Quelli che curano chi cura
Più vicini alle caregiver con l’unità psicologica di strada
A Pianoro, vicino a Bologna, Società Dolce ha sperimentato una “unità psicologica di strada” - un pullmino itinerante - per raggiungere le caregiver di persone con demenza. Spesso si tratta di persone a loro volta anziane, che faticano a rivolgersi ai servizi sociali e tendono a isolarsi completamente perché si vergognano dei comportamenti del proprio caro

Gli oltre 7 milioni di caregivers familiari del nostro Paese sono perlopiù donne, che devono relazionarsi spesso con persone con disturbi neurocognitivi. «Al carico assistenziale dei caregiver di persone con demenza si accompagna una grande solitudine. Sono persone spesso a loro volta anziane, che raramente si rivolgono ai servizi sociali e provano forte vergogna di fronte a comportamenti inopportuni del loro congiunto, isolandosi completamente», spiega Fiorinto Scirgalea, psicologo della cooperativa sociale Società Dolce di Bologna.
La cooperativa ha rivolto un interessante progetto proprio alle donne che assistono persone con demenza o Alzheimer, per creare con loro un contatto e offrire supporto in modo informale. Realizzato a Pianoro, vicino a Bologna, con una “unità psicologica di strada” – di fatto un pullmino itinerante – il progetto ha offerto informazioni sull’invecchiamento in generale, specifiche sull’Alzheimer o demenza ma ha offerto anche socialità con la possibilità di partecipare a gite, feste, corsi di ginnastica presso un luogo protetto, il centro sociorecreativo “Giusti”, che accoglieva anche il familiare assistito.
Dall’esperienza è nata la ricerca “Donne e caregiving: lo stress invisibile”, che ha coinvolto un campione di 38 donne e ne ha rilevato lo stress da carico assistenziale con un questionario self-report. I risultati hanno evidenziato una percezione dello stress legato al carico oggettivo che si colloca principalmente tra il “parecchio” e il “molto”, accompagnata dal carico emotivo e dal senso di imbarazzo e vergogna per il comportamento dell’assistito e il sentimento di rabbia per le proprie reazioni nei suoi confronti. In particolare è significativo il fatto che la risposta alla domanda “Mi arrabbio per le mie reazioni nei suoi riguardi” abbia ottenuto la quasi totalità delle risposte (37 su 38) tra “parecchio” (13) e “molto” (24)”.
La soluzione? «Lo stress è inevitabile, ma gestirlo consapevolmente è possibile. Il caregiver deve imparare a contare anche sulle risorse del territorio, amici, parenti, istituzioni, chiedendo un aiuto concreto a medici di base, infermieri, strutture preposte, in rete con enti e associazioni e avere una buona informazione sulla malattia», spiega Sara Saltarelli, che ha seguito la ricerca per l’area sociosanitaria della cooperativa. «Su questo noi lavoriamo nei nostri servizi e nei territori, perché il benessere del caregiver porta una migliore qualità di vita anche al familiare assistito».
Foto da Società Dolce
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