Volontariato

La povertà si combatte liberalizzando il commercio agricolo

Lo sostiene la Banca Mondiale

di Redazione

Una radicale liberalizzazione del commercio agricolo mondiale potrebbe essere la chiave per combattere la povertà. E? quanto emerge da uno studio della Banca mondiale diffuso oggi a Washington. Il 70% della popolazione dei Paesi in via di sviluppo vive del lavoro dei campi e, secondo l?organismo guidato da James Wohlfenson, le maggiori possibilità di esportazioni stimolerebbero la crescita in queste regioni e, segnala il rapporto, contribuirebbero al rafforzamento del mercato interno. ”La crescita agricola ha un effetto positivo di grande rilievo nella lotta alla povertà – assicura ?’economista Francois Bourguignon della Banca Mondiale- Questo studio dimostra che le riforme commerciali globali e coordinate sono necessarie per aiutare i poveri che vivono nei campi”. Ma come dare slancio all’agricoltura dei Pvs? Secondo la World Bank lo smantellamento delle barriere tariffarie e delle sovvenzioni sarebbe a portata di mano e darebbe un contributo importante ma gli esiti delle riforme dipendono dall’industria agricola e dalle organizzazioni di settore che sono più influenti nei paesi ricchi. Per quanto riguarda il mercato della seta, su un giro d?affari di 20.000 milioni di dollari l’anno, ben 4.400 corrispondono ai sussidi concessi dagli Stati Uniti e dall’Unione europea ai loro produttori. Quindi gli agricoltori che producono a prezzi alti in questi paesi non sono interessati a cercare alternative per le coltivazioni mentre una liberalizzazione del commercio della seta favorirebbe i produttori di seta dell’Africa occidentale. Se non ci fossero i sussidi del nord America, i paesi emergenti potrebbero contare su entrare per 250 milioni di dollari, secondo le stime della Banca Mondiale. Anche le concessioni unilaterali tra i paesi ricchi a quelli in via di sviluppo per esportare i loro prodotti a tariffe inferiori, non porterebbero a risultati migliori in quanto, afferma la World Bank, si tratta di accordi dai quali i paesi sviluppati possono ritirarsi in qualsiasi momento e che quindi non offrono garanzie per pianificare la produzione. Le liberalizzazioni commerciali e le conseguenti variazioni dei prezzi generano vincitori e perdenti nel mercato mondiale nota ancora la Banca Mondiale. I produttori indiani di noci e quelli cinesi di olio commestibile, ad esempio, potrebbero subire perdite, ma di contro, i produttori indiani di latte e quelli di riso cinesi saranno favoriti. Per questa ragione, spiega lo studio, e’ fondamentale liberalizzare tutto il commercio agricolo e allo stesso tempo ridurre al minimo le perdite nei settori danneggiati con programmi locali. Secondo la Banca Mondiale infine, il commercio agricolo, compresa la pesca, i prodotti alimentari manifatturieri, il vino e il tabacco, hanno raggiunto un valore di 467.000 milioni di dollari nel 2000, un vero e proprio record. Resta però il fatto che il 48% del commercio appartiene alle nazioni ricche e un terzo delle esportazioni del settore avviene dentro il Trattato del Libero commercio dell’America del Nord (Stati Uniti, Canada e Messico).


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