Risorse sprecate

Non ancora utilizzati oltre il 90% dei fondi comunitari

L’Italia a meno di due anni dal termine fissato dall’Ue per impegnare le somme previste ha speso poco meno del 4,6%. Buona parte di queste risorse - quasi 75 miliardi - dovrebbe essere riservata al welfare territoriale. La Ragioneria generale dello Stato lancia l’allarme perché il monitoraggio previsto quest’anno potrebbe portare a una sforbiciata delle somme complessive previste

di Francesco Dente

È corsa contro il tempo per l’utilizzo dei fondi comunitari 2021-27. A meno di due anni dal termine fissato dall’Unione europea per impegnare le somme, da spendere comunque entro il 2029, l’Italia ha effettuato pagamenti soltanto per 3,4 miliardi di euro su 74,9 messi a disposizione nel complesso. Poco meno del 4,6%, in pratica. 

L’allarme della Ragioneria generale

A lanciare l’allarme è l’ultimo bollettino statistico della Ragioneria generale dello Stato che fotografa la situazione aggiornata a fine del 2024. Il dato sulle somme già impegnate – 12,6 miliardi al 31 dicembre scorso (pari al 16,81%) – non contribuisce certo a rendere più confortante un quadro che appare invece poco rassicurante. Specie se si considera che il monitoraggio intermedio del 2025 potrebbe dar luogo a una sforbiciata delle risorse disponibili. 

Buona parte delle quali, questo il punto, è riservata al sostegno del welfare territoriale. La causa più probabile del ritardo appare la concomitanza fra la progettazione e la realizzazione dei programmi finanziati dal Pnrr (destinati a concludersi nel 2026) e i programmi sovvenzionati con i fondi strutturali.  

Quattro fondi europei per un totale di 75 miliardi

La programmazione 2021-27 delle Politiche di coesione può contare, nello specifico, sul concorso di quattro fondi strutturali.

Il primo è il Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr). Ha un valore complessivo per l’Italia di 44,22 miliardi di euro di cui 26,34 miliardi di euro di contributo europeo e 17,87 miliardi di quota parte nazionale finalizzati allo sviluppo urbano sostenibile, al sostegno alla competitività e alla creazione di posti di lavoro nelle piccole e medie imprese.

Il secondo, il Fondo Sociale Europeo Plus (Fse+), prevede una dotazione di 28,64 miliardi di euro (14,81 miliardi la quota europea contro 13,83 miliardi di cofinanziamento nazionale) destinata principalmente agli investimenti nelle persone. Contribuisce, infatti, a sostenere il raggiungimento di livelli elevati di occupazione e l’eliminazione della povertà negli Stati membri e nelle regioni.

Gli ultimi due sono il Fondo per una transizione giusta (Just Transition Fund – Jtf), che mira a fornire aiuto ai territori che devono far fronte a gravi sfide socio-economiche derivanti dalla transizione verso la neutralità climatica (1,2 miliardi di euro) e il Fondo europeo per gli affari marittimi, la pesca e l’acquacoltura (0,9 miliardi di euro).

Programmi nazionali a sfondo sociale ancora ai nastri di partenza

I quasi 75 miliardi di euro dei quattro fondi sono gestiti, come previsto nell’Accordo di Partenariato, attraverso 49 programmi operativi di cui 11 a titolarità delle amministrazioni centrali e 38 regionale. Per quanto riguarda i programmi nazionali curati dai ministeri, rispetto al totale di 26,56 miliardi di euro di risorse programmate, risulta un avanzamento del 15,86% in termini di impegni e del 2,52% in termini di pagamenti. 

Numeri per nulla lusinghieri che diventano drammatici se si entra nel dettaglio dei singoli fondi dedicati alle politiche di welfare. VITA ha provato a guardare da vicino lo stato dell’arte.
Il Piano Inclusione e lotta alla povertà, che ha disposizione 4 miliardi di euro, ha impegnato solo 296 milioni di euro (7,24%) e speso zero euro. 
Il Piano Giovani, donne e lavoro ha uno stato di avanzamento degli impegni del 22,75% (1,1 miliardi su 5) e dei pagamenti pari, anch’esso, a zero punti percentuali.
Non vanno meglio le cose per il fondo Scuola e competenze. Su 3,7 miliardi di euro risultano impegnati a fine 2024 solo 273 milioni di euro (7,23%) ma non ne è stato ancora pagato neanche un euro.
Sono stati impegnati, infine, 4,6 milioni di euro dei 235 del Piano Sicurezza e legalità, pari all’1,98%, e spesi solo 450mila euro (0,19%). Percentuali lillipuziane che mettono a rischio il conseguimento degli obiettivi di protezione sociale.

In apertura foto di Daniel Schoenen/Imagebroker/Sintesi

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