaggio. Ricordo la sorpresa di quel 12 marzo 2013 quando era apparso sulla loggia e lui annunciò il nome che aveva scelto: per la prima volta un papa voleva essere chiamato come il santo più amato e meno clericale della storia. Francesco, un nome che già di per sé conteneva uno scartamento rispetto ad ogni formalismo, una volontà di tagliare le distanze tra la chiesa e la realtà del mondo. Francesco d’Assisi a chi gli chiedeva quale fosse il suo convento, indicava tutto il mondo che lo circondava. Così Bergoglio, che come prima scelta, spiazzando tutti aveva deciso di non chiudersi nell’appartamento pontificio ma di abitare nel residence di Santa Marta: non “appartato” ma più a contatto con il mondo, in una situazione di normalità.
Ricordo che con Riccardo Bonacina ci eravamo subito detti che questo papa sarebbe stato un faro per il mondo di VITA. Lo avevamo capito grazie alle rassicurazioni di un grande amico giornalista che lo conosceva benissimo, Lucio Brunelli.
C’era un dettaglio che ci aveva immediatamente colpito: le scarpe. Francesco aveva subito chiarito che non avrebbe portato le scarpe rosse dei pontefici, ma le sue scarpe nere, «una galoscia, senza adorni ma con i lacci», come aveva precisato il suo calzolaio di Buenos Aires. Scarpe per andare per il mondo. Su quel dettaglio avevamo costruito la prima copertina di VITA dedicata a lui, una copertina immediata, un mese dopo la sua nomina. Il disegno di Francesco Poroli e il titolo rendevano plasticamente la novità: “On the road”, più un close up sulle scarpe nere da cammino che spuntavano dalla veste bianca.

Il pontificato di Francesco è stato chiaro fin dal primo istante e fin dai primi gesti. «Camminare, uscire dalle strutture e dai recinti, andare nelle periferie. È la pastorale di strada destinata a cambiare la modalità di presenza della chiesa», recitava il sottotitolo di quel numero. Ed è stato davvero così. La novità non era solo negli atteggiamenti del Papa, nella sua informalità; c’era anche una novità nel modo di esprimersi e di parlare. Pochi mesi dopo un’altra copertina aveva indagato proprio su questo aspetto, così cruciale. Il linguaggio di Francesco era diretto, senza mai ambiguità, senza mai ombra di clericalismo.
Per arrivare più vicino ai concetti che voleva trasmettere, si affidava alla creatività dei neologismi. Francesco è stato una fucina di neologismi che persino la Treccani recentemente ha incluso nel suo vocabolario. «Misericordiando» era quello che più gli stava caro: sostantivo che diventa realtà nel momento in cui si faceva azione. Il suo contrario era «balconear», cioè stare al balcone, non implicarsi nelle cose. Poi «primererar», il neologismo più teologico del suo pontificato: per dire che Gesù arriva prima, è sempre sua l’iniziativa che ci attira al bene.
Nel 2023 un altro numero di VITA dedicato a Francesco in occasione dei 10 anni di pontificato, con tante voci e soprattutto con un’accurata ricostruzione del pontificato firmata da Lucio Brunelli, il vaticanista che meglio ha conosciuto Bergoglio. Dieci anni di fratello Papa era il titolo di quel numero (da oggi scaricabile gratuitamente anche dai non abbonati), che voleva testimoniare la gratitudine per la vicinanza e la condivisione che Francesco aveva dimostrato nei confronti di chi – persone e organizzazioni – si impegnava con dedizione nel sociale. Il volontariato come valore e come esperienza è sempre stato al cuore del pontificato.
Così quando Riccardo Bonacina ha raccolto in un libro gli interventi sul tema, lo stesso Francesco ha voluto firmare un testo di introduzione: «Il volontariato una delle cose più belle. Perché ognuno con la propria libertà sceglie di fare questo cammino che è un cammino di uscita verso l’altro, uscita con la mano tesa, un cammino di uscita per preoccuparsi degli altri. Si deve fare un’azione. Io posso rimanere a casa seduto, tranquillo, guardando la tv o facendo altre cose… No, io mi prendo questa fatica di uscire. Il volontariato è la fatica di uscire per aiutare altri, è così. Non c’è un volontariato da scrivania e non c’è un volontariato da televisione, no. Il volontariato è sempre in uscita, il cuore aperto, la mano tesa, le gambe pronte per andare. Uscire per incontrare e uscire per dare». Incontrare, uscire, andare, aprirsi: l’attrazione e la simpatia nei confronti degli altri come motore di una “buona vita”. Grazie papa Francesco.
Giuseppe Frangi è stato direttore responsabile di VITA fino all’aprile 2018. Foto di Stefano Spaziani, LaPresse.
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