Sostenibilità

Risvolti. Inquinanti e alimentazione. Animali tossici: quando il rischio entra nel piatto

Ci sono specie che più di altre sono soggette all’accumulo di veleni. E i danni sono per loro ma anche per noi.

di Redazione

«Le sostanze chimiche passano attraverso le membrane e le cellule, ma la via principale di assunzione è la catena alimentare. Un organismo le trasmette a un altro e noi le assorbiamo nutrendoci di alimenti contaminati. Poi, per il bioaccumulo, crescono in proporzione al tempo, all?età e alle dimensioni». Attenti alla tavola, dunque: è questo l?avvertimento del professor Silvano Focardi, grande esperto dei rapporti e dell?impatto delle sostanze inquinanti sull?ambiente e gli animali. Che poi costituiscono un cibo per l?uomo, ma non solo. «Le specie più a rischio», spiega Focardi, «sono i predatori più elevati, i vertici della catena alimentare, come il delfino, l?aquila, il falco. Se un delfino mangia tanti piccoli pesci contaminati, accumula dentro di sé un alto tasso di intossicazione da sostanze nocive, dunque in proporzione viene maggiormente danneggiato». Ecomondo: Esistono esempi di danni da contaminazione chimica animale? Silvano Focardi: Se ne sono verificate diverse. Il primo descritto fu la scomparsa delle popolazioni di falco pellegrino in America, negli anni 70, a causa della contaminazione da ddt. In quel caso la sostanza, penetrando nelle uova della specie, ne diminuì la quantità di carbonato di calcio a tal punto da provocare la rottura dei gusci. La morìa di delfini nel mar Mediterraneo, negli anni 90, tra Baleari, Spagna e Sardegna l?ho studiata personalmente: l?alta concentrazione di policloro causò un forte abbassamento delle difese immunitarie nei delfini di quelle zone, fino a farli morire per semplici virus. Ecomondo: Rispetto all?uomo, in che misura vengono contaminati gli animali dalle sostanze chimiche nocive? E quali sono le specie più a rischio? Focardi: Gli animali sono le vittime principali, è più facile che vengano contaminati. Ma bisogna distinguere. I predatori ai vertici della catena alimentare, soprattutto se legati all?ambiente marino, sono più a rischio. Ecco perché non è consigliabile mangiare pesci di grosse dimensioni, soprattutto se provenienti dalle aree del Polo Nord, particolarmente danneggiate. Ecomondo: La sensibilità sui rischi da contaminazione è abbastanza diffusa? Focardi: È cresciuta, ma c?è ancora bisogno di attività divulgativa. Nel mondo, finora, tra ecologia ed economia ha sempre avuto la meglio la seconda. Invece bisogna investire nella ricerca e difendere il diritto alla salute. Poi si dovrebbe intervenire con rigidi controlli sulle industrie per impedire che scarichino nelle acque o nell?ambiente. Una volta c?erano le cosiddette navi dei veleni che, lontane da occhi indiscreti, si ripulivano di ogni sostanza nociva. Non è più possibile ragionare e agire in questa maniera. Ma per rendere efficaci gli interventi restrittivi bisogna avere soldi e investirli adeguatamente. Anche i media dovrebbero insistere, esercitare pressione. Ecomondo: La campagna Detox e la proposta Reach vanno in questa direzione? Focardi: La campagna Detox, promossa dal WWF, ha il compito di far capire le problematiche annesse alla contaminazione da sostanze nocive. Deve informare, non spaventare. E per quanto riguarda la regolamentazione Reach, da ecotossicologo mi auguro che venga approvata. Qualsiasi sostanza va testata prima di essere immessa nell?ambiente, bisogna sapere con precisione che potenzialità ha e dove va a finire. E per raggiungere questo grado di conoscenze è fondamentale che si dia peso agli studi e alle sperimentazioni in laboratorio.


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