Welfare
Lavoro: parte in tv Sommersi e Invisibili
La trasmissione di Loredana Dordi e Francesca Catarci andrà in onda il 3 febbraio 2005 alle ore 23.30 su RAITRE
Voci, SOMMERSE E INVISIBILI, raccontano storie di vita di giovani lavoratrici e lavoratori, protagonisti e insieme vittime della grande trasformazione in atto nel mondo del lavoro.
“Io ho la macchia di avere un lavoro particolare: sono un’atipica. E’ terribile come definizione. Atipica rispetto a che cosa? Rispetto alla normalità? Ma che cosa è la normalità?”.
Così Stefania descrive uno dei gironi infernali del lavoro precario. Racconta l’ansia che la paralizza ogni tre mesi, perché non sa se il suo contratto sarà rinnovato e “io vivo con l’angoscia che tutti i giorni che vado a lavorare posso essere buttata fuori”.
Accanto alle testimonianze sul video scorre la cruda etimologia dei termini che definiscono le nuove forme del lavoro: PRECARIETA’ (provvisorietà contrassegnata dall’attesa di un peggioramento), ESTERNALIZZAZIONE (portare all’esterno alcuni rami d’azienda), INTERINALE (provvisorio, temporaneo), MOBBING (dal verbo “to mob”: inseguire urlando, assalire), ATIPICITA’ (impossibilità accertata di un fenomeno di essere in alcun modo classificato), CONTRATTO DI SOMMINISTRAZIONE (il “somministratore” mette a disposizione di un”utilizzatore” la forza lavoro).
Termini apparentemente neutri, ma che nascondono una realtà di alienazione, instabilità e incertezza.
In queste condizioni qualsiasi progetto di vita è rimandato a un futuro indefinito. “Io e il mio ragazzo – dice Mariella – siamo entrambi precari. Abbiamo il desiderio di andare a vivere insieme, ma non si può: nessuna banca è disposta a concederci un mutuo e le case hanno affitti altissimi. Abbiamo ancora dei desideri, ma non possono diventare progetti”
I nuovi ambienti di lavoro sono asettici; chiuse in grandi stanze, le persone sono sole di fronte al proprio computer, ripetono sempre gli stessi gesti, le stesse parole; il contatto con i colleghi è ridotto al minimo, nella pausa-caffè.
E’ una realtà inafferrabile, fatta di schermi di computer e termini incomprensibili, sigle, numeri, codici, lettere sempre uguali, ripetuti all’infinito..
Le aziende richiedono ai lavoratori una disponibilità totale: “Questa -dice Angela – è l’aberrazione del lavoro moderno: ti fanno credere che quella lì dentro è la vita vera; non c’è più un confine tra la vita personale e il lavoro”.
Se la vita personale viene annullata, allora anche la maternità e? vissuta da molte donne come “un’impresa da eroi”. In una ricerca della CGIL del luglio 2004 su “Welfare e flessibilità” viene stimata al 70% la percentuale di lavoratrici precarie che sono costrette a scegliere di non avere figli.
C’è chi la precarietà la sta vivendo da “grande”: dopo 15 anni di lavoro “fisso” alle spalle in seguito alla scissione di un ramo d’azienda Carlo si ritrova a 40 anni esternalizzato, con la prospettiva quasi certa di entrare nella precarietà del lavoro interinale. “Il lavoro temporaneo -dice Carlo – è non-dignità, è la non possibilità di costruirsi un futuro”.
Voci, SOMMERSE E INVISIBILI , rompono il silenzio di un mondo che nega a chi lavora diritti e dignità:
“Io credevo -racconta Mariella – di essere una professionista dei call center, in realtà sono un prodotto che produce.”
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