Idee Nel mondo di Trump e Putin
Europa, esercito comune e corpi civile di pace: non ci può essere l’uno senza gli altri
«Tutte le transizioni in cui ci troviamo», scrive Marianella Sclavi, esperta dei processi di ricostruzione e gestione creativa dei conflitti, «sanitaria, ambientale, finanziaria, energetica, bellica, richiedono la rinuncia all’appiattimento sulle opinioni e sugli schieramenti e all’arroganza "dell’io ho ragione tu hai torto" e un profondo e umile impegno a vedere gli avvenimenti non alla luce delle colpe altrui, ma a partire dalle nostre responsabilità»

Alex Langer sosteneva che la transizione energetica sarà possibile solo quando la gente non la percepirà più come un sacrificio, ma come un miglioramento del livello di vita e degli stili di convivenza.
Per quanto possa sembrare assurdo in questo momento, lo stesso vale per la transizione in Ucraina da questa orribile guerra alla tregua e negoziazione di una pace giusta. Tutte le transizioni nel cui mezzo noi oggi ci troviamo (sanitaria, ambientale, finanziaria, energetica, bellica) diceva Alex già 30 anni fa, sono prima di tutto delle conversioni. Richiedono una riflessione coraggiosa che va dalla nostra situazione esistenziale allo sguardo sul futuro del pianeta. Richiedono la rinuncia all’appiattimento sulle opinioni e sugli schieramenti e all’arroganza dell’io ho ragione tu hai torto e un profondo e umile impegno a vedere gli avvenimenti non alla luce delle colpe altrui, ma a partire dalle nostre responsabilità, dal considerare gli errori commessi i nostri più grandi maestri. Punto di partenza: noi europei in cosa e su cosa siamo stati o dovremmo essere stati in queste vicende, coraggiosi? Se vogliamo uscirne nel modo auspicato da Langer, dobbiamo avere il coraggio di porci questa domanda. Insisto sul coraggio per il semplice motivo che è una dimensione fondamentale del pensiero intelligente. Senza coraggio quello che rimane è la ripetizione a disco rotto dei luoghi comuni e l’ignavia. Qui mi limito a due momenti di mancata assunzione di responsabilità, ammettendo i quali si potrebbe costruire una visione di lungo periodo, una strategia, una politica estera, di uscita positiva, desiderabile per tutti, dall’attuale pazzia.
Primo: l’ingresso sul territorio ucraino di decine di km di carri armati russi e l’idea che Zelensky, quel buffone, sarebbe scappato e gli oligarchi russi avrebbero cenato nei ristoranti di Kiev nel giro di tre giorno, da dove nasce? Non dalla mancanza di negoziati e sottoscrizione di accordi (solo per ricordarne alcuni: Budapest 1994, Minsk 2014, e 2015, il primo con la consegna dell’arsenale nucleare alla Russia in cambio del rispetto dei confini e l’ultimo sull’applicazione del modello di autonomia dell’Alto Adige in Donbass), ma dalla assenza di un protagonista politico deciso ed attrezzato a farli rispettare. Non sono stati rispettati. La Merkel e alcuni dei dirigenti OSCE allora in carica, sostengono che a trasgredirli è stata la Russia, Jeffrey Sachs che la colpa è degli Usa. Ok, ma i Governi europei che li avevano sottoscritti assumendosi la responsabilità di garanti, Germania, Francia, Gran Bretagna, dov’erano? Se c’è un aspetto positivo nel disastro trumpiano, è che ci sbatte in faccia tutti i limiti di servilismo che ci sono stati, che ci sono ancora, e che ci ha fatto comodo ignorare. I gradassi e i megalomani, rendiamocene conto, pretendono sottomissione, ma disprezzano i deboli che si divertono a umiliare accordandosi fra loro. L’atteggiamento del vicepresidente Vance nei riguardi del Consiglio Europeo è stato uguale a quello che ha tenuto con Zelensky. Disprezzo: inginocchiatevi, chiedete perdono, ringraziate. Se non impariamo da queste batoste, meglio tacere. La risposta non può essere né la chiamata alle armi, né l’accusa dei «pacifisti» di non aver saputo mantenere aperti i rapporti diplomatici con Mosca.
Secondo. L’ipocrisia per se stessa non è sempre un male, quando è circostanziata può essere un’arma preziosa. C’è l’ipocrisia utilizzata per mantenere aperte delle possibilità di dialogo e quella che serve agli ignavi per rimanere tranquilli nel guado. Quella in cui noi europei siamo immersi è la seconda. È ipocrita chiamare «operazione speciale» una aggressione bellica, ma è altrettanto ipocrita schierarsi con la vittima impedendole di difendersi, offrendole unicamente i dispositivi militari ombrello: per cui il missile caduto sull’ospedale dei bambini oncologici a Kiev, è un malaugurato peccato, colpire la base da cui quel missili era partito non si poteva, era fuori dagli ipocriti, ma rispettabili limiti della «operazione speciale». In questo siamo veramente unitariamente europei, noi e Putin. Questa ipocrisia maligna, da dove nasce? Nasce dal madornale errore di noi europei di non aver smobilitato anche la NATO, quando il 31 marzo 1991 a Praga, è stato sciolto il Patto di Varsavia. Questo è stato l’atto di rinuncia a pensare un proprio ruolo autonomo nel mondo, a perseguire gli ideali e la missione dalla quale l’unità europea era nata nel secondo dopoguerra e un atto di sottomissione stupida e acritica alla politica estera Statunitense, (unica eccezione: il No di Francia e Gran Bretagna all’invasione in Iraq).
Uno sguardo lungo, in vista di una ricomposizione su nuove basi del continente europeo di cui anche la Federazione russa a tempo debito sia parte (perchè lo è) richiede che, prima di parlare di armi o di diplomazia, questi errori siano riconosciuti in modo esplicito, perché è da questa ammissione che nascono la volontà di darsi una politica estera dignitosa, autonoma e unitaria col suo esercito europeo e la possibilità di pensare a un’ Europa dotata, unica nel mondo, dei Corpi Civili di Pace, ovvero di una «truppa pacificatrice», in grado di intervenire nelle aree a rischio di escalation e nei territori post-bellici per aiutare gli abitanti e ricucire il tessuto sociale. Questa proposta, che Alex Langer ha avanzato nel 1995, nasce dall’aver imparato qualcosa dalla guerra civile nell’ex Jugoslavia, ed è coerente con le motivazioni e gli ideali da cui è nata la Ue.
Il coraggio di fare i conti con la propria storia è anche la condizione per mettere in atto l’ipocrisia positiva necessaria se si desidera avere un ruolo di primo piano in un «tavolo» negoziale con Putin. Il motivo è semplice: i boss para-mafiosi come Putin, accettano di trattare unicamente con chi è in grado di far loro capire che con la sola forza e violenza non possono vincere. Le sue continue minacce di ricorrere all’arma atomica in realtà sono dei messaggi del tipo: con voi che siete dei poveretti, smidollati, non scendo a trattative, (Macron ha cercato in tutti i modi prima del febbraio 2022, e subito dopo, di stabilire dei rapporti negoziali, prendendosi pesci in faccia). Allora certo, ci vuole l’esercito europeo, europeo per davvero e non diviso in 27 Stati, ma accompagnato da una mossa spiazzante, che ci fa uscire dai giochi attuali e proporne di nuovi: l’istituzione dei Corpi Civili di Pace Europei. Con questi due dispositivi potremmo avere un’Europa in grado di essere «gentile con l’avversario, ma inflessibile nel merito» dove il merito è una pace giusta. Come prevedono tutte le teorie sulla gestione creativa dei conflitti.
AP Photo/Omar Havana/LaPresse
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