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Congo/Kinshasa: una fragile transizione politica

Gli ostacoli che condizionano le elezioni politiche previste per giugno 2005

di Joshua Massarenti

In attesa dell’arrivo del presidente sudafricano Thabo Mbeki, padrino degli accordi di transizione del 2002, il Congo/Kinshasa affronta uno dei periodi più delicati della sua transizione politica.

Al termine di cinque anni di guerra civile soldatisi con oltre tre milioni di morti, il governo congolese fa una fatica immensa a raggiungere gli obiettivi prefissati dagli accordi siglati tra tutti i belligeranti nel dicembre 2003 e che prevedono la fine del periodo di transizione nel giugno 2005 con l’organizzazione di elezioni legislative e presidenziali.

“Tutti sanno che risulta impossibile organizzare elezioni da qui al 30 giugno. La Costituzione non ha ancora votato e il censimento elettorale non è nemmeno iniziato” ha dichiarato sotto anonimanto un diplomatico all’Afp.

L’annuncio – di cui molti danno per scontato – di un rinvio probabile dello scrutinio da parte della Commissione elettorale indipendente ha spinto il 10 gennaio scorso i congolesi a scendere nelle strade di Kinshasa (la capitale) per protestare contro il mancato rispetto del calendario politico. La manifestazione si era conclusa con quattro morti sollevando un putiferio contro la classe politica congolese al potere. La crisi ha fatto un passo ulteriore in seno alla dirigenza del Paese quando uno dei quattro vice presidenti congolesi Jean Pierre Bemba – capo di un ex movimento ribelle sostenuto dal vicino Uganda – ha minacciato il suo ritiro dalle istituzioni entro la fine di gennaio se i dirigenti della fase transitoria non troveranno un accordo definitivo sulla spartizione del potere, in particolar modo in seno all’amministrazione locale e le imprese pubbliche.

Questa spartizione, iscritta nell’accordo di transizione, rimane per Bemba, ma non solo, una prerogativa assoluta in vista della buona organizzazione delle prossime elezioni. “Siamo in un periodo cerniera: allo stato attuale delle cose, non possiamo fare altro che constatare che la spartizione non ha consentito questa spartizione” sostiene un analista poltiico congolese. “Se un’elezione avenisse domani”, aggiunge, “non solo il risultato sarebbe contestabile, ma nulla garantirebbe il suo rispetto. Da parte sua, la Comunità internazionale sta continuando a esercitare una forte pressione sulle autorità congolesi affinché il calendario della transizione sia rispettato. Il fatto che i negoziati abbiano ripreso è piuttosto buon segno”.

Negli ultimi giorni, le pressioni internazionali sono state concretizzate dalle visite dei presidenti del Gabon e del Congo/Brazzaville, nonché dall’annuncio dell’Unione africana di voler nominare un inviato speciale “di altissimo livello” per seguire le mediazioni.

Alla vigiglia dell’arrivo di Mbeki a Kinshasa previsto per domani, Jean Pierre Bemba ha voluto rassicurare tutti sostenendo che tutte le divergneze con il presidente congolese Joseph Kabila si erano “appianite”. “Ma per quanto tempo?” si chiede un funzionario internazionale in pianta stabile a Kinshasa. “La campagna elettorale è in realtà già lanciata e in questo contesto di alta tensione, la tentazione di voler manipolare la gente potrebbe seriamente minacciare la transizione”. Inoltre, “bisognerà prenedere in considerazione i disordini che persistono nell’est del Paese dove i vicini rwandesi e ugandesi vogliono mantenere una zona di influenza e dove i problemi non stati per nulla risolti”.

Nel dicembre 2004, il regime Kabila aveva accusato il Rwanda di avero violato l’integralità territoriale congolese con il pretesto di dare la caccia ai ribelli rwandesi hutu ritenuti responsabili del genocidio del 1994 perpetrato in Rwanda nel 1994. Sono in molti a credere che questi ribelli non rappresentano una minaccia reale per il Rwanda, ma loro presenza su suolo congolese continua a creare enormi tensioni tra il regime rwandese di Paul Kagame e il suo omologo congolese Kabila. Non è un caso se l’Unione europea si è detta pronta a aiutare l’Rdc (Congo/Kinshasa) a disarmare questi gruppi, mentre l’Unione africana ha annunicato ieri l’inizio di un giro di consultazioni per formare “una forza” incaricata di disarmare i ribelli. In realtà, gli accordi di pace bilaterali tra Rwanda e Congo/Kinshasa siglati nell’agosto 2003 prevedevano il loro disarmo. A un anno e mezzo di distanza, ben poco è stato fatto.

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