Idee Verso il 15 marzo
Fare l’Europa è fare la pace
Dice l'ex-presidente Cese, in vista della manifestazione europeista romana, che «l'Unione si ritrova oggi in mano la bandiera delle società aperte e la responsabilità non solo di salvare sé stessa dalla tenaglia in corso che mira ad annientarci, ma di rilanciare il cuore della nostra civiltà, basata sulla forza del diritto, sulla soluzione dei conflitti attraverso la deterrenza e il negoziato per una pace giusta, su un progresso sostenibile e per tutti»
di Luca Jahier

Nello sconquasso sistemico e brutale dei tempi che stiamo vivendo, l’Europa si trova ad un tornante esiziale. “L’Europa non è stata fatta, abbiamo avuto la guerra”, recita il testo fondativo del progetto europeo, la Dichiarazione Schuman del 9 maggio 1950.
Sfidati da tempo da vecchie e nuove autocrazie, da una guerra di invasione inaudita, ingiustificata e devastante sul suolo europeo che si protrae da tre anni, da pericoli interni che contestano e logorano i fondamenti delle nostre democrazie, ed ora anche dall’arrogante tradimento dell’alleato oltreoceano di sempre, l’Europa rischia il collasso ed essere smembrata in più o meno grandi vassalli.
Questi giorni sono stati l’elettroshock finale per le capitali europee, costrette a prendere sul serio la partita geopolitica in corso, da anni descritta come sfida della “sovranità strategica” ed ora anche dotata di precisi piani di risposta (i Rapporti Draghi, Letta e Niinisto).
Le quattro sfide della sicurezza europea
I risultati del Consiglio europeo del 6 marzo, i vertici che si susseguono, il chiaro e convergente dibattito del Parlamento europeo dello scorso 11 sulle sfide della sicurezza europea, ci dicono di una nuova postura che può favorire il salto quantico necessario.
In termini di scelte politiche e risorse, per provvedere alle quattro note debolezze che non solo fanno perdere peso e prospettive di futuro all’Europa che conosciamo, ma mettono a rischio la stessa sicurezza europea: dipendenza energetica, i fronti del futuro (digitale, Ai e spazio) e relative radicali trasformazioni industriali, economia troppo basata su esportazioni e dipendente da lunghe catene di valore (Cina in primis), difesa affidata all’ombrello Usa, nel quadro Nato. Cui si aggiunge la sempre più evidente debolezza istituzionale: il diritto di veto su materie cruciali (politica estera e di sicurezza, politica fiscale e Unione bancaria).
Non è più tempo di rinvii. Come ha detto Draghi, sulle quattro sfide l’Europa deve agire oggi come se fosse uno Stato e, per farlo, deve mettere fine alle tattiche e ai veti, anche attivando cooperazioni rafforzate o coalizioni degli Stati che intanto ci stanno. A questo proposito sono tutt’ora valide le parole di Luigi Einaudi nel 1954: «.. nella vita delle nazioni, di solito l’errore di non saper cogliere l’attimo fuggente è irreparabile… Gli Stati esistenti sono polvere senza sostanza, Nessuno di essi è in grado di sopportare il costo di una difesa autonoma. Solo l’Unione può farli durare. Il problema non è tra l’indipendenza e l’unione, è fra l’esistere e lo scomparire».
La bandiera delle società aperte
Fare l’Europa oggi è fare la pace, secondo il monito della Dichiarazione Schuman: «La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano…».
L’Europa si ritrova oggi in mano la bandiera delle società aperte e la responsabilità non solo di salvare sé stessa dalla tenaglia in corso che mira ad annientarci, ma di rilanciare il cuore della nostra civiltà, basata sulla forza del diritto, sulla soluzione dei conflitti attraverso la deterrenza e il negoziato per una pace giusta, su un progresso sostenibile e per tutti. E in questo essere un riferimento credibile per rilanciare un mondo governato da cooperazione e regole multilaterali, basate sul dialogo e sulla solidarietà.
Il 15 marzo prossimo, molti saranno in piazza, a Roma e in altre città, con la propria legittima posizione, interrogativi, dubbi, distinguo e seria volontà di voler determinare con la partecipazione attiva il nostro futuro comune. Per una volta tutti uniti sotto l’unica bandiera blu a dodici stelle, perché ora o si fa l’Europa o si muore.
Luca Jahier è stato presidente del Comitato economico e sociale europeo – Cese.
La foto di apertura, di Zurab Tsertsvadze per ApPhoto/LaPresse, mostra le manifestazioni europeiste a Tiblisi, in Georgia, del dicembre scorso.
Vuoi accedere all'archivio di VITA?
Con un abbonamento annuale potrai sfogliare più di 50 numeri del nostro magazine, da gennaio 2020 ad oggi: ogni numero una storia sempre attuale. Oltre a tutti i contenuti extra come le newsletter tematiche, i podcast, le infografiche e gli approfondimenti.