Distopie
Geografia di una città senza Terzo settore
Abbiamo chiesto ai giovani della Scuola Holden di scrivere un racconto immaginando luoghi senza Terzo settore. Nella città descritta da Martina Cangialosi, ventitreenne milanese, non ci sono quartieri ma settori concentrici, man mano che ci si allontana dal centro si incontrano fragilità e emarginazione

Cosa accadrebbe se, da un giorno all’altro, il non profit scomparisse? È questa la provocazione al centro del numero di marzo di VITA “Provate a fare senza”, se sei già abbonato, leggi subito qui; se vuoi abbonarti, puoi farlo da qui. E abbiamo chiesto a tre giovani della Scuola Holden proprio di scrivere un racconto immaginando luoghi senza Terzo settore. Ne sono usciti tre contributi sorprendenti, pieni di inventiva e di senso. Come quello di Martina Cangialosi, 23 anni, che ha immaginato una città senza quartieri ma fatta di cerchi concentrici: più ci si allontana dal centro, più si incontrano fragilità
Arrivato il mio turno di uscire dall’edificio il giorno in cui ho compiuto dieci anni. Era sera, fuori era già buio e gli altri bambini erano in mensa per la cena, così non avevo potuto salutarli un’ultima volta. Avevo con me
una valigia rossa, ci avevo infilato dentro i miei vestiti, qualche libro, un disegno che mi aveva fatto la mia compagna di stanza prima di separarci. Lei non sarebbe uscita prima di marzo. Mi hanno portata nella mia nuova casa in macchina e, quando l’ho vista per la prima volta, mi sono chiesta come avrei fatto a riconoscerla in mezzo alle altre villette gialle. Mio padre e mia madre erano seduti in cucina in silenzio. La cena era pronta da un pezzo.
Il giorno dopo mio padre mi ha fatto fare un giro per la città. Dal finestrino del sedile posteriore dell’auto, ho visto per la prima volta alla luce del sole la via di casa. Mentre la macchina attraversava il nostro settore, le case si dispiegavano uguali una dopo l’altra, alternate solo da alberi e biciclette colorate appoggiate alle staccionate. Quel giorno ho imparato che le vie della città sono come cerchi concentrici che si sviluppano uno dietro l’altro, allargandosi sempre di più. Nella piazza centrale c’è il palazzo del sindaco, il duomo di pietra e la scuola; appena dopo appaiono le case più belle, le ville delle famiglie importanti. Man mano che ci si allontana dal centro, scompaiono le case monofamiliari e appare la periferia. Dopo l’ultimo cerchio, a circondare la città, scorre il fiume, che la percorre tutta proteggendola dall’esterno.
La scuola è iniziata qualche settimana dopo il mio arrivo a casa. Ho avuto tempo per ambientarmi, per dimenticarmi dei miei vecchi amici e imparare le regole della città. I miei genitori mi hanno presentato le figlie dei vicini, mi hanno comprato uno zaino e dei quaderni colorati, mia madre ha cercato di insegnarmi a cucinare. La domenica mio padre mi faceva salire in macchina e mi portava in giro.
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