Nuove indicazioni per la scuola

Avolio, il poeta social: «I ragazzi hanno sete di poesia»

Il ministro Valditara, nelle nuove indicazioni per la scuola dell'infanzia e il primo ciclo, prevede il ritorno delle poesie imparate a memoria. Un salto nel passato? Forse no. Intervista a Davide Avolio, classe 1999, che ha conquistato 700mila follower proprio declamando poesie sui social

di Rossana Certini

«È fondamentale rendere la poesia accessibile, comunicandola con gli strumenti che i ragazzi già conoscono e utilizzano». Davide Avolio, venticinquenne scrittore e poeta che dal 2020 promuove la poesia sui social, con 462mila follower su Instagram e 284mila su TikTok, commenta così l’invito del ministro Giuseppe Valditara a far studiare poesie a memoria fin dai primi anni di scuola. La proposta è contenuto nelle nuove indicazioni per la scuola dell’infanzia e il primo ciclo di istruzione, finalmente pubblicate l’11 marzo – dopo diverse anticipazioni – dalla Commissione ad hoc incaricata dal ministero dell’Istruzione e del Merito.

Nel documento si legge come sia importante utilizzare «testi in prosa e testi in verso» per insegnare agli studenti a leggere e scrivere correttamente. E si suggerisce la lettura di autori come Saba, Valeri, Gozzano, Govoni, Pascoli, Penna e Lamarque, che possono essere studiati dai ragazzi con la mediazione dell’insegnante o imparati a memoria per apprezzarne il ritmo e la musicalità. Si consiglia anche di avvicinare gli studenti a testi come l’Inno di Mameli oltre che alle poesie e ai canti del Risorgimento.

«Imparare a memoria le poesie è importante», prosegue Avolio, «ma il vero problema sta nel come le si impara. Quando andavo a scuola negli anni Novanta, prima la maestra e poi i professori, ci facevano imparare le poesie a memoria come se fosse un gioco, più per familiarizzare con la metrica che per comprendere a fondo il loro significato. Questo metodo di insegnamento è stato fondamentale per me e credo che vada recuperato, visto che le generazioni successive alla mia hanno smesso di imparare poesie a memoria a scuola. In questo modo, però, credo che i ragazzi hanno perso anche la possibilità di capire che la poesia, prima di essere un’espressione dell’io, è una forma d’arte e, come tale, ha una componente tecnica che è fondamentale conoscere».

A scuola le poesie non si imparano più. I ragazzi hanno perso la possibilità di capire che la poesia, prima di essere un’espressione dell’io, è una forma d’arte e come tale ha una componente tecnica

Davide Avolio

Classe 1999, laureato in Giurisprudenza, Davide Avolio nei suoi video sui social, riesce a trasformare Omero in una ritmica rap e a raccontare frammenti della sua vita quotidiana attraverso i versi di Catullo o Montale. Da poco è in libreria con il suo primo romanzo, I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno. Ammette esplicitamente che «devo quasi tutto a un’insegnante che ci fece ascoltare La guerra di Piero di Fabrizio De André, che come la maggior parte delle canzoni di Faber è un’autentica poesia. Da quell’ascolto ho davvero iniziato ad appassionarmi alla poesia. Del resto, la scrittura in versi nasce per accompagnare la musica».

L’importanza di imparare a memoria le poesie

Sul tema dell’imparare a memoria, Avolio ha le idee chiare: «da sempre, la memoria è stata per l’uomo ciò che oggi è l’hard disk nei nostri dispositivi virtuali, ma ora non la alleniamo più. Io stesso faccio fatica a imparare a memoria ed è un peccato perché è il computer più potente e importante che l’essere umano possieda. Quindi, non credo sia sbagliato riattivare la memoria, ma dipende da come lo facciamo, perché basta poco per rendere noioso anche ciò che potrebbe essere molto bello».

Da sempre la memoria è stata per l’uomo ciò che oggi è l’hard disk nei nostri dispositivi virtuali, ma ora non la alleniamo più. Non credo sia sbagliato riattivare la memoria, dipende da come lo facciamo

Del resto la poesia non è una forma d’arte estranea ai ragazzi di oggi visto che Avolio racconta di ricevere molti messaggi di giovani che condividono con lui i loro versi. Infatti spiega: «mi inviano i loro testi, affinché io possa dare loro un parere. I ragazzi non mi chiedono un aiuto per pubblicare i loro versi o avere spazi di visibilità come si potrebbe pensare. Ma mi inviano i loro scritti per perché vogliono essere letti da me, perché non condividono questi loro testi con i docenti, con i genitori o in generale con gli adulti che hanno intorno. Hanno paura di essere giudicati. In me vedono, invece, un ragazzo come loro che può capirli».

Tanti ragazzi mi mandano i loro versi. Non mi chiedono un aiuto per essere pubblicati, ma perché vogliono essere letti da me. Non condividono i loro testi con i docenti, con i genitori, hanno paura di essere giudicati. In me vedono, invece, un ragazzo come loro che può capirli

Riscoprire la poesia con nuovi riferimenti per i giovani

Dunque, la poesia non è morta? «Certo che no», spiega Avolio. «In Italia c’è un problema legato alla tradizione poetica storica. Mi spiego meglio: abbiamo avuto grandi poeti e per questo continuiamo ad associare la poesia solo alle figure di poeti del passato. La stessa figura del poeta è stigmatizzata. Lo pensiamo come un personaggio mitologico che usa un italiano forbito e aulico, che vive di struggimenti dell’anima. E questa visione rende i poeti figure distante dai ragazzi. In realtà, i poeti contemporanei, più che intellettuali, sono persone che vivono il loro tempo e che cercano, come sempre hanno fatto i poeti, di interpretarlo attraverso il linguaggio poetico, che è una chiave di lettura della quotidianità».

Prosegue Avolio: «la poesia non può essere ingabbiata, non ha limiti, nemmeno nel foglio, perché chi scrive poesie non è delimitato da un rigo. La poesia può essere scritta ovunque, persino sulle pareti con un carboncino. Però, per appassionare i ragazzi, è necessario iniziare a dar loro nuovi riferimenti poetici e non sempre quelli che vengono proposti loro a scuola».

E conclude con un invito al mondo della scuola: «Parlate ai ragazzi di poeti come Davide Rondoni, Mariangela Gualtieri o Patrizia Cavalli e loro vi seguiranno sulla strada della poesia».

Foto dell’intervistato

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