Mondo

La Svizzera sostiene il voto in Palestina

Davanti all'assemblea generale dell'ONU a New York, l'ambasciatore Peter Maurer ha chiesto alle autorità di entrambe le parti di garantire ai palestinesi il libero accesso alle urne

di Paolo Manzo

La Svizzera è pronta a sostenere l’organizzazione di elezioni nei territori palestinesi. Davanti all’assemblea generale dell’ONU a New York, l’ambasciatore Peter Maurer ha chiesto alle autorità di entrambe le parti di garantire ai palestinesi il libero accesso alle urne. L’elezione presidenziale, prevista per il 9 gennaio, costituisce «una tappa cruciale per ancorare la democrazia e la legittimità del futuro presidente dell’Autorità palestinese», ha detto il diplomatico svizzero. Berna è disposta a sostenere sia questo scrutinio sia le elezioni legislative e comunali che si terranno nel 2005, ha precisato. La scelta di una nuova squadra dirigente crea infatti «un’occasione per la ripresa dei negoziati in vista della creazione di un futuro Stato palestinese», ha aggiunto Maurer. Devono comunque essere adotatte misure per ristabilire la fiducia da entrambe le parti. Maurer ha citato ad esempio «il totale rispetto del diritto internazionale umanitario» e una «rapida e significativa» attenuazione delle sofferenze a cui è sottoposta la popolazione palestinese.

L’ambasciatore elvetico ha pure esortato Israele a rinunciare «all’uso sproporzionato delle forze armate» e alla creazione di nuove colonie nei territori. Maurer ha poi ricordato che la Corte internazionale di giustizia ha giudicato illegale la barriera di protezione che lo Stato ebraico costruisce in Cisgiordania. La Svizzera appoggia il piano di ritiro israeliano dalla striscia di Gaza, «che può costituire un contributo positivo al processo di pace», ma solo ad alcune condizioni. Il ritiro deve essere coordinato con i palestinesi e non deve causare il trasferimento dei coloni in siti israeliani in Cisgiordania. Lo Stato ebraico deve pure «facilitare la ricostruzione di Gaza» dopo l’evacuazione del territorio, occupato dal 1967. L’evacuazione militare «non costituisce in sé la fine dell’occupazione se la potenza occupante mantiene un controllo con altri mezzi, ad esempio l’accerchiamento», ha sottolineato Maurer.

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