Qui Ankara

Turchia, la gente in piazza per la libertà. Pensando al 2028

Fra tre anni ci saranno le nuove presidenziali ed Erdoğan non potrebbe ricandidarsi, spiega il corrispondente di Radio Radicale, Mariano Giustino. Ragion per cui molti turchi sono scesi in piazza dopo l'arresto del sindaco di Istanbul, principale oppositore di un presidente-dittatore che controlla il 90% dell'informazione. «Qui non siamo in Russia, la società civile è forte e vuole un cambiamento»

di Francesco Crippa

Le proteste scoppiate in Turchia dopo l’arresto del sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu sono le più importanti da quando il potere è in mano a Recep Tayyip Erdoğan. Non solo e non tanto per le dimensioni, quanto per il fatto che si tratta di un moto cavalcato, guidato da una forza politica. Il Partito repubblicano del popolo – Chp. «Rispetto ad altri episodi siamo in una situazione completamente diversa. Nel 2013 le proteste di Gezi Park furono molto popolari, ma quello fu un qualcosa di spontaneo. Oggi, invece, c’è dietro un partito politico che ha un ampio consenso nel paese», spiega a VITA Mariano Giustino, corrispondente di Radio Radicale prima da Istanbul e poi da Ankara. Il Chp, infatti, è il primo partito d’opposizione e, dal 31 marzo 2024, partito di maggioranza relativa in Parlamento.

La crisi di consenso di Erdoğan e la repressione

Facciamo un passo indietro. Il 19 marzo Ekrem Imamoglu è stato arrestato nella sua casa di Istanbul con l’accusa di corruzione. Dietro le sbarre, per lo stesso motivo, sono finite circa altre cento persone tra politici, uomini d’affari e giornalisti. Fin da subito e per una settimana, gli abitanti delle principali città turche hanno manifestato contro un arresto visto come pretestuoso. Imamoglu, infatti, è uno dei principali leader del Chp e dell’opposizione a Erdogan. Dopo aver sconfitto per due volte alle amministrative il candidato del Partito della giustizia e dello sviluppo – Akp, la forza del presidente, l’obiettivo di Imamoglu è quello di sconfiggere lo stesso Erdogan alle prossime elezioni presidenziali

Sia Imamoglu sia l’altro leader del Chp, il sindaco di Ankara Mansur Yavaş, sono dati davanti al presidente tanto nei sondaggi indipendenti quanto in quelli che fanno capo all’Akp. Il consenso verso Erdogan, infatti, è sempre più in via di erosione. «È così ormai da qualche anno», osserva Giustino. «Sia chiaro, ha ancora molto seguito, ma tra le legislative del 2024 e la tornata di amministrative successiva, Erdogan ha perso molta leadership sul paese. Da allora sta attuando una repressione dell’opposizione senza precedenti». L’arresto di Imamoglu si inscrive pienamente in questa dinamica di azzoppamento dell’avversario prima ancora che inizi la corsa. 

Un’opposizione radicata nel paese

Anche da arrestato, comunque, Imamoglu può candidarsi ed essere eletto, motivo per cui è stato trovato un altro cavillo per metterlo fuori da giochi. Per diventare presidente della Repubblica, infatti, è necessaria una laurea, ma il giorno prima dell’arresto l’Università di Istanbul ha ritirato il suo titolo di studio per un vizio di forma. «Erdogan ha imparato molto da Vladimir Putin, ma la Turchia non è la Russia», sottolinea Giustino. «La struttura sociale qui è forte. E poi c’è un know-how politico diverso, che i russi non hanno. La società civile turca si è formata ed evoluta grazie al radicamento sul territorio di tante forze politiche differenti». Insomma, la gente, in Turchia, ha voglia di far politica e non vuole lasciarsi schiacciare.

Ne sono prova le partecipatissime proteste di questi giorni, a causa delle quali oltre 1.800 persone sono state arrestate. Il consiglio comunale di Istanbul ha eletto come sindaco ad interim un membro del Chp, evitando quindi che Erdogan potesse nominare un proprio governatore. Per questo, le manifestazioni di piazza sono ormai scemate. «Non si sfila più davanti al palazzo di Saraçhane, sede del municipio, però quando scatta l’ora dell’Iftar [il pasto serale che interrompe il digiuno nel mese di Ramadan, ndr] la gente esce sui balconi e fa rumore battendo su pentole e coperchi».

Il calo di consensi di Erdogan e la contestuale ascesa del Chp si spiegano soprattutto con ragioni sociali ed economiche. «L’inflazione è alle stelle, ma mentre il costo della vita aumenta e il potere d’acquisto è in forte calo, le politiche di Erdogan sono inefficaci. La popolazione ha voglia di cambiamento», spiega ancora Giustino. Tuttavia, «il Chp sa che è impossibile che Erdogan si faccia da parte. Queste proteste servono più che altro a tenere calda, attiva, attenta la popolazione in vista delle presidenziali».

La Turchia verso le elezioni presidenziali

Le elezioni sono in programma per il 2028, ma potrebbero tenersi molto prima. In Turchia, infatti, esiste il limite di due mandati consecutivi ed Erdogan è già al secondo. Dato che non può modificare la Costituzione perché, anche se passasse in Parlamento, la riforma verrebbe quasi certamente bocciata al referendum, l’unica strada percorribile è convocare elezioni anticipate. Già per candidarsi nel 2023, infatti, Erdogan ha fatto valere l’interpretazione secondo cui il limite scatta solo se i mandati sono stati completati. Con le elezioni anticipate, dunque, potrebbe tentare di rimanere alla guida del paese.

In questo senso, gioca a suo favore il controllo dei media. «Erdogan ha ancora un largo seguito perché, di fatto, ha in mano tutto il sistema dell’informazione. Il 90 per cento dei giornali e delle tv è in mano a conglomerati vicino a lui o direttamente sono di qualche suo parente», spiega Giustino. Sui pochi media indipendenti, invece, «esercita una pressione asfissiante che passa attraverso un meccanismo tipico delle autocrazie, cioè l’induzione all’autocensura». Non manca la la censura diretta, attuata tramite l’arresto di giornalisti critici verso il regime.

«Erdogan vuole un’opposizione addomesticata. In condizioni normali, cioè in una democrazia, non vincerebbe, come non avrebbe vinto in passato. Ha bisogno di eliminare gli avversari e gli oppositori più insidiosi», commenta Giustino. L’aver arrestato Imamoglu, però, potrebbe tradursi in un doloroso effetto boomerang per il presidente. «E dire che dovrebbe saperlo. Anche lui, quando era sindaco di Istanbul, è stato arrestato dall’allora regime: fu il suo trampolino». In questo, Imamoglu ha un vantaggio: «Al tempo Erdogan era semi sconosciuto, mentre Imamoglu ha appena vinto le primarie del Chp con 15 milioni di voti, laddove il partito ha solo un milione e rotti di iscritti».

La foto in apertura è di AP Photo/Francisco Seco e mostra le recenti proteste a Istanbul per l’arresto di Ekrem Imamoglu.

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