Volontariato

Un brindisi anarchico

Ricordando Veronelli.

di Paolo Manzo

Un personaggio leggendario, una bandiera dell?enogastronomia italiana, un patrimonio inestimabile. Sono solo alcuni dei mille modi in cui è stato definito Luigi Veronelli in vita e – purtroppo – anche adesso che, probabilmente, da lassù starà continuando a centellinare rossi mitici e piatti divini. «Ha avuto la stessa importanza per l?enogastronomia di quella che ha rivestito la Scuola degli Annali per la storiografia», ha detto Stefano Bonilli, patron del Gambero Rosso, un paragone che dà l?idea di chi fosse Gino, come lo chiamavano gli amici. Hic sunt leones. Già, perché sino all?ultimo, sino al 29 novembre, Gino è stato un leone, sempre pronto a tirare fuori gli artigli, con classe. Artigli che, nella sua età matura aveva usato per difendere i piccoli produttori enologici, come quando il 7 dicembre 2003 si recò all?Arcimboldi, alla prima della Scala, per «brindare ironicamente? alla parte della città di Milano che non è qui». L?enologo Veronelli chiudeva con quel gesto la sua presenza alla prima Fiera dei particolari, sottotitolo «terra e libertà, critical wine», manifestazione che l?aveva visto coinvolto anima e corpo nel centro sociale Leoncavallo. Non comunista, ma fieramente anarchico, si era trovato strabene con quei ragazzotti che definiva uno «strano miscuglio tra socialismo, anarchia, comunismo, eccetera», ma che avevano «finalmente scoperto i valori della terra, adottando una mia frase: la terra è l?anima?». Gino Veronelli aveva abbracciato la difesa del prezzo sorgente, perché per lui i piccoli produttori dovevano indicare in etichetta il costo del loro vino. «Solo così», mi spiegava, «provocheremo qualche preoccupazione all?intermediazione e alla distribuzione che, a loro volta, dovranno applicare ricarichi giustificati». Per il Veronelli ?maturo? il terzo millennio doveva portarci un benessere «logico e distribuibile», perché «è illogico che il contadino debba vendere a 5 euro ciò che si ritrova in certi ristoranti a 60». Ci credeva «da matti» e quando gli chiesi se, nel 2004, avrebbe fatto un bis al Leonka, lui rispose: «Al Leoncavallo è stata una manifestazione clamorosa. È stato bello, con tanti interventi, canzoni? Ci tornerò di sicuro». Lo farà dall?alto, magari sorseggiando un Barbera d?Asti Ai Suma 2001 – Braida dell?amico Giacomo Bologna.


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA