Banca ore solidale

Sla, così ferie e permessi donati hanno rotto l’isolamento

La presidente di Aisla, Fulvia Massimelli, ha scritto una lettera aperta ai dipendenti e al CdA della X-Lam Dolomiti per esprimere la gratitudine dell’associazione. Grazie al dono dei colleghi un operaio malato di Sla ha avuto a disposizione il tempo necessario per concentrarsi sul nuovo percorso di vita imposto dalla malattia

di Antonietta Nembri

«Un segnale potente di quella solidarietà che rende una comunità di lavoro una vera comunità di cura» sono queste alcune delle parole scelte dalla presidente dell’Associazione italiana Sclerosi laterale amiotrofica – Aisla, Fulvia Massimelli, per descrivere il gesto compiuto dai colleghi di un uomo colpito dalla Sclerosi laterale amiotrofica – Sla. 

Questo segnale è accaduto a Castelnuovo (Tn) dietro i cancelli di una fabbrica di legno lamellare, la X-Lam Dolomiti Spa. Qui, i lavoratori e le lavoratrici hanno scelto di rinunciare a qualcosa per restituire tempo e dignità a  un collega colpito dalla Sla. Hanno donato le loro ferie, i permessi, le ore  accumulate. Per Gezim Smoqi, questo il nome del lavoratore di origine albanese. Per la sua famiglia. Per accompagnarlo in un cammino difficile, sostenendolo non solo  economicamente, ma soprattutto umanamente

La banca ore solidale, uno strumento potente

Il tutto è stato reso possibile dalla disponibilità dell’azienda e dal sostegno della Feneal Uil Trentino  Alto-Adige. Quanto accaduto è la concreta applicazione di uno strumento ancora poco conosciuto, ma straordinariamente  potente: la “banca ore solidale”. Un modello (istituito con il D.Lgs. 151/2015, il cosiddetto JobsAct, ndr.), in cui il tempo si fa dono, e la solidarietà esce dalle parole per  entrare nei turni di lavoro, nei badge da timbrare, nella carne viva dei rapporti umani.  

Con la lettera aperta inviata ai dipendenti e al Cda dell’impresa coinvolta, Aisla ha voluto esprimere pubblicamente la propria  gratitudine a tutti i protagonisti di questa vicenda: «Avete scelto di restare accanto, quando la malattia tende a  isolare»,  scrive Massimelli «e avete dimostrato che il lavoro può  essere anche luogo di cura e di comunità».  

Il racconto di Gezim Smoqi

Oggi Gezim Smoqi si trova al Centro Clinico NeMO di Trento, dove sta affrontando un periodo di ricovero. È lui  stesso a raccontare cosa significhi, davvero, ricevere questo tipo di sostegno: «Posso affrontare questo momento con serenità grazie alla generosità dei miei colleghi e dell’azienda. Se sono  qui, è merito loro: mi hanno concesso il tempo necessario per concentrarmi su questo nuovo percorso che la  malattia impone a me e alla mia famiglia». 

Gezim Smoqi con l’équipe del Centro Clinico NeMO

«La Sla porta via tanto», continua Gezim «ma mi ha anche permesso di riscoprire il valore profondo delle  relazioni umane. Non solo attraverso il supporto dell’azienda, ma anche grazie agli operatori sanitari che ho  incontrato al Centro NeMO: non sono semplicemente professionisti, sono persone che mettono il cuore in ogni  gesto, che vanno oltre il loro ruolo con una straordinaria umanità. Non mi sarei mai aspettato che così tante persone avessero un pensiero per me. Sentire il loro interesse  sincero mi dà coraggio e forza. Qui al NeMO mi sento protetto, accolto, a casa. Ogni giorno riceviamo sostegno,  sempre accompagnato da un sorriso. E questo, credetemi, fa tutta la differenza del mondo».

Una storia da raccontare e replicare

Aisla ha scelto di raccontare questa vicenda perché spiegano dall’associazione: «In un tempo spesso segnato dall’indifferenza, questa storia risuona come un richiamo. È una storia che merita  di essere raccontata, ricordata, forse replicata. E quale occasione migliore della Pasqua per raccontarla?».

Nell’immagine in apertura Gezim Smoqi con i suoi familiari durante il ricovero al Centro clinico NeMO – tutte le immagini da ufficio stampa

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