Umanizzazione della cura

Medicina, la prevenzione inizia con le donne

La professoressa Chiara Benedetto è la presidente della Fondazione Medicina a Misura di Donna, 15 anni di storia all’Ospedale Sant’Anna di Torino: «La cura rivolta al corpo e al benessere femminile deve rispondere sempre più e sempre meglio ai bisogni delle donne. Nel più grande ospedale ginecologico-ostetrico d'Italia, è un obiettivo prioritario e costante»

di Daria Capitani

Nella sala d’attesa del Pronto Soccorso suona un gruppo jazz: non è un disco in filodiffusione, è un concerto live. A pochi metri in linea d’aria, una violinista accorda il suo strumento: sta per esibirsi di fronte agli studenti di un master universitario. Al piano terra, uno studente armeggia su un macchinario di altissima precisione per chiudere il nodo di un puntino fissato su un piccolo tubo in acciaio. Sta imparando a fare il ginecologo, lontano dai corpi veri, tra manichini sorprendentemente simili a un essere umano e bambolotti della stessa consistenza di un neonato. Esperienze in divenire, sembrano slegate l’una dall’altra, e invece no. Hanno a che fare, tutte, con la Fondazione Medicina a Misura di Donna, una realtà con 15 anni di storia, cuore e sede operativa a Torino, dove è nata la prima scuola ostetrica d’Europa.

Progetto Vitamine Jazz: concerto dal vivo nei reparti e sale d’attesa dell’Ospedale Sant’Anna.

«Ha sentito?». La professoressa Chiara Benedetto, oltre a essere professore emerito di Ginecologia e Ostetricia dell’Università di Torino e a ricoprire ruoli di spicco in diverse reti internazionali, è la presidente della Fondazione Medicina a Misura di Donna, sul camice bianco indossa la spilla con il logo. Non so rispondere alla sua domanda perché, fatta eccezione per il pianto di un neonato, non ho sentito nulla: «Da quando abbiamo ristrutturato il reparto e accolto le opere dell’artista Massimo Barzagli (un percorso pittorico concepito per il contesto dal titolo Save our flowers, nda), non c’è caos qui, ma silenzio e calma». Le stanze sono costellate di frasi poetiche, paesaggi fotografati da Franco Fontana e quadri d’autore. Nella grande sala d’attesa un pianoforte a mezza coda aspetta che qualcuno si metta a suonare. Si chiama umanizzazione della cura ed è soltanto uno dei progetti a cui la Fondazione ha dato concretezza in questo edificio, sede di diversi primati nell’ambito della ginecologia e ostetricia: Ospedale Sant’Anna, Scuola universitaria di Ginecologia e Ostetricia, via Ventimiglia 1 a Torino.

Rispondere ai bisogni delle donne

Benedetto è la presidente della Fondazione Medicina a Misura di Donna da sempre. E cioè dal 2009, quando un gruppo di donne ha accolto il suo appello «per mettere al servizio della salute delle donne scienza, tecnologia e arte». Perché questa chiamata? «Perché credo fermamente che la cura rivolta al corpo e al benessere femminile debba rispondere sempre più e sempre meglio ai bisogni delle donne. Se non lo facciamo qui, nel più grande ospedale ginecologico-ostetrico d’Italia e uno dei più importanti d’Europa, chi può farlo?».

La professoressa Chiara Benedetto, presidente della Fondazione Medicina a Misura di Donna.

La professoressa continua: «Mi rendevo conto che noi, medici e operatori sanitari, cercavamo di fare di tutto per venire incontro alle esigenze di cura delle donne, però l’ambiente, il contenitore, era datato, e come tale non rispondeva più al contenuto. Servivano tecnologie all’avanguardia e uno sguardo nuovo». A portarlo, in questi quindici anni, sono stati non soltanto professioniste e professionisti in ambito sanitario, ma anche persone con competenze da mondi diversi: «Innanzitutto, ci siamo messi in ascolto. Abbiamo organizzato una serie di focus group, condotti da figure esterne all’ospedale, con diverse tipologie di pazienti, dalle donne in gravidanza a persone con patologie oncologiche o benigne dell’apparato genitale, e operatori, dai medici alle ostetriche, dalle infermiere agli studenti e specializzandi».

Cambiare l’atmosfera

La prima esigenza rivelata dall’indagine è stata quella di cambiare l’atmosfera dell’ospedale, introdurre colore e calore, un messaggio di serenità. «Abbiamo fatto appello a tutte le istituzioni culturali del territorio per creare una piattaforma, Cultura e salute, e fare in modo che le arti decorative, la musica, la poesia e la lettura potessero entrare a far parte della vita quotidiana di questo ospedale».

Membri del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Medicina a Misura di Donna nell’atrio dell’Ospedale Sant’Anna.

È nato così il Cantiere dell’Arte, in collaborazione con il Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli-Museo d’Arte Contemporanea, che ha permesso di risemantizzare i luoghi di transito e di attesa, ma anche i reparti, attraverso opere d’arte partecipate. «Grazie al contributo di istituzioni importanti come la Fondazione Compagnia di San Paolo, abbiamo ristrutturato un intero reparto (lo stesso in cui oggi il pianto dei neonati rompe il silenzio e non un indistinto rumore di fondo, nda)». In parallelo, è nato il progetto Vitamine musicali -Vitamine Jazz, un cartellone di concerti che ha superato le 450 date dal vivo, «credo sia la rassegna più ampia e longeva mai realizzata in un ospedale».

Da qui è nato il Progetto Nati con la cultura – Il passaporto culturale per veicolare il messaggio che la cultura fa bene alla salute a partire dai primi 1000 giorni: alle mamme negli ultimi tre mesi di gravidanza e a tutti i nati al momento delle dimissioni, viene consegnato un passaporto che consente, per tutto il primo anno di vita, l’accesso gratuito alla famiglia a più di 40 musei della rete Abbonamento Musei accreditati family and kids friendly.

Formazione e ricerca

La connessione con l’arte è evidente appena varcata la soglia del Sant’Anna: nella luce che si staglia sui grandi quadri o nel giardino verticale dipinto lungo le scale. Ma sono tanti altri i sentieri in cui cammina la Fondazione. Innanzitutto, la ricerca.

Ricercatrice al microscopio.

Nelle ampie stanze del Rec – Centro di ricerca e training con simulatori per la ginecologia e l’ostetricia, «l’obiettivo primario è quello di aumentare la sicurezza della paziente», spiega Benedetto. «La formazione con l’ausilio di simulatori abitua a utilizzare alcuni strumenti chirurgici in modo quasi automatico. Questo vale soprattutto per la chirurgia endoscopica (laparoscopia e isteroscopia) che richiede l’acquisizione di particolari abilità psicomotorie nelle mani per poter direzionare e controllare strumenti piccolissimi. È fondamentale acquisire queste capacità prima di entrare in sala operatoria». Anche in questo campo, la Fondazione è stata il ponte per creare un network con i principali altri centri di formazione a livello globale: «Siamo uno dei pochi centri al mondo accreditati per rilasciare la certificazione che attesta l’acquisizione di competenze di altissima precisione in endoscopia. Si formano qui medici specialisti provenienti da tutto il mondo».

Per la parte ostetrica, la formazione “permanente” avviene grazie a simulatori che preparano il personale sanitario nell’affrontare emergenze durante il parto. «Sono rare, per fortuna, ma quando accadono possono avere conseguenze catastrofiche. Il fatto di potersi esercitare su manichini costruiti ad hoc è un grandissimo passo avanti. Quando un collega telefona per farci sapere che grazie al corso ha salvato la vita a una donna e al suo bambino, ci rendiamo conto di quanto sia importante continuare a investire risorse in questa direzione».

Le patologie invisibili

Ricerca non è soltanto un modo di mettere a punto metodiche di formazione innovativa. Qui accende luci e irrompe nel buio di patologie femminili che spesso sono condannate all’invisibilità: «Mi riferisco a casi come l’endometriosi o la cefalea della donna, che vengono ancora sottovalutate, nonostante siano molto frequenti nella popolazione femminile e abbiano un impatto estremamente negativo sulla qualità della vita».

Il progetto Passaporto culturale consente per tutto il primo anno di vita dei neonati l’accesso gratuito alla famiglia a più di 40 musei della rete Abbonamento Musei accreditati family and kids friendly.

Per quanto riguarda in particolare l’endometriosi, «grazie alla collaborazione con centri e laboratori di ricerca avanzati, studiamo possibili biomarcatori in vari campioni biologici (saliva, sangue, urine e tessuti) che speriamo possano aiutarci a porre diagnosi in fasi molto precoci e a individuare gruppi di pazienti a diverso rischio di aggressività della malattia per impostare trattamenti più personalizzati e individualizzati».

In ambito oncologico, invece, si studia l’effetto dell’adozione di stili di vita salutari basati su una dieta particolare e l’esercizio fisico sul volume e le caratteristiche biologiche del tumore mammario.

A inizio 2025 ha preso vita a Gallerie d’Italia di Torino, “S.O.M.A. Arte e Neuroscienze: un’esperienza di malattia si trasforma in energia vitale”, un progetto pilota interdisciplinare rivolto a donne con un vissuto di malattia oncologica, che vengono coinvolte in workshop con artisti che hanno avuto anch’essi un’esperienza di malattia, «per elaborare il percorso e tradurlo in forme di pittura aleatoria sull’acqua. Questo processo dinamico creativo ha un incredibile potenziale catartico che trova forza nella condivisione e fa riemergere energie vitali positive che la malattia può aver sopito». I risultati dell’effetto di questo tipo di creazione artistica sui segnali elettrici prodotti dal cervello vengono analizzati da un gruppo di neuroscienziati, in modo da validare dal punto di vista scientifico questa metodologia e applicarla ad altri contesti.

Al centro Rec, sessione di training su simulatori per la chirurgia endoscopica.

C’è un altro punto di vista: la cura di chi cura. «Da qualche mese abbiamo attivato la possibilità per medici, ostetriche, infermieri e personale amministrativo di supporto, di ricorrere a sperimentazioni per ridurre il rischio di burn out: la cura sarà migliore se l’operatore starà bene con sé stesso».

Allungare la vita in salute

L’ultimo sentiero è di lunga distanza, ma punta in alto: la parola chiave è prevenzione. «Il punto di vista è sempre femminile perché, quando parliamo di salute delle future generazioni di uomini e donne, dobbiamo ricordarci che dobbiamo investire sulla salute delle donne che desiderano eventualmente avere delle gravidanze, perché è da lì che parte tutto. La vita media si è allungata, ma non si è parallelamente allungata la vita in salute», aggiunge la professoressa. «La vera sfida del futuro è proprio quella di aumentare la vita in salute e di far capire che la prevenzione deve essere un percorso continuo lungo tutto l’arco dell’esistenza. Le donne hanno un’aspettativa di vita di circa quattro anni maggiore rispetto agli uomini, però in realtà, dopo la menopausa, soprattutto se non si iniziano le terapie ormonali sostitutive corrette al momento giusto, hanno molte più probabilità di convivere con una disabilità rispetto agli uomini. Hanno una vita più lunga, sì, ma spesso non in buona salute».

Questo, secondo Benedetto, ha un impatto molto negativo non soltanto sugli individui ma sulla società e sulla sostenibilità del sistema sanitario nazionale. «Sarà uno dei nostri principali assi di impegno e di interesse per il prossimo futuro, accanto alla chirurgia di precisione, un settore in cui grazie a un importante sostegno da parte della Fondazione Compagnia di San Paolo potremo contare presto su nuove colonne laparoscopiche, ecografi di ultima generazione e un robot per la chirurgia ginecologica», conclude. «Pensiamo che sia proprio in questa direzione che si possano giocare le migliori carte per cambiare in positivo il destino della salute delle generazioni che abitano e abiteranno questo pianeta».

In apertura, il benvenuto al Sant’Anna di Torino nell’atrio di via Ventimiglia 3 ristrutturato dalla Fondazione Medicina a Misura di Donna su progetto dell’architetto Stefano Pujatti. Tutte le fotografie sono della Fondazione Medicina a Misura di Donna

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