Calabria

Cassano all’Ionio: là dove comanda il silenzio, risponde l’educazione

In un quartiere popolare di un comune calabrese soffocato dalle trame sottili ma pervasive dell’‘ndrangheta, è nato il progetto “L’appetito vien studiando”. Una struttura ecclesiale è stata trasformata in una casa dove ai minori è offerto sostegno attraverso attività di studio, sportive e laboratoriali, oltre al supporto psicologico e medico

di Angelo Palmieri

A Cassano all’Ionio la bellezza non è più spettatrice silenziosa, ma voce che educa, mani che accolgono, cuore che accompagna.

È in un palazzo del centro storico, quasi a voler abitare il cuore pulsante della città, che ogni giorno apre un varco nella solitudine e nella marginalità. Qui, nel quartiere popolare di un comune calabrese troppo spesso dimenticato e soffocato dalle trame sottili ma pervasive dell’‘ndrangheta, prende vita il progetto “L’appetito vien studiando, nato dalla visione profetica del vescovo Francesco Savino, pastore inquieto e appassionato, da sempre convinto che il Vangelo o si incarna nei gesti o resta parola vuota.

In un territorio dove il rischio di consegnare le nuove generazioni al silenzio, alla sottomissione o alla devianza è più di un’ipotesi, questo focolare educativo rappresenta un atto di resistenza. Qui non si fa retorica: si costruisce alternativa. Si oppone al reclutamento mafioso con la forza di una mensa, la solidità di un doposcuola, la poesia di un laboratorio.

Quello che si è generato è molto più di uno spazio crescita personale: è un presidio di umanità. I fondi dell’8xmille alla Chiesa cattolica hanno reso possibile ciò che sembrava utopia: trasformare una struttura ecclesiale in una casa aperta, dove quaranta minori tra i 6 e i 14 anni trovano ascolto, tepore umano, orientamento. In un contesto in cui la dispersione scolastica è più di una minaccia, e la strada, affilata e tentatrice, spesso seduce più della scuola. «Non possiamo più permetterci di delegare», afferma don Mario Marino, direttore della Caritas diocesana. Un’affermazione che suona come un richiamo alla responsabilità, senza alibi.

Nel progetto, il pasto e lo studio si tengono per mano. Il primo, spesso unico e nutriente della giornata, diventa segno concreto di dignità restituita. Il secondo, coltivato tra le mura accoglienti del centro, aiuta i ragazzi a trovare un metodo, a riconoscere i propri talenti, a coltivare un futuro possibile.

Mi è capitato di entrare in quel palazzo, mentre il sole calava sui tetti di Cassano, e osservare i volti concentrati di bambini chini sui quaderni. Ho visto mani sporche di colla e tempera, risate che spezzavano il silenzio, piccoli corpi che si muovevano in armonia in una sala improvvisata per la danza. In quel momento ho capito che non si trattava solo di un presidio di trasformazione interiore: era un’alleanza tra sogni e concretezza, tra fragilità e riscatto. Un’opera che sceglie di abitare la ferita. E questo, in Calabria, è già un miracolo.

Dieci laboratori — dalla ceramica alla musica, dal teatro alla danza — diventano spazi di scoperta e rinascita. Angela Marino, responsabile dell’esperienza, lo racconta con passione: «Vogliamo educare al rispetto dell’altro, all’accoglienza della diversità, al riconoscimento delle emozioni. Sono semi che, se curati, diventano radici forti nella vita di ognuno».

Ci sono testimonianze che parlano da sole. Una madre dice: «Qui ho trovato una famiglia. Mi hanno ascoltata, sostenuta, rimessa in piedi. Spero che questa iniziativa non finisca mai».

La struttura, infatti, non è solo per minori: accoglie anche le famiglie, offrendo gratuitamente supporto psicologico e consulenza educativa. È una rete di prossimità che cura, accompagna e rialza. Dal 2016, questo piccolo miracolo quotidiano ha accolto oltre 35 nuclei familiari. È un argine silenzioso ma tenace contro la cultura dell’illegalità e della rassegnazione. Un avamposto evangelico che, senza clamori, si fa carne tra le crepe della realtà.

Se questo polo venisse meno, dice la responsabile, «sarebbe una sconfitta per tutto il territorio». E ha ragione. Perché in una terra dove le mafie tentano ancora di decidere chi può sognare e chi deve tacere, questo rifugio smentisce la condanna all’impossibile. Qui il futuro non è un lusso da pochi, ma un diritto che si nutre ogni giorno di pane, quaderni e sorrisi.

È tra queste mura che la libertà si costruisce con gesti semplici e ostinati: una mano che accompagna, uno sguardo che incoraggia, un bambino che finalmente si sente visto. E ogni volta che un minore torna a casa col cuore più leggero e la mente più piena, la ‘ndrangheta perde un pezzo del suo potere. Perché l’educazione non fa rumore, ma scava in profondità. E risponde, con dolce fermezza, al silenzio imposto. Qui si coltivano sogni nel cemento della fatica. E nel cuore della Calabria, la speranza non ha mai smesso di pronunciare il suo nome.

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