Volontariato

…E ora l’etica ha i numeri

Si diceva: il mercato se ne infischia se un’impresa dice di essere “buona”. Idea sbagliata.

di Francesco Maggio

E alla fine arrivò pure l?algoritmo. Che, conti alla mano, dimostra che l?etica mette le ali alle quotazioni in Borsa delle imprese socialmente responsabili. O comunque, a parità di sostenibilità finanziaria, crea quel valore aggiunto che la dottrina aziendale definisce asset intangibili ma che, in concreto, stanno a significare un sacco di soldi.
Non era forse vero, infatti, che il principale limite di parlar tanto di responsabilità sociale d?impresa fosse l??assenza di prove?? La mancanza di dati quantitativi che dimostrassero che conviene a un?azienda essere corretta? Che il mercato se ne infischia se un?impresa dice di essere ?buona? (anche se magari lo è) se poi ciò non si traduce in conti in ordine e prospettive di crescita duratura? Che il fenomeno della corporate social responsibility finora sia stato associato prevalentemente alle piccole e medie imprese, perché l?anima sporca, per definizione, ce l?hanno le multinazionali?
Ebbene, l?agognata prova del nove è arrivata. Il mercato guarda sì innanzitutto ai bilanci e alle performance finanziarie. Ma guarda anche con sempre più attenzione alla buona condotta dell?impresa, un?impresa, quella responsabile, che per il sottosegretario al Welfare, Maurizio Sacconi «persegue la qualità totale».

500 imprese sotto la lente
A dimostrarlo ci ha pensato l?università Bocconi che ha fatto davvero le cose in grande mettendo sotto la lente le 500 imprese che compongono l?indice Standard & Poor?s, in sostanza le prime 500 aziende americane per capitalizzazione di Borsa. «Siamo partiti dall?analisi del cosiddetto ?price to book value?, ossia del rapporto tra il prezzo di Borsa di un titolo e il suo patrimonio netto», spiega Mauro Bini, ordinario di finanza aziendale alla Bocconi e coordinatore della ricerca. «Questo rapporto esprime la dotazione di capitale intangibile di un?azienda. Per esempio questo rapporto, nel caso della Coca Cola, è pari a nove: ciò vuol dire che il mercato riconosce all?azienda un valore nove volte superiore a quello del suo patrimonio contabile perché stima, tra l?altro, che il ?peso? del marchio, asset intangibile per definizione, contribuisca in modo determinante al suo valore reale. Ma gli asset intangibili di un?azienda sono determinati da altri elementi che di solito non vengono misurati e che fanno riferimento ad aspetti etici della vita d?impresa».
«Noi invece l?abbiamo fatto», continua Bini, «avvalendoci di sette profili di sostenibilità e 14 punteggi assegnati alle 500 società dello S&P dalla Kinder Lydenberg Domini, la società di rating etico fondata da Amy Domini. Abbiamo messo in una sorta di pentolone questi punteggi insieme a due indicatori finanziari come la redditività d?impresa rispetto al costo del capitale e il tasso di crescita atteso nei prossimi tre anni. Ricorrendo, quindi, a una tecnica di regressione, a un algoritmo denominato ?step wise?, gli abbiamo chiesto di segnalarci i fattori più significativi che spiegano il valore intangibile di un titolo».

Il caso Motorola
E cosa è emerso? «Che tre misure di sostenibilità – i rapporti con la società civile, le politiche di gestione del capitale umano e le politiche di prodotto -», risponde Bini, «contribuiscono in modo determinante alla definizione del price to book value sebbene non si possa prescindere dagli indicatori finanziari».
Emblematico, in proposito, il caso di Motorola che ha un multiplo price to book value pari a 2,58. Se si prendessero in considerazione solo i due fattori finanziari, questo sarebbe pari a 1,14. Se invece si considerano i tre profili di sostenibilità, il multiplo arriva a 2,42, in pratica giustificano più del 90% del rapporto tra prezzo di Borsa e patrimonio netto.
A questo punto, però, verrebbe da aggiungere: questo vale per l?America che ha un capitalismo che gravita attorno alla Borsa, ma in Italia, le società quotate sono appena 200 e poco più. è vero che, così come ha rilevato di recente l?Istat, le imprese italiane che adottano iniziative di responsabilità sociale sono soprattutto di medio-grandi dimensioni (con oltre 100 addetti), che più cresce il fatturato e più sono diffusi comportamenti etici. Ma l?anello mancante rimane la Borsa, luogo privilegiato ?per definizione? dove il mercato premia e sanziona.

L?intangibile di Telecom
«Gli analisti finanziari», sottolinea Bini, «oggi mostrano crescente attenzione agli aspetti intangibili collegati alla corporate social responsibility: in aziende come Telecom Italia, ad esempio, l?area della sostenibilità fa direttamente capo al direttore finanziario e ci lavorano circa 300 persone. La questione è un?altra e cioè quella di avere anche da noi agenzie di rating autorevoli e ?ascoltate? dal mondo della finanza come Kld».
Ha scritto Gianfilippo Cuneo, presidente di Synergo, commentando la quotazione in Borsa della Geox: «Ogni tentativo di dare un?oggettività quantitativa alla determinazione del valore è inutile perché gli elementi di valutazione soggettiva predominano. Alla fine un?azienda o un titolo valgono per quello che il mercato o gli investitori sono disposti a pagare, il che pone il tema di come si influenzano i compratori delle azioni». E se presto a influenzare anche i corsi della Borsa italiana fosse la responsabilità sociale d?impresa? Ormai si sa come fare?.

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