Idee Politica
Il sogno europeo di Ventotene, la presidente Meloni e la piazza
L’affollatissima piazza del popolo a Roma è stata convocata per riprendere, in un momento di confusione internazionale, la visione europea di Ventotene. Il comune denominatore dei partecipanti era la convinzione che pace duratura e progresso sociale possano essere meglio perseguiti attraverso l'unificazione politica dell'Europa in una federazione democratica e libera, che valorizzi le autonomie nazionali ma superi la logica dei sovranismi
di Nino Sergi

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha letto nell’Aula del Senato alcuni paragrafi del Manifesto di Ventotene che affrontano temi quali la rivoluzione europea, il ruolo di un partito rivoluzionario, la regolazione della proprietà privata e altri aspetti riconducibili a una visione socialista e critica dell’ordine capitalistico.
Sono paragrafi che gli stessi autori, a partire dallo stesso Spinelli, hanno riconosciuto superati nel dopoguerra, dopo la sconfitta dei totalitarismi e l’evoluzione democratica della società europea. In piena oppressione nazi-fascista, con la feroce persecuzione di ogni libera voce e un diffuso dispotismo sociale, quei paragrafi indicavano nel 1941 la via rivoluzionaria come strumento per impedire la continuazione dei nazionalismi e dei totalitarismi che stavano distruggendo l’Europa militarmente, economicamente e socialmente. Si riferivano, inoltre, a ideologie e movimenti politici che allora contrastavano tali regimi ma che da decenni, nel movimento federalista e non solo, sono considerati definitivamente superati, fuori da quel contesto.
Affermare quindi, riferendosi a quei passaggi del Manifesto: “L’Europa di Ventotene non è la mia”, non è una rivelazione sconvolgente da parte di Giorgia Meloni. Se nel 2016 la stessa Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, scriveva sulla sua pagina social che “sull’Europa avevano le idee più chiare nel 1941 i firmatari del manifesto di Ventotene, detenuti in un carcere, che non questi tre premier europei, Renzi, Hollande e Merkel”, la nuova versione del suo pensiero, affermata da una sede istituzionale di altissimo rilievo, sembra piuttosto un tentativo di creare confusione e spostare il dibattito politico lontano dalle difficili scelte che il Governo è chiamato ad affrontare. Infatti, nel concepire oggi la costruzione dell’Europa, nessuno si ispira certo a quegli strumenti pensati per combattere i totalitarismi del secolo scorso.
Il messaggio centrale del Manifesto di Ventotene
«Il problema che in primo luogo va risolto e fallendo il quale qualsiasi altro progresso non è che apparenza, è la definitiva abolizione della divisione dell’Europa in stati nazionali sovrani…Con la propaganda e con l’azione, cercando di stabilire in tutti i modi accordi e legami fra i singoli movimenti che nei vari paesi si vanno certamente formando, occorre sin d’ora gettare le fondamenta di un movimento che sappia mobilitare tutte le forze per far nascere il nuovo organismo che sarà la creazione più grandiosa e più innovatrice sorta da secoli in Europa; per costituire un saldo stato federale, il quale disponga di una forza armata europea al posto degli eserciti nazionali; spezzi decisamente le autarchie economiche, spina dorsale dei regimi totalitari; abbia gli organi e i mezzi sufficienti per far eseguire nei singoli stati federali le sue deliberazioni dirette a mantenere un ordine comune, pur lasciando agli stati stessi l’autonomia che consenta una plastica articolazione e lo sviluppo di una vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei vari popoli…E quando, superando l’orizzonte del vecchio continente, si abbraccino in una visione di insieme tutti i popoli che costituiscono l’umanità, bisogna pur riconoscere che la Federazione Europea è l’unica concepibile garanzia che i rapporti con i popoli asiatici e americani si possano svolgere su una base di pacifica cooperazione».
Gli ideali europeisti e il progetto di un’Europa federale che erano la visionaria finalità del Manifesto redatto da Altiero Spinelli e Ernesto Rossi, sono stati concretizzati con i primi importanti passi da leader illuminati come Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer, Jean Monnet, Robert Schuman, Paul-Henri Spaak, Joseph Bech e altri. Ideali che si sono tradotti in Europa in convergenze politiche straordinariamente ampie, quali il progetto di Trattato della Comunità Europea di Difesa nel 1952, che ha goduto del convergente consenso di Spinelli e De Gasperi e alla cui radice vi era la presa d’atto della necessità di un’unità politica (purtroppo poi bloccato dalla Francia gollista), e il Trattato Istitutivo dell’Unione Europea nel 1984. Quest’ultimo non ancora federalista ma anticipatore di tutto il processo di integrazione che ne è seguito, con avanzamenti e arretramenti che ben conosciamo.
L’affollatissima piazza del popolo a Roma è stata convocata per riprendere, in un momento di confusione internazionale, la visione europea di Ventotene. Ho potuto constatare che il comune denominatore dei partecipanti, di varie appartenenze politiche, era la convinzione che pace duratura e progresso sociale possano essere meglio perseguiti attraverso l’unificazione politica dell’Europa in una federazione democratica e libera, che valorizzi le autonomie nazionali ma superi la logica dei sovranismi e il concetto di sovranità nazionale perennemente in concorrenza conflittuale con altre sovranità nazionali.
Un programma politico chiaro, che ovviamente non piace ai sovranisti ma che la società civile – presente convintamente in piazza del Popolo e nelle piazze che seguiranno – dovrà saper mantenere vivo, fino a tradurlo in azione politica decisa, senza possibilità di ripensamenti.
Cecilia Fabiano/LaPresse
Nino Sergi, presidente emerito di Intersos
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