Cultura

Una rivoluzione silenziosa per milioni di ragazzi. Giovani 2005 la leva non c’è più

Servizio militare volontario da una parte. Servizio civile sempre volontario dall’altra. E in mezzo la stragrande maggioranza che non sceglierà né l’uno né l’altro.

di Stefano Arduini

Fiocco rosa in casa Italia: il primo gennaio 2005 è nata la generazione dei senza leva. Un esercito di quasi 4 milioni di ragazzi (secondo le ultime rilevazioni dell?Istat la popolazione italiana maschile compresa fra i 18 e i 28 anni è pari a 3.623.634 unità), che da quest?anno in poi non potrà più passare dalla strettoia del servizio militare e di quello civile per entrare nel mondo degli adulti. Una svolta epocale che relega nel cassetto dei ricordi «la passione, le lotte e le speranze di 758mila giovani che in 32 anni di obiezione di coscienza hanno dato un notevole contributo a costruire un Paese più attento ai bisognosi, alla natura e ai suoi beni culturali», come evidenzia Massimo Paolicelli, presidente dell?Associazione obiettori nonviolenti. Al conto bisogna aggiungere i milioni di ragazzi che in 143 anni di leva obbligatoria hanno marciato e spazzato le caserme del Paese e contemporaneamente come diceva Totò «sono diventati uomini di mondo». Don Massimiliano Sabbatini è il presidente del Forum oratori italiani. Sotto le sue ali protettive (e quelle dei suoi colleghi) si contano un milione di ragazzi. «Il servizio civile soprattutto, ma anche quello militare, per un?epoca ha trasmesso ai nostri ragazzi il valore della comunità e della convivenza. Sono un inguaribile ottimista e quindi mi auguro che non sia così, ma non mi nascondo il rischio che da oggi in poi si ristringa la sfera di quelli che partecipano alla nostra vita sociale». Le paure di Sabbatini si materializzano anche nelle parole di Cristina Nespoli, numero uno della Cnesc, la Conferenza nazionale degli enti di servizio civile. «Purtroppo la generazione senza leva nasce sulle ceneri di una mancata riflessione su quello che ha significato l?esperienza dell?obiezione di coscienza e la sua funzione propedeutica alla vita adulta», attacca dal suo ufficio di Torino. «I governanti troppo spesso l?hanno considerata un inutile balzello, salvo poi lamentarsi della disaffezione dei giovani rispetto alla politica. Quella è stata una palestra unica. Che non smetterò mai di rimpiangere«. A questo punto però un?inversione di rotta sembra fuori dal tempo. L?ottavo Rapporto sull?associazionismo italiano dell?Iref segnala che otto italiani su 10 sono contenti dell?abolizione della leva. Fra questi c?è anche Diego Cipriani, una vita in Caritas e memoria storica dell?obiezione di coscienza (a cui ha dedicato il bel libro Voci sull?obiezione. Interviste ai protagonisti). Cipriani è anche membro del Comitato di consulenza per la difesa civile non armata e non violenta presso l?Ufficio nazionale del servizio civile. «Non c?è proprio nulla da rimpiangere. La fine dell?obbligatorietà è un vantaggio per i giovani e una vittoria per gli obiettori: finalmente lo Stato non ti impone di servirlo in armi. Non mi sembra poco», osserva prima di rispondere alla Nespoli: «Le manifestazioni per la pace, il boom del servizio civile volontario (le richieste, circa 80mila, superano di gran lunga i 34mila posti disponibili per il 2005), dimostrano una rinnovata tensione dei giovani verso i temi della cittadinanza attiva». Musica per le orecchie di Stefano Marmugi, 30 anni, ex obiettore e attuale responsabile Anpas della formazione per i volontari di servizio civile a Livorno, che finalmente potrà «tenere corsi a persone motivate e non a obiettori costretti a venire in classe tirati per i capelli». Un passo in avanti, quindi. Ma non è tutto oro quello che luccica all?orizzonte della generazione SL. I numeri raccontano anche un?altra realtà. Renato Frisanco, ricercatore della Fondazione italiana per il volontariato, per esempio evidenzia un trend discendente della forza giovanile militante nelle associazioni: nel 1997 costituiva il 30% degli effettivi. Oggi siamo all?8,3%. In questo caso però è necessario distinguere fra under e over 24. Lucia Boccacin, sociologa dell?Università Cattolica di Milano, che ha recentemente pubblicato con Giovanna Rossi Stili partecipativi emergenti nel volontariato giovanile, sottolinea «un incremento di partecipazione dei cosiddetti giovani-adulti, ovvero quella fascia d?età fra i 24 e i 31 anni che, pur essendo occupata a gettare le fondamenta della loro vita familiare e lavorativa, si impegna sempre di più in attività solidali». Una buona bussola per orientarsi nel far west dell?universo giovanile la fornisce Cristian Carrara, portavoce del Forum nazionale giovani, il neonato organismo di rappresentanza di oltre tre milioni di ragazzi aderenti a 44 associazioni di ogni ispirazione politica e religiosa. Carrara, aclista di 28 anni, riconosce che la generazione SL vive «in un vuoto di partecipazione» che esperienze come la sua si ripromettono di colmare. Questa la sua analisi: «L?attuale meccanismo sociale», continua Carrara, «fondato su impieghi a breve termine e contratti atipici non permette la programmazione del futuro, né familiare, né professionale, e quindi nemmeno sociale». E di conseguenza i giovani prendono posizione solo su questioni «o di straordinario impatto, come le manifestazioni per la pace, o poco compromettenti, come l?iscrizione a enti sportivi». Carrara però ammette: «Chi si mobilita ha un?estrazione sociale medio alta» (il 60% di chi ha aderito al servizio civile volontario è iscritto all?Università, ndr). E gli altri? Paolo Vari, coregista insieme ad Antonio Boccola di Fame Chimica, vero e proprio caso cinematografico della scorsa stagione, con la sua opera ha gettato lo sguardo dentro i quartieri più difficile della realtà milanese, Giambellino, Barona e Quarto Oggiaro: «L?ostacolo maggiore per i ragazzi delle periferie è la totale incapacità di progettare il futuro. Fare l?attore porno o andare a vivere in Giamaica, i loro sogni sono irrealizzabili oppure a brevissimo termine. Tipo: stasera pizza o canna?». Ma forse il segno della perdita dell?orientamento della generazione SL sta «nel costante abbandono dei luoghi pubblici». «Ormai», conclude Vari, «anche le panchine rimangono vuote. I ragazzi preferiscono rifugiarsi nei garage. Neanche fossero braccati. Solo lì si sentono sicuri, meno vulnerabili». Generazione SL, generazione liquida. Non solo per i giovani delle fasce sociali più basse, ma anche per un bravo ragazzo del Mamiani, il liceo classico più in di Roma, qual è Silvio Muccino (classe 1982), enfant prodige del cinema italiano che parla «di un vuoto pneumatico che ci circonda tutti», e aggiunge «è sempre più difficile avere le idee chiare a 18, 20 anni, ma anche a 30 non è così semplice. E’ frustante sapere che oggi stai qua e domani boh?». Silvio Muccino, generazione liquida.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA