Sostenibilità

Ambiente: Formazione batte superficialità. Cultura, non slogan.

L’ambiente sembra essere tra le prime preoccupazioni di cittadini e istituzioni. Ma spesso scelte e stili di vita vanno in direzione opposta.

di Redazione

L?epoca che stiamo vivendo rappresenta un momento critico per il nostro pianeta, in cui l?umanità si trova a scegliere il proprio futuro. È una sfida enorme quella che ci aspetta, per imparare a regolare il nostro rapporto con l?ambiente e utilizzare in modo oculato le risorse. Una sfida che passa attraverso gli impegni che tutti possono assumere nel tentativo di ricomporre il difficile mosaico che lega le nostre scelte e i nostri stili di vita al futuro del pianeta. Promuovere nuovi comportamenti per nuovi stili di vita diviene, quindi, un impegno e un obiettivo, portato avanti attraverso la diffusione di varie proposte educative. Il problema della conservazione della natura è un problema fondamentalmente di carattere culturale. Lungo la strada per la sostenibilità, l?educazione ambientale si propone di agire sui modelli culturali, sugli stili di vita, sugli approcci di pensiero alla realtà, sui valori, sull?etica per diffondere consapevolezza e stimolare il maggior numero di persone a prendersi cura della terra. La divisione, a volte schizofrenica, tra obiettivi ampi e profondi, ispirati ai valori più elevati, e la povertà delle pratiche e delle decisioni è una delle contraddizioni degli interventi per l?ambiente. L?ambiente sembra essere sempre ai primi posti nelle preoccupazioni dei cittadini (come ha rivelato un?indagine WWF-Astra Demoskopea nel 2003), e ogni partito o uomo politico si pronuncia in difesa dell?ambiente per poi nella pratica sostenere l?alta velocità, il condono edilizio, l?industrializzazione. Nel momento in cui l?attenzione ai temi ambientali occupa uno spazio sempre maggiore e l?opinione pubblica dichiara, con percentuali da plebiscito, che il problema ambientale è grave e va affrontato, corriamo il rischio di non vedere in queste affermazioni lo slogan, il consenso stereotipato. Valori esibiti e valori vissuti Quello che avviene per l?ambiente avviene anche per l?educazione ambientale: non c?è programma che non si proponga lo sviluppo della creatività, dell?autonomia, della visione sistemica e interdisciplinare, della partecipazione, ma quando si passa dalle buone intenzioni ai contenuti e alla progettazione ?vera? si torna alle nozioni, ai programmi sovraccarichi, dove non c?è spazio né per l?autonomia né per la creatività. Viviamo in una società in cui c?è una profonda distanza tra valori ?esibiti? e ?vissuti?, e mentre i primi sono quelli di cui si parla (e molto), i secondi sono quelli che, non sempre consapevolmente, guidano le nostre azioni. Il cambiamento necessario per fare diventare ?vissuti? i valori solamente ?esibiti? è radicale, perché non si tratta di sostituire un concetto con un altro, di imparare una tecnica o modificare una legge, ma di modificare nel profondo la nostra immagine implicita della natura, la nostra cultura ambientale. Ancora molti degli interventi realizzati vedono l?educazione ambientale come se l?aspetto qualificante fossero i contenuti. Quante volte volendo comunicare la natura sistemica dell?ambiente questo viene banalizzato e le sue relazioni ridotte a processi lineari di causa ed effetto? Quante volte a fronte di progetti impostati con le migliori intenzioni vengono fatte semplificazioni e il messaggio dato è, soprattutto nella pratica, contraddittorio? Si potrebbe andare avanti con esempi di questo tipo ma il problema è un altro: in tutti questi anni si è parlato troppo e male di ecologia annacquando i concetti, snaturandone il significato, semplificando, manipolando… Si pensi all?abuso del termine sostenibilità. Si è fatta molta di quella che già all?inizio degli anni 90 venne chiamata ?pornoecologia?. Tante riviste in carta patinata, tanta comunicazione in presenza di catastrofi ?naturali? vanno nella direzione della spettacolarizzazione, del travisamento, della banalizzazione. Finita l?era dei pionieri Chi opera nel campo dell?educazione ambientale oggi lo fa in un contesto fortemente cambiato rispetto ai primi ?pionieri?. La gravità dell?emergenza ambientale sembra aumentare sempre più e aumenta anche il suo livello di interrelazione e complessità. È poi cambiato il contesto sociale in cui si inseriscono i percorsi di educazione ambientale. Viviamo in un passaggio epocale da un?educazione normativa basata su regole e metodi chiari, condivisi a un?educazione affettiva, centrata sulla relazione interpersonale. In questo contesto non sono efficaci modelli educativi precostituiti e ricette pronte all?uso, non esiste un modo di comportarsi unico, ma esistono metodi differenti a seconda della situazione e ipotesi di strategie da verificare e su cui riflettere per migliorare la propria efficacia educativa. Essere educatori in questa fase di transizione significa attivare processi di rielaborazione dei modelli educativi ricevuti, verso modalità creative e costruttive. Ciò fa pensare che si debba valutare attentamente in termini di qualità quanto finora prodotto ma che si debba contemporaneamente attivare una riflessione sul paradigma culturale e metodologico che ha sostenuto finora l?educazione ambientale e che forse oggi non è più efficace. Fino a oggi l?educazione ambientale è stata caratterizzata dalla propria capacità di evolvere, di contaminarsi. L?educazione ambientale è viva finché esplora campi nuovi in modo nuovo, mantiene la complessità e affascina. Non può essere ridotta a ricette, irrigidita. Sicuramente si può lavorare in modo migliore e forzare il passaggio da una cultura ambientalista pionieristica a una situazione più matura, andando nella direzione di un confronto più qualificato tra le istituzioni e i privati che si occupano di educazione ambientale, stimolando una programmazione integrata, momenti di valutazione che portino a procedure e strumenti per il controllo della qualità, diffondendo la buona pratica della documentazione. Ma la sfida della qualità richiede continuità e professionalità. I molti soggetti che operano nel campo dell?educazione ambientale e la loro esperienza costituiscono un patrimonio prezioso. Spesso lavorano in modo non coordinato, senza documentare i percorsi realizzati, a volte in sovrapposizione o senza consapevolezza della propria specificità, in modo meno efficace ed efficiente di quanto potrebbe essere se queste realtà fossero in rete. Pure in campo educativo, la strategia che potrà avere successo nel futuro sarà quella che si baserà su un modello declinato sulla complessità, condivisione e partecipazione e che avrà come presupposto l?ascolto dei bisogni, che dovranno sempre fare i conti con i rapidi cambiamenti di modelli culturali, cui, soprattutto i giovani, fanno continuo riferimento. Il ruolo delle associazioni Non sempre chi ha ruoli di indirizzo e coordinamento in questo settore riesce a creare collaborazioni e a far dialogare soggetti diversi (imprese, scuola dell?autonomia, enti locali, associazioni, adulti, giovani). Il nodo del compito di mediazione e costruzione di reti, con le relative competenze professionali e soprattutto le necessarie decisioni in campo politico, è l?elemento centrale per continuare a parlare di un sistema nazionale dell?educazione ambientale. In questo contesto le associazioni svolgono un ruolo fondamentale: possono portare elementi di aggiornamento sul piano dei contenuti e dell?innovazione metodologica, esperienze qualificate, risorse e strumenti. La loro funzione di stimolo può essere utile sia nella definizione dei programmi che nella realizzazione. Laicità, indipendenza economica e politica, visione a lungo termine arricchiscono il valore del contributo. In un contesto così complesso e, spesso, condizionato da un?atmosfera cupa e ansiosa, esse rappresentano una risorsa che potrebbe portare energie nuove. In contesti di vita, in cui è sempre più difficile trovare spazi, tempo e motivi in cui operare e cui credere, l?impegno volontario potrebbe essere quella variabile inaspettata per recuperare motivazione e valori, soprattutto da parte del mondo giovanile. di Maria Antonietta Quadrelli responsabile Educazione WWF Italia


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