Welfare

Il gioco d’azzardo è una droga

Lo rivela una una ricerca scientifica elaborata da un'equipe di neurologi tedeschi

di Stefano Arduini

l gioco d?azzardo è una droga e l?innescarsi di questa dipendenza potrebbe derivare dalla distruzione o parziale compromissione dei circuiti nervosi del piacere. È quanto scoperto dall?equipe di neurologi coordinata da Christian Buchel della Universitaets-Krankenhaus Eppendorf, ad Amburgo, in Germania in una ricerca pubblicata sulla rivista Nature Neuroscience.

Il circuito nervoso mal funzionante è lo ?striato ventralè che, posto in profondità nel cervello, lavora a ritmo ridotto nei giocatori incalliti come avviene nei tossicodipendenti. Lo striato ventrale segnala le gratificazioni, si attiva cioè quando proviamo piacere.

Perciò tutte le sostanze stupefacenti che creano dipendenza come l?alcol, la cocaina, l?eroina e la nicotina, ne determinano l?attivazione, ha spiegato Buchel in un intervento. I neurologi tedeschi, durante un semplice gioco di carte, hanno confrontato l?attività del cervello di giocatori d?azzardo e di persone non abituate al gioco.

Gli esperti hanno chiesto a tutti i volontari di cimentarsi in un gioco simile a quello delle tre carte: ciascuno doveva scegliere una carta, quella vincente era di colore rosso. I fortunati vincevano un euro, ma il gioco era truccato in modo che tutto il campione vincesse e perdesse la stessa quantità di denaro. Ciò nonostante i ricercatori, che durante tutta la prova avevano monitorato il cervello dei volontari con la risonanza magnetica funzionale per mappare le aree cerebrali attive, hanno scoperto che l?attività dello striato ventrale era molto più scarsa nei giocatori incalliti rispetto agli altri individui sotto esame.

“A parità di stimolo che mette in moto lo striato, quindi, il differente livello di attività riscontrato – ha detto lo scienziato – potrebbe significare che i giocatori sentono meno piacere degli altri, anche se tale ipotesi è difficile da dimostrare con misurazioni oggettive”. Quel che è certo, ha concluso Buchel, è che lo striato funziona di meno in chi è irretito nella dipendenza dal tavolo verde, proprio come si è già visto nei tossicodipendenti.

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