Mondo

La testimonianza di Savino Pezzotta. Ho incontrato il Paese che non parla

Il segretario della Cisl era stato ai confini del Myanmar poco prima di Natale. Per ascoltare i capi del sindacato clandestino.

di Giuseppe Frangi

Savino Pezzotta il Myanmar lo aveva sfiorato qualche settimana prima di Natale. Infatti il segretario della Cisl, che da sempre ha a cuore il destino di questo Paese tormentato, ha incontrato ai confini con la Thailandia i rappresentanti del sindacato clandestino birmano. Un contatto che lo ha colpito profondamente: «Li ho incontrati in una scuola che questo sindacato ha organizzato per i figli dei lavoratori birmani che sono immigrati clandestinamente in Thailandia. La scuola consente di dare un?istruzione a dei bambini che rischierebbero di non averne e di consentire ai genitori di poter lavorare. Ci sono tutte le classi di età, dalla materna alla secondaria. A mezzogiorno ricevono un pasto fatto di riso e poco altro». In Myanmar il sindacato è proibito e ai lavoratori è fatto divieto di organizzarsi. La Federazione dei lavoratori dell?Unione birmana continua la sua azione organizzandosi all?interno e stabilendo le sedi operative lungo il confine thailandese e indiano. Due suoi leader, Khin Kyaw e Myo Aung Thant, sono stati incarcerati per 17 anni. Pezzotta ha anche toccato con mano la vita delle migliaia di profughi accampati ai confini del Paese. Ed è rimasto colpitissimo dall?incontro con un gruppo di donne che si erano costituite in un comitato: «Il loro scopo è semplicemente di aiutarsi, come donne, a vivere la vita del campo, ad assistere gli orfani, le vedove, ad insegnare elementi di ?economia domestica? e, cosa stupenda, ad assistere le donne oggetto di violenze. Raccontano le loro esperienze con semplicità, passione e con una luminosità sul volto da sconcertare: donne che crescono con le donne e che si preparano al rientro in Patria, quasi sapessero che toccherà loro ricostruire una nuova presenza in Birmania». Naturalmente il pensiero corre alle conseguenze che il maremoto può aver lasciato su questo Paese governato da un regime militare che è al potere da oltre 40 anni. «Fonti dell?opposizione parlano di villaggi spazzati via. Ma in realtà non si riesce a far breccia nell?isolamento mediatico imposto dalla giunta». E che cosa avete intenzione di fare? «Vogliamo tenere alta l?attenzione, far crescere la sensibilizzazione. E poi discuterne anche con il governo. Perché l?Italia ha rapporti diplomatici regolari con il Myanmar. Questo può essere una sponda importante per chi all?interno cerca spazi di libertà. Ma può anche capovolgersi in una pericolosa legittimazione per il regime. E noi dobbiamo impedirlo. Voglio sollecitare più attenzione e capire che politica l?Italia sta veramente facendo laggiù».


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