Politica

Una scommessa per il Sud. Prestiti d’onore, 20mila a buon fine

Dai vertici di Sviluppo Italia, Carlo Borgomeo traccia un bilancio: «Siamo riusciti a inculcare germi di auto imprenditorialità

di Francesco Maggio

Quattordici anni trascorsi al vertice della Società per l’imprenditorialità giovanile. Da tre, amministratore delegato di Sviluppo Italia. Nel frattempo, una serie di incarichi di consulenza e di docenza universitaria sui temi dello sviluppo del Mezzogiorno. Carlo Borgomeo, napoletano, 54 anni, conosce forse meglio di chiunque altro pregi e difetti del nostro meridione: e forse per questo la Lega lo ha messo nel mirino. Lui non ne sembra preoccupato: perché, assicura, nulla è più come prima. «Un tempo, nemmeno troppo lontano», sottolinea, «era largamente condivisa l’opinione che l’unico modo efficace per promuovere lo sviluppo economico del Sud fosse un intervento diretto dello Stato. Non a caso si parlava di Stato-imprenditore che finiva col fare un po’ di tutto, dalle merendine alle automobili, dalle navi ai panettoni. Oggi una simile espressione sottintende tutt’altro. Significa accompagnare lo sviluppo e non, invece, essere facitore dello sviluppo». Vita: Che vuol dire? Carlo Borgomeo: Significa che lo Stato non scompare ma cambia ruolo. Non fa il “padrone” ma mette le imprese in condizione di camminare con le proprie gambe. Una filosofia sposata in pieno da Sviluppo Italia che anche quando fa operazioni di merchant banking molto sofisticate, quando diventa cioè proprietario di quote di minoranza di alcune imprese, lo fa per una fase transitoria e in chiave strumentale. Lo scopo, infatti, è dismettere la partecipazione dopo aver fatto tutto quanto necessario a mettere l’azienda in condizione di stare sul mercato. Vita: E come reagisce il Mezzogiorno? Borgomeo: Il dato più interessante è rappresentato proprio dal Mezzogiorno. Il Sud oggi, pur tra mille contraddizioni, è diventata un’area nella quale è possibile misurarsi concretamente con percorsi di sviluppo anche consistenti. Di qui il ruolo di uno Stato che accompagna i soggetti locali. E, sia ben inteso, accompagnare vuol dire anche tagliare i rami secchi, selezionare rigorosamente ciò che è valido da ciò che non lo è. Oggi un Sud sano non sopporterebbe più interventi etero diretti. Vita: Il Sud, però, continua ad avere, per dirla con un’ormai famosa espressione del professor De Rita, uno sviluppo a macchia di leopardo? Dove occorre intervenire con più decisione? Borgomeo: Dobbiamo partire dal presupposto che il Mezzogiorno non è povero. Certo è meno ricco di aree come la Lombardia o il Veneto. Ma queste regioni sono tra le più ricche al mondo e quindi il confronto non regge. Una simile premessa è fondamentale innanzitutto per capire che non avrebbe senso mettere in campo politiche di stampo assistenzialistico per aiutare il Sud. Detto ciò, la vera macchia di leopardo è oggi rappresentata dal fatto che ci sono aree dove c’è ricchezza ma non c’è sviluppo. Si pensi a certe immense periferie urbane dove circolano tanti soldi, non di rado di provenienza illegale. Ecco allora che la terapia deve essere quella di inculcare anche in queste zone i germi dello sviluppo, dell’auto imprenditorialità. Vita: Non può esserci sviluppo se non c’è alla base una forte società civile organizzata. A che punto siamo in meridione? Borgomeo: Molto meglio di prima e molto ancora resta da fare. Ci sono degli indicatori, peraltro molto cari a Vita, che io ritengo estremamente interessanti: basti pensare alla straordinaria capacità di accoglienza nei confronti delle popolazioni immigrate che ha il Sud e che invece è molto meno pronunciata nel resto del Paese. Ciò mi lascia ben sperare circa la crescita civica del territorio. Naturalmente c’è un tasso di criminalità molto elevato che va con tutti i mezzi combattuto. Ma attenzione, sviluppo e legalità vanno di pari passo, è sbagliato ritenere che debba esserci un prius e un posterius. Vita: Che ruolo occupa il non profit in Sviluppo Italia? Borgomeo: Siamo molto attenti a tutto quanto si muove in questo mondo. E possiamo vantare due risultati di grande rilievo, in proposito. Mi riferisco all’estensione anche alle imprese sociali delle agevolazioni previste dalla Legge 44. E al fatto che ci è stato affidato l’incarico di gestire il “progetto fertilità”, ossia i finanziamenti che serviranno a finanziare le migliori cooperative sociali del Sud affinché ne gemmino altre e creino quindi nuovi posti di lavoro. Vita: Un altro cavallo di battaglia di Sviluppo Italia è il prestito d’onore. Può essere considerata una forma di finanza etica? Borgomeo: Direi proprio di sì. E sono davvero orgoglioso di questa misura che quando fu introdotta venne praticamente da tutti bollata come intrisa di assistenzialismo. I fatti sono andati ben diversamente. In tre anni abbiamo ricevuto 100 mila domande, sono partite 20 mila operazioni, altre 20 mila partiranno nel corso del 2001. Abbiamo calcolato che presso i nostri uffici arriva una domanda di prestito d’onore ogni 70 secondi. E il monitoraggio dell’iniziativa ci dice che tutti i soldi prestati ci vengono puntualmente restituiti. A conferma di un convincimento di Yunus secondo il quale i poveri restituiscono sempre, i meno poveri qualche volta, i ricchi quasi mai. Vita: Ma dov’è l’eticità nel prestito? Borgomeo: Nel fatto che dà fiducia, che fa emergere il sommerso, che dimostra come, per creare imprenditorialità, bisogna guardare al “basso”. Vita: Qual è il breakeven culturale che il Sud deve raggiungere per sentirsi definitivamente in corsa per lo sviluppo? Borgomeo: Non è lontano, a patto che non si faccia l’errore di considerare che il punto d’arrivo sia l’eliminazione del divario Nord-Sud. Diventerebbe frustrante. L’obiettivo, invece, è quello di una società civile ordinata, sviluppata, in cui la gente non è costretta a emigrare per cercare lavoro. Vita: Quando si potrà ritenere conclusa Sviluppo Italia? Borgomeo: Quando tenere in piedi una struttura con una missione così forte sarà inutile. Se dovessi individuare un momento preciso, mi piacerebbe coincidesse con la conclusione dell’Agenda 2000, e cioè quando l’Europa deciderà che il Sud non debba essere più aiutato. Vita: E allora lei cosa farà? Borgomeo: Premesso che non ci ho ancora pensato, devo dire che mi affascinano un paio di progetti, entrambi legati al non profit. Mi piacerebbe esportare nei Paesi in via di sviluppo la nostra esperienza di microcredito. E poi, dedicarmi ad un impegno sociale forte, di frontiera, per esempio in qualche comunità (prendetene nota, ndr).


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