Cultura

Libri: l’Islam riformista si presenta

Una recensione di Tomaso Zanda del volume del filosofo egiziano Tariq Ramadan

di Redazione

?Voglio che l’Egitto costruisca una democrazia egiziana che permetta ad Amnesty International di cambiare i propri rapporti sui diritti umani?, spiega lapidario Tariq Ramadan. Il filosofo svizzero di origini egiziane presenta a Milano il suo ultimo libro Il riformismo islamico. Un secolo di rinnovamento musulmano, Città Aperta edizioni, un lavoro che vuole dare impulso al rinnovamento culturale e politico nel mondo arabo raccontando l’evoluzione del pensiero riformista musulmano nella storia.

L’incontro aveva come titolo Quale alternativa democratica per il mondo arabo?, e riuniva attorno allo stesso tavolo anche personaggi del calibro di Paolo Branca, Stefano Allievi e Hamza Piccardo. La sala gremita della Fondazione Lazzati riunisce i musulmani della moschea di viale Jenner e di viale Padova, due comunità spesso in netto disaccordo sull’interpretazione delle scritture sacre islamiche e sulla loro applicazione. Ramadan parla con autorità e presenta la sua visione di un islam che sia capace di leggere il Corano alla luce del contesto storico, dello spazio e del tempo in cui viene studiato. Questo sembra il succo del riformismo che Ramadan auspica per il mondo arabo in particolare, per un islam che sappia essere complementare al modernismo, in grado di far convivere la religione musulmana con la democrazia.

In questo rinnovamento è coinvolto anche l’Occidente chiamato a concrete scelte politiche, economiche e culturali, come sottolinea Stefano Allievi: ?l’Europa prenda posizione contro i dittatori e i satrapi mascherati da presidenti moderati, come Mubarak in Egitto? che ?sono parte del problema dell’integralismo?, aggiunge Piccardo. Secondo Ramadan bisogna favorire una cultura, ?dare voce agli oppressi che cercano la democrazia?, sostenendo ?quelle opposizioni di matrice anche religiosa che resistono alle ingiustizie, alle violazioni dei diritti? specifica Allievi. ?Il mondo arabo, però, in questo momento, è in crisi?, dice Ramadan.

I giovani e gli intellettuali non hanno gli strumenti e la forza per far crescere il dibattito interno e portare avanti iniziative concrete: non circolano libri col pensiero dei riformisti, i Fratelli musulmani egiziani per esempio, scarseggiano le traduzioni e gli studi per comprendere la realtà storica dei Paesi arabi. I relatori lanciano un appello a politici, movimenti e intellettuali per sostenere quelle persone che non sono smaccatamente filo-occidentali, ma che davvero possono entrare in contatto con la gente, dando inizio a un rinnovamento democratico e culturale dei paesi arabi nel rispetto della tradizione, della religione e della psicologia delle popolazioni. ?Democrazia e islam non sono in contraddizione?, dice Ramadan, ci sono diversi modelli non esportabili, ma i principi sono gli stessi (Stato di diritto, cittadinanza egualitaria, suffragio universale, alternanza al potere, separazione dei poteri, anche fra quello religioso e quello statale). Bisogna dar forza a riflessioni e azioni per creare un modello arabo, adatto ad ogni Paese, perché ?l’80% dei musulmani non può esprimere la propria opinione e il nostro silenzio sostiene la violenza dei dittatori?.

Tomaso Zanda

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