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Povertà/2. Quali le vere cifre. Giovane e single. Eppure non ha un euro in tasca

Luigi Campiglio propone un diverso metodo di calcolo dell’indigenza. Secondo cui il 4% delle famiglie italiane non ha da mangiare. E il 20% dei minori...

di Sara De Carli

Dopo la povertà assoluta e quella relativa, la povertà oggettiva e quella soggettiva, l?intensità della povertà e il sentimento di deprivazione relativa, ecco una nuova unità di misura: la povertà rivelata. A proporla è Luigi Campiglio, economista e prorettore dell?università Cattolica di Milano. Segno che la povertà che oggi serpeggia è qualcosa di veramente nuovo, e che per misurarla, studiarla, contrastarla, servono parametri metodologici multidimensionali e innovativi.
I dati Istat fotografano una sostanziale stabilità della popolazione relativamente povera (10,6%) e dell?intensità della povertà (21,4%), «ma per arrivare a una migliore stima del fenomeno», spiega il professor Campiglio, «serve introdurre nuovi metodi di calcolo della povertà oggettiva accanto a quelli basati sul reddito e sul consumo. Accanto, attenzione, non in alternativa. La mia proposta è misurare la povertà come comportamento rivelato e non come misura indiretta».
Eccola qui la povertà rivelata, detta anche «impossibilità di scelta» o «mancanza di alternative». Il parametro si ottiene a partire dai dati della Banca d?Italia sui risparmi delle famiglie, misurando il risparmio negativo: si rivela povera la famiglia che di fatto (e non secondo il reddito nominale) non riesce ad acquistare un paniere ridotto di beni non durevoli, come alimentari, trasporti, abbigliamento. Ovvero che presenta consumi di beni non durevoli superiori al proprio reddito, al netto dell?affitto. Le sorprese non si fanno attendere: con questo metodo di rilevazione le famiglie povere sono il 14,2%, un punto in più rispetto alle stime della Banca d?Italia e tre punti in più rispetto a quelle dell?Istat. Ma le differenze vere emergono nell?analisi della distribuzione territoriale della povertà e nell?identificazione concreta della famiglia povera: il 3-4% delle famiglie italiane non ha – alla lettera – abbastanza soldi per mangiare, e il 20% dei minori vive in famiglie con reddito inferiore rispetto al paniere minimo di beni non durevoli, come dire che un bambino su cinque, in Italia, patisce in qualche modo un razionamento del cibo.
Che dire poi dei trentacinquenni single, tutti soldi, sesso e carriera? Esistono solo nell?immaginario collettivo. «A dispetto di tutta la letteratura prodotta in questi anni», spiega Campiglio, «il parametro della povertà rivelata porta allo scoperto una robusta fascia di giovani single in reali difficoltà economiche. Single di 36 anni, che non sono né separati, né genitori soli. È inspiegabile».

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