Salute

Disagio: 77 suicidi in sei anni tra i poliziotti

Le cause però sono esterne al servizio, che è considerato solo un "fattore di rischio"

di Gabriella Meroni

Sono 77 in sei anni i casi di suicidi tra i poliziotti. E’ quanto emerge da un rapporto pubblicato sull’ultimo numero di ”Polizia Moderna”, il mensile ufficiale della Polizia di stato e sul sito www.poliziadistato.it, e che prende spunto da uno studio comparativo effettuato dal centro di neurologia e psicologia della Direzione Centrale di Sanita’ del Dipartimento della Pubblica Sicurezza. Si tratta comunque, viene sottolineato, di una cifra nella media nazionale con un’oscillazione di poco inferiore relativamente all’anno ’95, e di poco superiore relativamente al 1997. Del totale dei casi, inoltre, solo sette erano stati segnalati per problematiche di tipo psichiatrico. E un’analisi specifica ha permesso di accertare che alla base del gesto disperato non ci sono mai motivazioni legate al lavoro svolto, ma sempre reazioni abnormi a situazioni di tipo affettivo, dalle delusioni sentimentali, ai lutti, a malattie gravi nell’ambito familiare, al senso di solitudine successivo all’allontanamento dell’ambiente abituale. ”L’istituzione insomma -si legge- con la sua struttura rigidamente gerarchica, il servizio specifico con il suo rapporto continuo con la violenza, la sofferenza, la morte, il tipo di convivenza forzata con i colleghi rappresentano solo fattori di rischio, mentre le dirette cause, nella loro complessita’, multiformita’ e multifattorialita’, rimangono prevalentemente esterne”. Il 90% dei casi di poliziotti suicidi, riferisce inoltre il rapporto, utilizza come arma la la pistola di ordinanza. Cosa che rappresenta, come e’ facilmente comprensibile, spiegano gli autori dell’articolo, ”un importante e troppo immediato strumento distruttivo, per di piu’ ricco di significati non solamente negativi, ma anche espressivi di patologica esaltazione eroica, in un momento in cui e’ e’ oppressivo e dominante il sentimento di sofferenza, frustrazione, solitudine”. L’attenzione comunque alla salute degli agenti e’ altissima all’interno del Dipartimento, che ha organizzato negli ultimi due anni corsi di aggiornamento sulle ”Metodologie di indagine psicologica” per i medici degli Istituti di istruzione e dei Reparti Mobili, corsi sperimentali sulla ”gestione dello stress” per personale affetto al controllo del territorio, corsi su ”Nozioni di psicologia generale e tecniche della comunicazione” per allievi funzionari. Ed e’ proprio in questa sede che si e’ evidenziata, sottolinea lo studio, ”la difficolta’ da parte del personale di fare un certo tipo di ‘confidenze’ riguardanti la propria salute, soprattutto psichica. E’ emerso infatti il timore che il segnalato disagio proprio o altrui possa determinare conseguenze negative a livello professionale. Si avvera pertanto un fenomeno di ‘controsimulazione’ identificabile solamente con il concorso dei dirigenti e dei piu’ stretti compartecipi alle attivita’ lavorativa”. Possibilita’ di prevenire? Il suggerimento, considerate le indubbie difficolta’ esistenti, e’: ”mettere in atto il piu’ rapidamente possibile tutti gli strumenti che possano ancora di piu’ avvicinare il dirigente al dipendente, il collega all’altro collega, il medico all’uomo”. Sara’ pertanto opportuno, consigliano Giovanni Cuomo, direttore dell’Ufficio periferico di vigilanza di Roma e Giuseppe Alberto Mantineo, direttore centrale della Sanita’, ”attraverso un’adeguata e continua formazione un intervento primario rivolto al miglioramento delle condizioni sociali attraverso la valorizzazione della qualita’ delle relazioni e dei rapporti interpersonali; alla conoscenza da parte del personale delle fondamentali nozioni di psicologia, quali strumenti utili a rafforzare la sicurezza e la competenza negli interventi operativi e a migliorare la capacita’ individuale di superare momenti emotivamente forti e critici”. Infine, utile anche sara’ l”inserimento sempre piu’ capillare della figura dello psicologo a fianco a quella del medico di Polizia.


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