Formazione

Dai Monti di pietà al microcredito.

Banche dei poveri: il segreto è la reciprocità. Luigino Bruni

di Redazione

Se noi guardassimo alla storia economica e sociale dell?Occidente, ci accorgeremmo che questa storia racconta il dipanarsi di due fiumi. Il primo, largo e potente, racconta la storia di chi ha concepito l?economia come un mezzo per procurarsi denaro e ricchezze, da poi impiegare (per usi spesso legittimi) nella propria esistenza: è la storia delle imprese, dei mercanti, e di molte banche. Parallelamente a questo grande fiume, è però da sempre esistito un altro corso d?acqua, più stretto e leggero, a tratti sotterraneo, rappresentato (fuor di metafora) da chi ha concepito e vissuto la vita economica direttamente come luogo di umanizzazione, come espressione di valori più alti del solo lucro: è questa la storia delle ?imprese sociali? di ogni tempo, del movimento cooperativo, o delle reductiones dei Gesuiti nel Paraguay nel Seicento. Ed è anche la storia del credito solidale, che almeno dal 1400 ha affiancato la storia dei vari banchi, cristiani o ebrei, nati dallo spirito del guadagno e spesso dalla speculazione. Questa storia del credito solidale ha un momento forte, per certi versi fondativo, con la nascita dei Monti di pietà, sorti nella seconda metà del Quattrocento in Umbria e nelle Marche, per estendersi poi in tutta l?Italia e in seguito anche nel resto d?Europa, e per poi scomparire come tali nel Novecento, per riaffiorare in superficie oggi nelle varie forme di microcredito, ma anche di banca e finanza etica. La ragione principale che portò alla nascita dei Monti di pietà fu di tipo solidale, non strettamente economico, ma per iniziativa di «alcuni uomini, amanti dell?umanità». Infatti, data l?impossibilità per le famiglie meno abbienti di avere accesso al credito ad un equo tasso d?interesse, e per questo costrette a rivolgersi agli usurai (cristiani o ebrei) e quindi precipitare in miseria, i francescani della riforma, molto attenti agli aspetti concreti dell?evangelizzazione, promossero queste istituzioni come mezzo di ?cura? della povertà e di lotta all?usura: il ?paradosso? di un movimento nato attorno a ?sorella povertà? che dà vita alle prima banche popolari. Perché, quindi, possiamo vedere i Monti di pietà e l?attuale microcredito – ma anche molte banche cooperative, o le casse di risparmio – come specie dello stesso genere, come parte di una medesima corrente? Innanzitutto, i Monti, come il microcredito, nascono per i poveri: sono ?banchieri dei poveri?. I prestiti erano e sono di piccola entità, e l?obiettivo non è il profitto, ma l?economicità ?oggettiva? è solo un vincolo per poter svolgere la propria missione, che resta primariamente sociale e ideale. In secondo luogo, il prestito si inserisce dentro una dinamica comunitaria e identitaria: ieri i Monti prestavano ai ?cittadini bisognosi?, primariamente a quelli della città, poi a quelli del contado, ecc, oggi il microcredito si rivolge a comunità, non ad individui: è il legame sociale che diventa, ieri e oggi, la principale garanzia ?civile? (né personale né reale) per questi prestiti. Infine, sia il Monte che il microcredito si concepiscono come ?cura?: il prestito è un intervento per curare un organismo (sociale) malato, perché in esso vi sono membri precipitati in povertà, che vanno recuperati. Ecco perché l?obiettivo di questi prestiti è la reciprocità: non sono regali ma un atto che punta alla risposta, perché senza la risposta del bisognoso non c?è relazionalità ma solo assistenzialismo. La cura invece punta a ristabilire la salute, allo sviluppo integrale della società e di ciascuno. Luigino Bruni


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