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Lettere. “Chi muore giovane non è affatto caro agli dei”

Un personalissimo ricordo di Raffaella Seymandi, morta oggi in Ciad, e di Maria Grazia Cutuli, morta tre anni fa in Afghanistan.

di Ettore Colombo

Caro direttore, comincio davvero a essere stanco dei cascami di una cultura pseudoclassicista, anche se sicuramente mal digerita. Chi muore giovane non è affatto caro agli dei, è solo figlio di un destino orribile. Raffaella Seymandi, di anni, ne aveva 24: è morta oggi in Ciad su un aereo assieme a una nota giornalista torinese, la free lance Dada Rosso, e all’amministratore delegato della casa editrice Bollati Boringhieri, Armando Mandelli. In viaggio premio dopo la laurea in Medicina appena conseguita, era figlia di Roberto, commercialista torinese e consulente della Regione Piemonte, ed era anche la compagna di un collega del Riformista, Edoardo Camurri. La mia amica Maria Grazia Cutuli, che faceva la giornalista, come sai, e di cui ho scritto anche per Vita nel disperato tentativo non di ricordarla ma di tenerla con noi, di anni ne aveva 39. E’ morta tre anni fa, di questi tempi. Erano entrambe troppo giovani, per morire, direttore, anche se a Raffaella in Ciad è capitato per fatalità, a Maria Grazia invece perché, in Afghanistan, qualcuno l’ha uccisa. Se gli dei vogliono bene davvero a qualcuno, caro direttore, lo fanno morire anziano e sereno. Di vecchiaia. E comunque sempre e solo dopo che sono morti entrambi i genitori. Mai prima. Ciao Raffaella, ciao Maria Grazia. Ettorec.


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