Cristian Agostini

Il baskin ha il suo primo arbitro in carrozzina

di Luigi Alfonso

Ha 17 anni, l'atrofia muscolare spinale ed è il primo arbitro in Italia che dirige partite di Baskin correndo per il campo con la sua carrozzina. Dopo un periodo difficile, in cui rifugiava in casa, questo sport ha permesso a Cristian di aprirsi al mondo. Il supporto della famiglia e dei suoi compagni di squadra gli hanno dato più fiducia in sé

La matematica, l’informatica, il basket (è tifoso della Rinascita Rimini, squadra di A2 maschile), i videogiochi. Sono tante le passioni che animano Cristian Agostini, 17enne di Santarcangelo di Romagna (Rimini). Ma quella che più di tutte gli ha dato visibilità in quest’ultimo periodo è il Baskin, il Basket inclusivo, una specialità nella specialità che non va confusa con il basket in carrozzina, praticato esclusivamente da giocatori che stanno seduti sulla carrozzina, per l’appunto. Ad essere più precisi, la notorietà è arrivata quando ha ricevuto il via libera per arbitrare, primo in Italia, una partita di Baskin: corre veloce, ma seduto su una carrozzina a causa della Sma.

Cristian Agostini con una collega e due istruttori di Baskin

Cristian, la tua è una storia fatta di un desiderio grandissimo e di qualche paradosso. Ce la racconti?

Cominciamo col dire che, da bambino, non pensavo di certo a praticare lo sport. Io devo fare i conti con l’atrofia muscolare spinale e con le sue limitazioni: innanzi tutto agli arti inferiori e poi alle estremità delle braccia, specialmente quando le estendo. La svolta è arrivata nel 2019, quando con la mia famiglia andai a Pesaro ad assistere a una partita di Baskin di alcuni miei amici. Fu una folgorazione, ma non solo per me: mia mamma, che fa parte dell’associazione Fermenta (che si occupa di accessibilità e inclusione, ndr), comprese la portata sociale di questa disciplina sportiva e ne parlò entusiasta con altre persone. Così decisero di fondare, lo stesso anno, una società a Santarcangelo. Io iniziai a giocare tra la fine del 2020 e gli inizi del 2021. Mi ha coinvolto da subito perché mi permette di mettere in pratica abilità che non sapevo di avere. In precedenza, non avrei mai pensato di poter praticare uno sport di squadra con persone normodotate e altre con disabilità varie.

La partita d’esordio di un’emozionatissimo Cristian a Faenza

Ti vedevi più impegnato in uno sport individuale?

Ad essere sincero, da bambino non pensavo affatto allo sport, nonostante le discipline paralimpiche siano tante e variegate. Non lo sentivo nelle mie corde. I miei amici giocavano a calcio e io mi sentivo escluso: certamente non per colpa loro, bensì perché non potevo stare in mezzo al campo con la carrozzina. Così passavo molto tempo a casa, nonostante i miei genitori mi spingessero a uscire, a socializzare con i miei coetanei, a praticare un po’ di attività fisica. Niente, non ne volevo proprio sapere. Il lockdown ha soltanto rafforzato i miei convincimenti. Avevo provato, senza successo, a praticare il powerchair hockey (l’hockey in carrozzina). Poi è arrivata la svolta…

Cristian con i compagni dell’Onions Baskin

In pochi mesi, tua mamma e altre persone hanno messo in piedi un’associazione sportiva.

Sì, ha iscritto una squadra al campionato Senior di Baskin. E, pur partendo in sordina, abbiamo conquistato un secondo e un quarto posto alle finali nazionali. La scorsa settimana abbiamo chiuso al primo posto nel nostro girone, il 6 aprile inizieremo i playoff. Spero che sia la volta buona per conquistare il titolo regionale. Pur prendendo ispirazione dal basket, la nostra disciplina ha trovato quegli adattamenti (ad esempio, quattro canestri di differenti altezze posti ai lati del campo, ndr) che permettono a tutti di cimentarsi. Questa è vera inclusione.

Cristian ritratto con la mamma Raffaella

E come è nata la passione per l’arbitraggio?

Mi piaceva l’idea di rendermi utile in questo sport, anche in altri ruoli. Tuttavia, ci sono stati vari intoppi di natura burocratica che non mi hanno permesso di arbitrare subito. L’Eisi, l’Ente italiano sport inclusivi che gestisce i campionati di Baskin, ha acquisito i regolamenti della Federbasket, i quali non prevedono la figura dell’arbitro in carrozzina. Ma lì c’è una logica, in quanto si corre a mille all’ora e non è possibile stare dietro a quei giocatori se si è seduti su una carrozzina, pur elettrica come la mia. Poi ci hanno ragionato su, non era mai capitato prima di ricevere una domanda del genere, e si sono accorti che era coerente con questa attività. A gennaio ho diretto la mia prima partita, a Faenza. Siamo una ventina di arbitri in tutto, e una parte di noi gioca con la propria squadra. I numeri sono ristretti, un arbitro in più fa comodo. Nel frattempo, ho seguito il corso per ufficiali di campo della Federazione italiana pallacanestro: più in là mi piacerebbe sedere al tavolo nelle partite di basket ufficiali.

Cristian al tavolo, in versione ufficiale di campo

Una passione a tutto campo, dunque. Ma giocare e arbitrare sono due cose completamente diverse. Ti stai trovando bene nel duplice ruolo?

All’esordio ero emozionatissimo e un po’ preoccupato, temevo di sbagliare e di intralciare la corsa dei giocatori o di travolgerli con la mia carrozzina. Ma poi è andato tutto liscio. Ovviamente, sono agli inizi e devo affinare la tecnica. Ma arbitro in coppia con colleghi normodotati che mi consentono di non spostarmi troppo da una parte all’altra del campo: le mie condizioni non me lo consentono, mi affatico facilmente.

Sei riuscito a far parlare di te parecchio, ultimamente.

Non ci pensavo e me lo aspettavo minimamente, non sono abituato a stare al centro dell’attenzione. Per carattere. Sono rimasto sorpreso, all’inizio tutta questa attenzione mi ha persino fatto un po’ paura. Poi ho capito che si tratta di una cosa importante che potrebbe aiutare altre persone, sempre nell’ottica dell’inclusione. Lo sport mi ha fatto uscire di casa e aprirmi agli altri, di sicuro ultimamente sono cambiato.

Cristian accolto al Comune di Santarcangelo di Romagna

Come ha accolto la tua decisione l’ambiente familiare?

Molto bene, direi. Mio padre Tomas e mia mamma Raffaella mi hanno sostenuto sin dall’inizio, pur sapendo che avrebbero dovuto sacrificare molte domeniche per accompagnarmi nei campi di tutta la regione. Ho trovato appoggio anche da parte dei miei compagni di squadra. Con gli amici e i compagni di scuola che non seguono da vicino lo sport ho, invece, evitato di parlarne.

A scuola come va?

Discretamente. Frequento il quarto anno del liceo scientifico “Marie Curie” di Savignano sul Rubicone. Mi piacciono in particolar modo la matematica e l’informatica.

Hai già rivolto un pensiero al tuo futuro?

Sì, mi piacerebbe iscrivermi alla facoltà di Ingegneria e scienze dell’informatica a Cesena, un corso di studi dell’Università di Bologna. Mi piace programmare, smanettare con il computer. Sarebbe bello se queste passioni diventassero il mio lavoro.

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