Cooperazione internazionale

In ricordo del cooperante Paolo Dieci, retaggio di impegno e responsabilità

Il presidente emerito di Intersos ricorda Paolo Dieci: «La mattina del 10 marzo 2019, nei cieli di Addis Abeba, un Boeing 737 Max precipitò al suolo, causando la morte di 157 persone. Tra le vittime italiane c’era Paolo Dieci, presidente del Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei Popoli e della rete di ong Link 2007. Figura di riferimento nella cooperazione allo sviluppo, Paolo era di una lucidità straordinaria, instancabile e sempre orientato all’azione, al confronto e al dialogo»

di Nino Sergi

La mattina del 10 marzo 2019, nei cieli di Addis Abeba, un Boeing 737 Max precipitò al suolo, causando la morte di 157 persone di 33 diverse nazionalità. Tra le otto vittime italiane c’era Paolo Dieci, in viaggio verso Mogadiscio. Presidente del Cisp e della rete Link 2007, ha dedicato la sua vita alla cooperazione internazionale. Figura di riferimento nella cooperazione allo sviluppo, Paolo Dieci era di una lucidità straordinaria, instancabile e sempre orientato all’azione, al confronto e al dialogo. Credeva profondamente nella possibilità di costruire una società più giusta, coesa e rispettosa dei diritti fondamentali.

A sei anni di distanza, la sua presenza resta viva. Nel frattempo, il mondo è profondamente mutato, esasperando contraddizioni e incertezze. La rapidità con cui sta emergendo un nuovo assetto internazionale genera disorientamento: alleanze consolidate si sfaldano, il multilateralismo si dissolve, le tensioni si acuiscono e la solidarietà, anziché essere un valore, viene percepita come un peso, ostacolata e sacrificata in nome di scelte politiche miopi, opportunistiche o dettate da puro egoismo.

Un nuovo ordine globale

Con la nuova amministrazione statunitense, la politica internazionale sembra dominata dalla logica della forza, con una spregiudicatezza più spudorata rispetto al passato. Arroganza, ricatto e menzogna hanno soppiantato la diplomazia e il negoziato politico. Emblematica di questa deriva è stata la messa in scena di un vergognoso show mediatico, orchestrato per umiliare un capo di Stato aggredito e compiacere l’aggressore, segnando la degenerazione di una politica priva di etica, guidata da logiche predatorie.

Questo modello va contrastato. Non con nuove barriere geopolitiche, ma con la forza della ragione, del dialogo e di alleanze strategiche basate sulla fiducia reciproca e sul riconoscimento delle diversità. Serve un nuovo ordine mondiale fondato su regole condivise, sul rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani, sull’equità economica, sulla tutela dell’ambiente e sulla lotta alle disuguaglianze. È urgente ricostruire una governance globale dotata di strumenti efficaci per risolvere le tensioni internazionali e prevenire i conflitti. Nei decenni passati, l’incapacità e la miopia dei decisori politici ne hanno impedito la realizzazione. Oggi, la situazione internazionale lo impone.

Il ruolo dell’Europa

Grazie ai valori divenuti patrimonio comune e fondamento della coscienza collettiva, l’Europa ha un ruolo cruciale da svolgere. Troppo spesso, però, questi stessi valori sono stati calpestati. E continuano ad esserlo. La miopia sulla mobilità umana, l’indifferenza di fronte agli effetti disumani dell’esternalizzazione delle frontiere e ai naufragi nel Mediterraneo, il persistere di forme di razzismo, così come lo strabismo tra la difesa della pace in Ucraina e la mancata ricerca di una soluzione equa per la Palestina, ne sono esempi lampanti. 

Il futuro dell’Europa dipende dalla sua fedeltà ai principi fondativi, nella difesa della democrazia e della libertà. Potrà farlo solo attraverso la realizzazione di un’Unione federale, come immaginato nel Manifesto di Ventotene. Si tratta di una scelta storica e inevitabile, che definirà anche il suo ruolo nel mondo: libera da muri e divisioni, fondata sul rispetto reciproco e sulla cooperazione, priva di logiche di potenza, capace di promuovere il multilateralismo e di valorizzare l’interdipendenza.

Democrazia e stato sociale, riconoscimento dei diritti e assunzione dei doveri, solidarietà tra i popoli, relazioni rispettose e durature, convivenza e pace sono principi irrinunciabili. Possono essere trasmessi solo se incarnati con coerenza e determinazione. La loro piena realizzazione risiede nell’idea degli Stati Uniti d’Europa. Il momento di agire è ora. Il disordine mondiale minaccia di sfociare in un caos politico ingovernabile, ponendo un rischio esistenziale per l’Europa.

Il ruolo della società civile e della cooperazione internazionale

A partire dall’impegno della società civile e delle numerose organizzazioni che ne sono espressione, sia a livello nazionale che internazionale. L’incertezza che avvolge la cooperazione allo sviluppo e la drammatica debolezza della risposta alle gravi crisi umanitarie – brutalmente evidenziata dalla chiusura di Usaid – impongono una riflessione sul significato dell’operato degli attori coinvolti e sulle strategie da adottare per garantire risposte efficaci.

Le Ong, in particolare, non possono restare ferme. Devono rinnovarsi, superare rigidità e chiusure, abbandonare schemi obsoleti, adattarsi alle nuove esigenze e trasformare i propri valori in scelte e azioni coerenti. Come ha sottolineato Silvia Stilli su VITA, «non è più tempo di indugi: il non profit della solidarietà e della cooperazione internazionale deve ripensare le proprie strategie … C’è urgenza di prevenire la scomparsa del nostro patrimonio di Ong, che va affievolendosi, anche perché non riesce a rinnovare la sua governance e a produrre un ‘pensiero fresco’».

Un pensiero nuovo delle Ong non emerge per caso: richiede confronto, ascolto, apertura a idee diverse e il superamento di schemi ideologici del passato e di giochi di potere che dividono e indeboliscono. Nasce dalla capacità di fare sistema nei programmi di cooperazione, coinvolgendo istituzioni, mondo accademico, settore privato e diaspore, e costruendo partenariati duraturi con le realtà dei paesi partner. Solo così si rafforza l’identità delle Ong e il loro valore distintivo nella cooperazione allo sviluppo, garantendo qualità ed efficacia. Oggi, più che mai, le parole di Paolo Dieci risuonano con forza: «La società civile fa giustamente appello ai governi e alle istituzioni affinché siano coerenti con le costituzioni e i principi ai quali dicono di ispirarsi. Bene, lo abbiamo fatto e lo faremo. Tuttavia, un analogo appello dobbiamo rivolgerlo anche a noi stessi». 

In questi giorni, nell’anniversario della sua scomparsa, ho ripensato all’impegno costante e quotidiano di Claudia Fiaschi nel Terzo Settore, che ha contribuito a fortificare, anche con il suo esempio e le sue parole: «Le donne e gli uomini che fanno parte di questo mosaico di capacità solidale riescono a fare la differenza, a 360 gradi, ovunque ci sia un bisogno”. Avvertiva, però, la necessità di superare alcuni limiti, come la difficoltà di passare il testimone fra generazioni e l’eccessiva competitività che talvolta «produce frammentazione» e riduce «l’efficacia dell’azione sociale e di rappresentanza».

Di fronte alle incertezze sempre più profonde di un contesto globale in continua trasformazione e frammentazione, con gravi rischi per la pace, chi opera nel settore della cooperazione deve incarnare e dimostrare i propri valori con determinazione, coerenza, apertura e forte unità, senza lasciarsi paralizzare dal timore del futuro. Paolo Dieci credeva che solo una comunità coesa e rappresentativa può avere un impatto concreto nella cooperazione internazionale e nella società, contrastando i tentativi di marginalizzazione del settore in Italia, in Europa e nel mondo. La sua eredità ci chiama alla responsabilità: trasformare l’indignazione in azione concreta per il cambiamento. In un mondo confuso, servono segnali positivi. Raccogliere il testimone di Paolo è il modo migliore per dare continuità al suo impegno e onorarne la memoria.

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