Famiglia

Nucleare: Apec, gli Usa e la Corea

Si è chiuso il vertice dell'Apec. Dure prese di posizione degli Stati Uniti contro la Corea del Nord e l'Iran

di Giulio Leben

Nuove prese di posizioni di Bush verso Corea del Nord e Iran. La possibilità di ottenere un primo rapido successo in avvio del secondo mandato alla Casa Bianca ha spinto il presidente George W. Bush a fornire una prova del suo rinnovato stile aggressivo in politica estera, mandando sul delicato tema nucleare un chiaro avvertimento ai governi di Iran e soprattutto di Corea del Nord. Sbarcato a Santiago del Cile, Bush ha dettato le sue regole del gioco ricevendo in rapida successione nell’Hotel Hyatt, trasformato in una fortezza, otto personalità mondiali, fra cui i presidenti di Cina (Hu Jintao), Russia (Vladimir Putin), e Corea del Sud (Roh Moo-hyun), ed il premier del Giappone (Junichiro Koizumi). Argomento fisso dei colloqui, i piani nucleari della Corea del Nord e la sua scelta di abbandonare il tavolo di dialogo a sei creato per cercare di disinnescare la crisi. A questo proposito Bush ha tenuto a dire alla stampa al termine del colloquio con il giapponese Koizumi che il leader nordcoreano Kim Jong Il dovrà ascoltare «una voce comune», degli Usa e dei loro partner, che chiede uno stop al suo programma di armamenti nucleari, e che «non c’è alcuna alternativa al dialogo a 6, per ora sospeso». Che cosa abbiano deciso di offrire a Pyongyang il capo della Casa Bianca e gli altri leader asiatici, non è noto: ma fonti vicine alla delegazione americana insistono che non si dispera di avere buone notizie entro la fine di quest’anno o all’inizio del 2005. E subito dopo aver formulato le sue idee sul futuro della Penisola coreana, Bush ha lanciato un secondo, molto più duro avvertimento nei confronti dell’Iran, altro Paese da lui tradizionalmente inserito nel cosiddetto “Asse del male”. «È molto importante che il governo dell’Iran sappia – ha detto – che siamo preoccupati circa i suoi desideri e che siamo preoccupati per notizie secondo cui prima di un incontro internazionale fissato, si propone di accelerare il trattamento di materiali che potrebbero portare ad armi nucleari». «È una questione molto seria – ha sottolineato con tono glaciale – il mondo sa che è una questione seria e che stiamo lavorando insieme per risolverla». Il capo dello Stato americano ha quindi elogiato gli sforzi delle nazioni europee coinvolte in uno sforzo diplomatico per convincere l’Iran a non cercare di sviluppare armi nucleari. In questo senso, la settimana scorsa Teheran ha accettato di sospendere l’arricchimento dell’uranio e tutte le attività ad esso collegate in un accordo raggiunto con Gran Bretagna, Francia, Germania e Unione europea. L’intesa, che entra in vigore oggi, proibisce all’Iran di realizzare tutte le attività di processamento di gas legati all’uranio, così come altri programmi riguardanti l’arricchimento. I Paesi europei, ha concluso Bush, «credono davvero che l’Iran ha maturato ambizioni nucleari, come lo crediamo noi, e come lo credono molti in tutto il mondo». Il capo della Casa Bianca ha voluto chiaramente dare ampia pubblicità alla spinosa questione degli armamenti atomici, mentre molto di meno si è saputo sugli altri argomenti trattati con i suoi autorevoli interlocutori. Putin, che ha avuto l’ultimo degli incontri in agenda, aveva suscitato sorpresa sostenendo in una conferenza stampa ieri che «non è bene che l’ordine mondiale sia gestito da una sola potenza, perché questo conduce al cimitero», assicurando poi che «con Bush parleremo sicuramente di Iraq», un’area dove la Russia ha intenzione di svolgere un ruolo più dinamico. Infine, in un colloquio di 40 minuti, il cinese Hu e Bush hanno esaminato temi economici e «il modo in cui lavoreremo nei prossimi quattro anni per continuare a diffondere la prosperità ad entrambi i nostri popoli ed essere sicuri che le relazioni siano corrette e eque da entrambe le parti». Non si conoscono altri particolari, ma le fonti hanno ricordato che in passato gli Usa hanno esercitato pressioni affinché la Cina adotti una differente politica dei cambi, abbandonando il rapporto fisso fra dollaro e yuan. E Bush ha detto infine di essere favorevole ad una politica del dollaro forte, che però sarà più difficilmente applicabile senza novità in campo monetario provenienti da Pechino. Un altro punto delicato che è stato frutto di esame, la possibilità che l’Apec, attualmente organismo puramente di confronto e consultazione, si trasformi gradualmente in un’area di libero scambio dei paesi che si affacciano sul Pacifico. L’idea, formulata dal gruppo di industriali riunitisi parallelamente al vertice, è vista con simpatia da alcuni paesi (Usa, Cile, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Taiwan e Singapore), ma è avversata da altri (Cina, Giappone, Malaysia ed Indonesia). Il vertice si è concluso ieri, con la lettura da parte del presidente della repubblica cilena Ricardo Lagos dei punti principali della “Dichiarazione di Santiago” che riguarda impegni relativi al libero commercio, la corruzione ed il terrorismo. «Riaffermiamo l’impegno ad ottenere una crescita sostenibile e equa, e a ridurre le disparità economiche per il benessere della nostra gente mediante il raggiungimento degli obiettivi di Bogor di liberalizzazione e facilitazione del commercio e gli investimenti, rafforzando la sicurezza umana e promuovendo il buon governo ed una società basata sulla conoscenza». Nel testo si ricorda l’importanza dei negoziati in sede Wto e si sottolinea il nuovo fenomeno del terrorismo. «Ricordiamo gli atti detestabili e le terribili conseguenze del terrorismo come tragicamente si sono manifestati a Beslan e Giakarta lo scorso anno».


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