Inclusione
Il video sul razzismo con gli occhi dei ragazzi che lo hanno subito
Ha vinto l'edizione 2025 del "Premio Mario e Giuseppe Francese" raccontando il bullismo e il razzismo attraverso il dolore, forse ancora non del tutto metabolizzato, dei ragazzi che lo hanno subito. Si chiama "Luoghi" ed è il video degli studenti della III/A Meccanica e Meccatronica dell’Itst "Vittorio Emanuele III" di Palermo, le cui testimonianze ci insegnano che le differenze sono valore

Vengono nel nostro paese e vorrebbero i nostri stessi diritti, ma non li meritano, perché sappiamo bene che sono inferiori. Creano solo problemi. Sono sporchi, ladri. incivili. Ci rubano il lavoro. Picchiano le donne. Devono tornare al loro paese. Sono barbari.
Quanti falsi pregiudizi in queste frasi, quanta distanza riesce a creare diverse forme di razzismo quando il “diverso” viene considerato un nemico e, anche se non ce n’è alcun motivo, si pensa che debba colpire ognuno di noi in prima persona.
Quando, però, a essere additati, presi di mira, bullizzati sono i giovani, solo perchè non omologati al gruppo, nel caso in cui trovino la forza di reagire, la risposta è meravigliosa perchè diretta, non cede alla tentazione di essere diplomatica, e insegna anche e soprattutto agli adulti.
Se dovessi scrivere un libro lo chiamerei il mio piccolo sogno. Se, infatti, hai un obiettivo ricorda che lo puoi realizzare, nonostante tutti gli ostacoli che incontrerai
Raul, studente dell’Itst “Vittorio Emanuele III” di Palermo
Lo hanno fatto gli allievi della III/A Meccanica e Meccatronica dell’Itst “Vittorio Emanuele III” di Palermo, con la supervisione dei professori Teresa Fasoni e Salvatore Salvaggio, arrivando in maniera tanto dirompente da vincere il premio “Mario e Giuseppe Francese 2025”, dedicato alle scuole, per fare conoscere alle nuove generazioni la figura e il valore di un cronista coraggioso come Mario Francese, ucciso dalla mafia il 26 gennaio del 1979. Il figlio Giuseppe, a cui è anche dedicato il premio, morirà suicida il 3 settembre 2002, dopo essersi dedicato per anni inchieste sulla ricostruzione dell’omicidio del padre.
Una sfida da veri cronisti, a caccia della notizia, quella lanciata il premio che, come tema dell’edizione 2025, ha scelto “Inchiesta, denuncia e verità”.
“Luoghi ….di origine, di destinazione, luoghi comuni”, il titolo del video nel quale, attraverso le testimonianze, preziose perchè non facili da condidere, dei ragazzi, ha raccontato il tema del bullismo, ma anche quello del razzismo e delle discriminazioni che nascono in prima battuta dal non riconoscere omologato al gruppo colui che, come in questo caso, arriva da altri contesti geografici e, quindi, culturali. Gruppo che può diventare branco, nel caso in cui, alle semplici parole, si uniscono azioni che agiscono violenza.
In questo caso sono Edwin, Mary, Raul e Stefan a parlare del difficile confrontarsi e scontrarsi con i loro coetanei. E questo, nonostante le loro carte d’identità attestino l’essere nati in Italia, caso vuole in una terra come la Sicilia, isola “accogliente” per tradizione, nella quale la loro vita ha deciso di mettere e far crescere le proprie radici.
Storie, le loro, la cui narrazione potrebbe avere come palcoscenico qualunque luogo del mondo e che, forse proprio per questo, per la sua forza non relegabile a un piccolo ambito territoriale, esprime tutta la sofferenzza, ma anche il grande coraggio di non chinare la testa e rivendicare l’essere persona, con il proprio passato, ma anche con un futuro radioso pieno di sogni.
Subire bullismo senza capire il perché
«Ho 18 anni, e sono nata qui a Palermo», racconta Mary. «Mio padre è arrivato con l’aereo, poi ci ha raggiunti anche la mia mamma. Sono la quarta figlia, l’unica femmina in famiglia. Sono cristiana evangelica e non sono mai stata screditata per questo, nè per il colore della mia pelle. Sono stata, invece, bullizzata alle medie per via dei miei capelli. Era anche molto strano, perché io a quei tempi non avevo le treccine, ma gli afro, e mi prendevano in giro per quel motivo. Soprattutto me li toccavano senza il mio consenso. Questa cosa mi dava un fastidio enorme, anche perché non capivo il perchè mai si permettessero di farlo».

La paura di sentirsi solo
«Ancora ricordo il mio cuore diviso in due parti», racconta Raul nel video. «Una parte diceva che sarei stato accolto e che tutto sarebbe andato bene. Ma l’altra parte, invece, temeva il contrario. Avevo paura di non essere accettato e di sentirmi solo. Ero esattamente come uno specchio rotto in mille parti. Ogni pezzo spezzato rifletteva insicurezze, paure e dubbi sul mio futuro».
«Se dovessi spiegare a qualcuno cos’è il razzismo, gli direi insicurezza. Suppongo, però, che l’abbia inventato qualcuno», sottolinea Stefan, con quella consapevolezza che appartiene a un giovane che ne ha già viste tante nella sua vita, «perché un bambino non nasce con l’idea del razzismo in testa. Stare qui a Palermo mi ha fatto modo di capire cos’è il razzismo e cos’è l’accoglienza. Perché se non mi fossi mosso dal mio Paese, forse non avrei saputo cos’è il razzismo. Forse perchè ero romeno, forse per il mio colore di pelle o perché non avevo le disponibilità economiche degli altri, mi hanno sempre emarginato, isolato dal gruppo.
«Devo ringraziare la mia baby sitter», aggiunge Edwin, «perché mi ha aiutato a superare le mie incertezze, così consiglio a tutti quelli che hanno affrontato esperienze simili alla mia di fregarsene e credere che quello che loro pensano è giusto».
Un video che distribuisce pillole di saggezza
«Ogni parola di questi ragazzi pesa come un macigno» , afferma Antonella Sannasardo, referente delle attività relative all’educazione e alla legalità «per esempio, quando dicono che i bambini sono attratti dalla diversità dei colori. È, quindi, un modello culturale quello contro cui dobbiamo lottare. Stefan, poi, nella canzone che chiude il video lo dice chiaramente, ed è un’emozione ascoltare le sue parole. Noi siamo qui per accogliere le loro umanità e fare in modo che possano uscire e andare nel mondo sicuri di loro stessi. Liberi dai pregiudizi e con gli strumenti adatti a combattere ogni forza di razzismo».

Taglienti, ma perchè dirette, infatti, le parole della sigla finale, composta e interpretata da Stefan Claudio Nae.
Ricordo che un bambino è curioso se vede altri colori, ma sfortunatamente per certa gente il colore nero è fatto come colore diverso. Dopo tempo mi ero abituato, ricordo venivo sempre sempre sempre giudicato, il maestro mi ripeteva che se non avessi lavorato avrei chiesto le lemosina come facevano i miei. E tutto passa, e tutto passa, si.
Dio punisce chi ha fatto nel male e nel bene. Io voglio lavorare, voglio vivere, stando tranquillo, sapendo che c’ho un piatto di pasta che può riscaldare il mio stomaco, mi può riscaldare l’affetto di una madre che non c’è, ci sarà lentamente. Gente disposta ad andarsene per dei sogni, e disposto a pregare per dei sogni, che forse diventeranno obiettivi, in cui si cresce troppo rapidamente, poniti dei obiettivi.
La vita cambia tutto, un cuore nuovo, un altro lutto, la vita ti aiuta, dipende tutto da te, non giudicare perché io sono uguale a te. A posto.
Un mondo che questi ragazzi si ritagliano da sè, superando anche la paura di condividere le loro esperienze, ma sempre continuando a sognare.
«Oggi guardo il mondo con altri occhi», ci tiene a dire Mary. «Mi hanno chiesto, se dovessi scrivere un libro, magari quello della mia vita, come lo chiamerei. Direi, assolutamente: “Un mondo di stelle”».
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