Adamo Venturelli

Gli scout, l’azienda, gli amici, la comunità: ritratto di un filantropo speciale

di Giampaolo Cerri

Dopo aver conosciuto lo scoutismo nell'Agesci di Modena, ha fondato una benefit corporation e ha radunato un gruppo di amici imprenditori per dotare la sua Pavullo (Mo) di una grande pista ciclopedonale di svariati chilometri, da cui si vede il Monte Cimone. Insieme ai sindaci del Frignano, ora ha costituito una fondazione di comunità per sostenere i giovani e l'ambiente.

«È una storia particolare ed è una storia unica, a suo modo. Comincia nel 2017 ma, in realtà, parte ancora un pochettino prima, quando ancora un gruppo non eravamo e anzi quando ero un solista, per così dire». Adamo Venturelli, classe 1973, da Pavullo, nel Modenese, è un filantropo speciale.

Ha fondato nel 2009, nel pieno della crisi dei mutui sub-prime, un’azienda di oleodinamica, vale a dire di valvole per mezzi meccanici, come i muletti, i trattori, le macchine per il movimento terra.  Sul sito della sua Vis Hydraulics (50 milioni di fatturato, 335 dipendenti) compare, subito in homepage, un purpose aziendale non proprio scontato: «Generare ricchezza per la nostra comunità, perseguendo l’eccellenza della tecnica in campo oleodinamico su scala mondiale». Vis è una B-corp, impegnata concretamente nella sostenibilità.

Insomma, l’idea che stando nelle terre dove sei nato e cresciuto, in questo altipiano verdissimo, da cui si dipanano le linee dolci del Cimone coi suoi 2mila e passa metri, si possa lavorare e produrre per tutto il mondo.

Siamo nel cuore di un distretto industriale specializzato in meccanica e in ceramica: su nel pianoro, arrivando in auto da Modena, i capannoni si succedono ordinati. Uno scenario che non ti aspetti di trovare, a mille metri quasi.

L’altipiano del Frignano – foto G.Cerri

Siamo saliti quassù, perché la storia della Fondazione Frignano, fondazione che Venturelli ha fatto nascere e che presiede, ha una storia filantropica particolare: nata informalmente, intorno a un progetto di interesse pubblico – realizzare un percorso ciclo-pedonale di oltre quattro chilometri tutto attorno al piccolo aeroporto turistico di Pavullo, per camminare e andare in mountain bike – ha assunto il profilo di fondazione comunitaria, allargandosi all’Unione comuni del Frignano.

Una macina d’entusiasmo che Venturelli ha azionato, mettendo a un tavolo un gruppo di amici, molti dei tempi della scuola, il gruppo di cui sopra. «Siamo a marzo 2017, chiamo 11 amici, amici di infanzia, che la vita ha portato diventare imprenditori – piccoli, medio, grandi, non importa – in settori i più disparati. Gli espongo il progetto che avevo illustrato al sindaco due anni prima ma inutilmente. Glielo racconto e lì, esattamente all’opposto del primo cittadino, vedi i loro occhi incendiarsi. E allora gli lancio la sfida: “A mille euro a testa, vedrete lo facciamo”».

Venturelli, che successe? Ci pensarono?

Più o meno cinque minuti. “Io ci sto”, “io ci sto”, “io ci sto”, “anche io”.

Ma che era successo col sindaco?

Vado col mio progetto, con le mie slide, i miei render preparati da un professionista. Gli dico: “Qua tutto attorno ci starebbe, ben fatta, una ciclabile. Tanto viviamo in un mondo dove siamo circondati da esempi del genere. Impariamo degli stranieri, dai danesi, dai tedeschi, da quelli bravi”. E lì una ciclabile ci stava, fatta e finita. Pavimentata, illuminata, bellissima me la immaginavo. “Se me lo lasciate fare”, gli dissi, “lo faccio”.

E lui?

Vedo che, mentre faccio scorrere le slide, comincia a grattarsi la testa. E penso: “Boh”. Poi, appena terminato, gli faccio la domanda. “Allora? Che cosa ne pensa?”.

Quale fu la risposta?

Beh, mi ha smontato. Ha detto: “Venturelli, ma si rende conto? Se facessimo una cosa del genere, sa quanta gente verrebbe poi a bussare alla porta del comune lamentandosi che qui c’era un problema, magari più urgente, che non abbiamo affrontato?”.

Aveva ragione, il primo cittadino?

Allora… ovviamente, a Pavullo uno che si lamenta, lo si trova sempre. Però pensare all’1% che ti rompe i coglioni, mi scusi…

Scusato…

Il primo taglio di nastro della ciclo-pedonale intorno all’aeroporto di Pavullo (Mo)

Io avrei pensato piuttosto al 99% che gli avrebbe detto: “Bravo, hai fatto una bella cosa”. E anche se non lo avesse fatto, poi avrebbe apprezzato.

E lei, a quella risposta?

Insisto: “Guardi che facciamo tutto noi, con l’azienda, coi mezzi e i tempi che abbiamo”. Ma quello niente. Eravamo nel 2016, ma io non mi son dato per vinto. Perché sono testone.

Lei sarà pure un testone ma ho letto che aveva già costruito, a sue spese, l’hangar per l’elisoccorso: costo 400mila euro.

Sì lo ha fatto la Vis. Era importante per la comunità sapere che c’era l’elicottero: si dormiva più tranquilli. Lo inaugurammo col governatore Stefano Bonaccini, con l’Ausl che ci metteva il servizio. Grande festa, grandi complimenti. Oggi quello che vola da qui è l’unico elicottero in grado di fare il soccorso in montagna. Vola su tutto l’Appennino emiliano, sa?

Ma alla ciclabile come è arrivato, alla fine?

Ci siamo accorti che il terreno di cui si parlava era tutto nell’area aeroportuale. Ho individuato a Roma, all’Enac, il dirigente responsabile, ho chiesto di incontrarlo, gli ho esposto la cosa. Quello era incredulo: “Ma fareste davvero tutto voi?”.

Sul vostro sito c’è lo storico di questo cammino vincente: quattro stralci di lavori, dal 2017 al 2021, un milione di euro raccolti, tante imprese coinvolte nelle donazioni, ben 130, e tanti cittadini riuniti. E, alla fine, quasi quattro chilometri di pista suggestiva in mezzo all’altipiano.

Bellissima, gira sulle colline dell’aeroporto: hai l’Appennino lì davanti, hai i boschi, i prati.
È realizzata in un asfalto speciale, grigio, visivamente meno impattante. Ci vanno anziani, ci vanno bambini, ci vanno persone con disabilità. Ci puoi anche andare mentre piove, perché è asfalto drenate. Prima, quando pioveva e andavi in aeroporto, ti impacciugavi

Perché, lei vola?

Si un aereo da turismo.

Per affari?

No, per il piacere di farlo: mi muovo fra i piccoli aeroporti d’Italia, per poche ore di volo all’anno:  come pilota sono ridicolo. Però quando vado ad Asiago, faccio un esempio, e arrivo sul Garda per piegare poi verso l’Altipiano, mi godo un’Italia magnifica.

Ma come si arriva da un gruppo di amici entusiasti a una fondazione di comunità?

All’inizio ci costituimmo in associazione di fatto: The first group, ci battezzamo. Col passa parola, organizzammo una serata di fundraising, raccogliemmo altre 40 adesioni. Cercavamo soci poi, man mano che le cose si facevano, erano gli altri a cercarci. Quindi abbiamo sentito il bisogno di organizzarci meglio. È arrivato il Codice del Terzo settore, il Runts: era il caso di fare un ente, un ets. Abbiamo fatto per i gradi, cercando di cogliere e di rispondere a questa vocazione dal basso, dalla base imprenditoriale.

Turismo, ambiente e giovani, come aree di intervento.

Nascono da una raccorta di idee proposte, da progetti dal territorio, e quindi, in primis, dai sindaci, sono 10 quelli del territorio, raccolti nell’Unione del Frignano.

Vi siete dati l’ascolto come metodo: avete chiesto alle associazioni del territorio di sottoporvi progetti, nelle vostre tre aree di intervento.

Essendo una fondazione senza patrimonio e che quello che facciamo lo facciamo grazie alla raccolta fondi da imprenditori e privati cittadini, se avessimo soltanto un approccio “top down” – cioè decido quali siano i progetti e, per favore, finanziami – finiremmo per frapporre una distanza. Un filtro che, in realtà, fino al giorno prima, quello della mobilitazione informale come quella dell’anello dell’aeroporto, non c’era. Volevamo mantenere la vicinanza con il territorio al primo posto, con tutte le sue componenti, e quindi allenare l’ascolto, che richiede tempo, richiede fatica. Però…

Però?

Però più lo faremo, meglio impareremo a farlo, più porteremo a casa anche progetti importanti che magari, da solo, il nostro consiglio di amministrazione non avrebbe partorito.

Funziona?

A valle di questi incontri, in cui magari non era venuta fuori la progettualità perfettamente in sintonia con quello che avevamo in mente, sono arrivati progetti molto più centrati.

Che cosa c’è nel vostro orizzonte, presidente? Avete cooptato una donna come Mara Bernardini, con una grande esperienza professionale negli enti locali (una lunga carriera nelle dalle Ausl, direttrice amministrativa a Rimini, fino al Comune di Modena, di cui è stata direttrice generale, ndr). Dove volete arrivare?

Proprio ad ampliare l’orizzonte. Dobbiamo continuare a mantenere una componente che io la chiamo infrastrutturale, del realizzare le cose, le opere, che la gente veda e possa utilizzare. Poi c’è tanto altro: con la fondazione possiamo e dobbiamo esplorare il tema della formazione, della scuola, dei giovani, dell’ambiente. Il passaggio fondamentale è capire le esigenze e le opportunità del territorio in quegli ambiti, perché non possiamo fare tutto.

Adamo Venturelli, al centro, col cda della Fondazione di comunità : da sinistra Giovanni Carlini, Mara Bernardini, Alessandro Rovinalti e Gianni Lizzeri

Perché la scelta dei giovani?

Per due ragioni. La prima è di cercare di creare situazioni meccanismi che li faccia uscire da questo mondo qua (indica l’iPad che sta registrando la conversazione, ndr), dove sono dentro fino al collo, per i primi i miei figli. Per fargli capire due cose: uno, che il loro futuro se lo costruiscono loro, col sacrificio, con lo studio, con le competenze, e queste cose qua non gliele dà YouTube, TikTok e quella roba lì.

Due?

Due, fargli vivere e apprezzare il luogo in cui vivono. Perché finché passano ore su ‘ste robe qua… Penso ai miei figli che, a volte, non escono di casa per ore e io li mando fuori a calci nel sedere. Non mi denunci, eh. Oppure lo faccia, se vuole (ride).

Calcione educativo, ci mancherebbe. Venturelli ma da dove viene tutto questo suo attaccamento al territorio?

Vede, io per lavoro dialogo con persone, incontro clienti, li porto quassù da altre parti d’Italia, d’Europa e del Mondo. E quando vengono qua, li porto in giro: al castello, all’aeroporto, a casa mia. Vengono a cercare valvole, perché io faccio valvole, vendo valvole. Non si aspettano di trovare quello che vedono.

Che cosa li colpisce?

Quando andiamo da una sede all’altra, scolliniamo e vedono tutto l’Appennino, col Cimone, dicono: «Ma che roba è questa cosa?». Vedendo quanto gli altri apprezzano il luogo in cui siamo, mi rendo conto che questi nostri giovani, legati morbosamente al mondo virtuale come sono, non realizzano quanta bellezza hanno a disposizione, né sono coscienti delle potenzialità che hanno, vivendo in un posto del genere: costo della vita ragionevole, aria pulita, facilità di movimento: ci saranno sì e no quattro semafori e la metà non funziona. Questa è qualità della vita, ragazzi! E purtroppo non l’hanno messa in conto.


E invece?

E invece scialaquando il tempo col mondo virtuale, buttano via l’occasione di costruire pezzi importanti della loro vita. Mettere insieme una cosa come la fondazione è dare loro un’opportunità. Ecco, forse lo facciamo per un senso di responsabilità nei loro confronti.


Ricordiamo le ultime iniziative.

Penso al Passaporto Digitale e Passaporto Inglese. La prima è un’iniziativa formativa che si svolgerà durante un anno scolastico, modulata in elementari, medie e superiori, con grandi difficoltà evidentemente diversi: mondo digitale, robotica, informatica, intelligenza artificiale ma in maniera molto pratica. Idem con l’inglese.


Lo fate attraverso altre realtà?

Certo, con la Maker Dojo di Modena, nata da una costola della Fondazione Brodolini che si dedica all’innovazione. Fanno già una bella summer school, qui a Montecreto, nel convento delle scuole domenicane, da quattro anni. Per il Passaporto inglese, attiveremo un summer camp per studenti delle scuole medie. Due settimane di full immersion, con insegnanti madrelingua. Alla mattina didattica, al pomeriggio un programma ludico in inglese 100%, per 70 ragazzi: non pochi per il Frignano, che andremo a selezionare.


E l’ambiente, invece?

Abbiamo identificato alcuni interventi infrastrutturali. Finiremo l’anello intorno all’aeroporto perché c’è un pezzo ancora rimasto stand by e poi abbiamo messo a punto il nuovo anello, che è un percorso ciclabile non asfaltato intorno al Monte Cimone, 14 chilometri, tra i 1.600 e i 1.800 metri di quota, per escursionisti, per mountain bike, per biker. Vogliamo far rivivere il comprensorio del Cimone.

Non c’è il Comune lassù…

Lì siamo nell’ente Parco, che abbiamo già consultato, riscontrando un grande entusiasmo. Così come entusiasti sono in Fondazione di Modena, e in Regione. Andremo anche a cercare sponsor importanti, perché poi il Cimone è la montagna più alta della Emilia-Romagna.

Costerà quanto?

La primissima stima è fra i 500-700mila euro di investimento.

Video del nuovo progetto di pista trakking intorno al monte Cimone

Per il resto della attività, vi siete rivolti subito alle associazioni del territorio. Come le avete trovate?

Devono crescere, sono un po’ sparpagliate e disunite. C’è molto ancora il concetto del “proprio orticello”, chiamiamolo campanilismo. Però l’allenamento a cui le forziamo è di pensare in grande. Infatti è stato spiegato che tutti i progetti sovracomunali avranno un punteggio maggiore di quelli che insistono strettamente nel proprio comune. Tant’è vero che il più importante progetto accolto, di carattere culturale, Libro Aperto, che prevede una serie di eventi estivi in tutti i comuni del Frignano, con accenti differenti, ma è proprio creare un amalgama tra un territorio, che purtroppo amalgamato lo è poco.

Il campanile di cui sopra…

Ragioni storiche, ragioni culturali, ragioni anche di miopia politica secondo me. Non si capisce che, se sono campanilisti a Milano o a Torino, è perché se lo possono permettere. I nostri sono comuni da 2mila abitanti, cosa vuoi “campanilare”? Alleati! Alleati e facciamo le cose insieme.

Lei nelle associazioni c’è stato?

Sono stato un boy scout, nell’Agesci.

E qui a Modena c’era Edo Patriarca.

Vero. Ho vissuto solo la parte finale, cioè della Branca RS (Rover e Scolte, ndr), quella dove si fanno cose un po’ meno giocose, meno “avventuriere”, e un po’ più di contenuto e di riflessione: il servizio insomma.

Ha contato quella esperienza in quello che lei è ora?

Il servizio mi ha cambiato la vita: sono diventato quello che sono grazie a quel tipo di esperienza, l’ho apprezzata sulla mia pelle. Fino ad allora pensavo a come fare volontariato per gli anziani, per i bisognosi, per le persone con disabilità, del tipo: “Ah poverino si sacrifica per fare il bene di quello là”.

E invece?

E invece, cacchio, è bello fare Il servizio! Sta bene chi lo fa, oltre che chi lo riceve, no? E uno finché non lo fa, non lo capisce. Alla assemblea costitutiva della fondazione, mi sono presentato vestito da scout, col fazzolettone al collo.

Venturelli in divisa da scout alla presentazione di Fondazione Frignano, nel giugno dello scorso 2024


L’imprenditore Venturelli, invece, come nasce?

Sono cresciuto nell’azienda di famiglia. I miei genitori avevano fondato la Tarp, un’impresa metalmeccanica a Modena, che poi hanno portata a Pavullo, dove sono nati. Un’azienda che, nel tempo, si è sviluppata in maniera anche importante, arrivando a contare più di 500 di dipendenti. Nel frattempo è diventata parte di una piccola holding italiana, la Oil Control, con altre aziende di amici dei miei genitori. Erano sette soci, mio padre uno di questi. Finché i soci, a maggioranza, decisero di vendere a un loro grande cliente, la Bosch.

Beh, meglio che vendere al classico fondo. E lei ci lavorava?

Sì e anche mia sorella. Fu uno shock. Già ci vedevamo già successori dei nostri genitori, io nell’ambito tecnico e commerciale, mia sorella in quello produttivo: andavamo d’amore e d’accordo. Sono rimasto per quattro anni in Bosch, costretto da mio padre, perché io avrei lasciato il giorno dopo. “Stai qua, stai buono”, mi diceva, “vedrai se questi qua sono la Bosch, qualcosa da insegnare ce l’avranno”. E così è stato, ho imparato gli esempi positivi ma anche quelli negativi.

Negativi, del tipo?

La logica del grande gruppo: tutta una grande compartimentazione. Dopo quattro anni, quando i miei erano andati in pensione, gli ho detto: “Adesso posso uscire?”. Sono uscito, e ho fondato la Vis: faccio le stesse cose ma con i miei valori, la mia idea, i miei principi.

Nella foto di apertura, di Aufiero Maestri, Adamo Venturelli all’interno della VisHydraulics, le foto all’interno sono di Fondazione Frignano e dell’autore.

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