Non profit

Fondazioni, i bilanci in anteprima: segno più anche se sotto gli attacchi.

I dati delle 16 maggiori fondazioni ex bancarie dicono che il patrimonio è cresciuto quasi del 10%. Con una reddività media degli investimenti del 5,4%. Tutto in un anno molto difficile.

di Francesco Maggio

Se ancora fino a non molto tempo fa le fondazioni di origine bancaria erano, per dirla con il titolo di un bel libro del 1999 curato da Carlo Borzaga e Fabrizio Cafaggi, Un patrimonio alla ricerca di uno scopo, oggi si può dire che ogni dubbio sia stato dissolto in proposito: sono patrimoni al servizio del non profit. Allora bisognava ancora dare attuazione alla legge Ciampi, l?intreccio con le banche era inestricabile, molti degli stessi amministratori degli enti assomigliavano a «personaggi in cerca d?autore». Oggi è trascorso un anno da quando la Corte Costituzionale, con due sentenze esemplari, ha sancito la piena autonomia delle fondazioni, bloccando definitivamente il tentativo dell?ex ministro dell?Economia, Tremonti di ?politicizzarle?.
Nel mezzo ci sono stati cinque anni durante i quali, mentre lo Stato progressivamente smantellava il sistema di welfare, le fondazioni non solo tappavano buchi sempre più paurosamente grandi, ma si facevano interpreti di un modello di intervento sussidiario utile al sociale ma anche allo sviluppo economico.
«Se ne è reso conto anche Tremonti nell?ultimo periodo della sua permanenza al ministero», ha scritto il presidente della Fondazione per la sussidiarietà, Giorgio Vittadini, «quando ha emanato un regolamento che ne riconosce l?autonomia e ha chiesto loro di contribuire allo sviluppo attraverso la partecipazione alla rinnovata Cassa depositi e prestiti».

Una funzione profetica
Nel solito e sempre invocato (da ambo gli schieramenti politici, of course) ?Paese normale? uno si aspetterebbe, non dico un premio per questi soggetti, ma perlomeno che dopo tanti assalti alla diligenza perpetrati (e clamorosamente falliti) ai loro danni, fossero finalmente lasciate in pace. Che fossero messi in condizioni di svolgere con serenità quella funzione che il professor Gian Paolo Barbetta ama definire «profetica». E che i fatti confermano, il più delle volte, essere effettivamente tale.
«La bella notizia che giunge dal San Matteo di Pavia, illustrata dal ministro della Sanità, Girolamo Sirchia e riguardante l?intervento risolutore della malattia di un bambino talassemico con l?utilizzo delle cellule staminali», sottolinea Aldo Scarselli, vicepresidente della Fondazione Cariplo, «ci deve far ricordare che lo studio sulle cellule staminali poté essere condotto dall?allora assessore del Comune di Milano, Sirchia con mezzi economici messi a disposizione, alla fine degli anni 90, dalla Fondazione Cariplo».
«I progetti, spesso d?avanguardia, nel campo scientifico, culturale e sociale», afferma Marcello Clarich, attento osservatore del mondo fondazionale, «finanziati o più spesso cofinanziati dalle fondazioni promuovono il benessere e lo sviluppo delle comunità locali. Tutto ciò in un Paese nel quale la società civile solo ora comincia a risvegliarsi da decenni di dipendenza dallo Stato provvidenza».
E invece che cosa fa il nostro tanto caro legislatore fiscale? Decide che è arrivato il momento (tempismo perfetto, perdindirindina!) di distinguersi dal resto d?Europa dove le fondazioni non vengono tassate: decide di togliere alle fondazioni di origine bancaria lo sconto del 50% sull?aliquota Ires e si avvia, come paventa il direttore generale dell?Acri, Stefano Marchettini, a equiparare nell?arco di poco tempo il trattamento tributario delle fondazioni a quello delle persone fisiche. Il che, tradotto in soldoni, ammonta, come ha calcolato il Forum permanente del Terzo settore, a un aggravio fiscale di oltre 200 milioni di euro all?anno che comporterà una riduzione di almeno il 20% delle risorse normalmente erogate, di cui più del 50% va a organizzazioni non profit: 115 milioni di euro ad associazioni; 105 a organizzazioni di volontariato; 30 milioni a cooperative sociali; 120 milioni a fondazioni di origine civile.
A questo punto che aspettarsi?
Il professor Emanuele, nell?intervista che pubblichiamo a fianco, non manifesta dubbi: gli attacchi riprenderanno. Quaranta miliardi di euro e passa di patrimonio complessivo fanno troppa gola a uno Stato che, dopo aver raschiato il fondo del barile per raccattare quattrini per pagare i debiti, ha cominciato a scavare. Chi se ne importa se poi i soldi bisogna andarli a togliere al non profit: non è forse il settore dei rompiscatole, per definizione? Suvvia, andatevene un po? in castigo?.

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.