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Sudan: domenica si firma l’accordo di pace

L'accordo, dopo 20 anni di guerra, si basa sulla spartizione di ricchezze e potere fra governo e l'esercito di liberazione del Sud Sudan. In sospeso la quesione del Darfur

di Emanuela Citterio

Domenica alle dieci, nello stadio di Nairobi, sarà firmato l’accordo di pace che dovrebbe porre fine alla ventennale guerra civile in Sudan. Un accordo frutto di una lunga negoziazione messa in campo dalla comunità internazionale fra due contendenti storici: il presidente sudanese Omar al Bashir con i rappresentanti del governo islamico di Karthoum e John Garang, capo dell’ Spla (Esercito popolare di liberazione sudanese) del Sud Sudan. Fuori dall’intesa rimane la questione del Darfur, la regione occidentale teatro dal febbraio del 2003 di duri scontri fra le milizie arabe legate a Karthoum e i gruppi ribelli locali. L’Italia è stato fra i Paesi europei che più hanno seguito le trattative in Kenya per la pace in Sudan. ”Un accordo estremamente complesso, che ha richiesto due anni di trattative e che si articola in due punti principali: la ripartizione del potere e la ripartizione della ricchezza”, ha riferito all’Ansa il Sottosegretario agli Esteri, Alfredo Mantica. L’accordo, ha spiegato il sottosegretario, si basa sulla ripartizione del potere fra governo di Karthoum e Spla di Garang: ”Per ripartizione del potere intendiamo l’ attribuzione delle cariche politiche ma soprattutto le autonomie delle regioni del paese. Per la prima volta dalla fondazione del Sudan, vengono riconosciute le due principali religioni, musulmana e animista”. Ma cosa succederà dopo la firma dell’accordo? Nell’ambito di questa spartizione, il presidente Garang, capo dei ribelli dell’ Spla, diventa vice presidente del Sudan e rinuncia all’indipendenza del Sud. E’ prevista anche ”la creazione di un’unica forza militare” derivante dalla fusione delle milizie armate del sud e di quelle regolari dell’esercito governativo. Mantica parla di un ‘progetto pace’ della durata di sei anni, al termine dei quali ci sara’ un referendum. Se l’integrazione, la ripartizione del potere e della ricchezza funzionerà, ,verrà mantenuta l’ unita’ del Sudan. Se invece non dovesse funzionare si passera’ alla strada dell’ autodeterminazione del Sud Sudan. Verso il Paese in questa fase di transizione affluiranno parecchi aiuti: 420 milioni di euro solo dall’Unione europea da investire per lo sviluppo. La ripartizione della ricchezza, soprattutto del petrolio di cui il Sud Sudan è pieno ha rappresentano uno degli snodi principali del negoziato, come riferito dal sottosegretario Mantica: “Quella riguardante il petrolio è la parte piu’ delicata ma anche la piu’ convincente dell’ accordo. Il governo del nord ha capito che non puo’ sfruttare il petrolio del sud perche’ i ribelli hanno cercato di bloccare la produzione. I ribelli hanno capito che fin quando avrebbero fatto la guerra al nord per impedire loro di estrarre petrolio, il Sudan sarebbe restato povero. Il petrolio e’ stato in realta’ uno degli elementi principali che ha cominciato a far riflettere le parti dopo un ventennio di massacri indiscriminati. Uno studio della banca mondiale stabilisce le ripartizioni tra sud e nord dei proventi del petrolio”. Mantica ha auspicato che si arrivi a una soluzione anche del problema del Darfur, attualmente escluso dall’accordo. “Il Darfur potrebbe tener conto degli accordi con i quali si riconosce autonomia regionale e voler partecipare alla ripartizione della ricchezza rivendicando la sua appartenenza al Sudan” ha detto il sottosegretario. L’Italia firmerà due volte gli accordi di pace. “In una prima fase come garante, insieme a Stati Uniti, Gran Bretagna e Norvegia che hanno seguito il processo di pace” ha spiegato Mantica. “Poi l’ Italia e la Norvegia firmeranno insieme alla Lega Araba e all’ Onu come co-presidenti della Conferenza dei donatori del Sudan. I garanti si impegneranno a esercitare pressioni perche’ le due parti rispettino gli accordi, e dovranno garantire, attraverso conferenze di donatori, l’ invio di aiuti. La Ue, gia’ dai tempi della presidenza italiana, aveva anticipato che sono pronti 420 milioni di euro da investire per lo sviluppo”.


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