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Il decreto governativo ha riformato il grande ente. Il giallo della Croce Rossa
Affiancare allattuale struttura una società per azioni. Per giorni è sembrata che questa fosse la decisione del governo. Poi cè stata una marcia indietro improvvisa.
Spa sì, spa no, spa ni. In 140 anni di storia, la Croce Rossa italiana non ha mai vissuto giorni tanto cruciali. Giorni trascorsi con il cuore in gola e conclusi con il momentaneo accantonamento dell?ipotesi di affiancare una società per azioni all?attuale struttura dell?ente.
Così ha deciso il sofferto Consiglio dei ministri di giovedì 11 novembre. Che, con un colpo di spugna, ha cancellato la precedente versione del provvedimento che da oltre un mese giaceva in attesa del ?momento buono? nel cassetto del sottosegretario Gianni Letta (regista, vale la pena ricordarlo, gomito a gomito con il commissario straordinario Maurizio Scelli, della riuscitissima e sbandieratissima liberazione irachena delle due Simone). Evidentemente, però, il terreno non era ancora fertile per far digerire un provvedimento tanto rivoluzionario, contro cui si erano espressi da subito (era il 15 ottobre), i sindacati e una larga fetta del volontariato (compreso quello interno alla Croce Rossa). Tanto più che intorno a Scelli si era appena placato il polverone scatenatosi a Montecitorio intorno a una norma (poi attenuata) che avrebbe dato al commissario carta bianca, con tanto di potere sia di ratifica che di modifica, addirittura sul piano di riordino dell?ente messo a punto nel 2003.
Ma lo stop alla spa è più un ni che un no, visto che il passaggio incriminato è stato cassato unicamente perché giudicato ?non urgente?, e quindi incompatibile con la formula del decreto legge, e non per ragioni di fondo. Tempo al tempo, quindi. I bene informati sostengono infatti che i fautori della spa torneranno alla carica fra due mesi in Parlamento, quando il decreto dovrà essere convertito in legge, o, in alternativa, cercheranno di inserirlo in Finanziaria. Chi vivrà, vedrà. Rimarranno comunque scolpiti nella memoria degli osservatori più attenti le ore successive all?esame del provvedimento. Sintomatiche per pesare la posta in gioco.
Spa, anzi no
Vale quindi la pena di fare un passo indietro e tornare alle ore 16 dell?11 novembre, quando si apre il tanto atteso Consiglio dei ministri n. 177: il primo punto in agenda è proprio il decreto sulla Croce Rossa. La discussione si protrae per ore, senza che da Palazzo Chigi trapeli alcuna indiscrezione. L?ufficio stampa della Cri va a letto a tarda ora senza ?novità?. La tensione sale il giorno successivo. Secondo le prime notizie, il decreto è passato con all?interno il fatidico articolo 7 (quello che sancisce la trasformazione in spa), anche se si tratta di un?approvazione ?con modifiche?: il provvedimento cioè deve essere sottoposto al vaglio definitivo dei ministeri della Salute e della Difesa. La nascita della Cri spa è dietro l?angolo, per quanto proprio i dicasteri guidati da Martino e Sirchia non si sono mai espressi in toni entusiastici sull?idea di una Croce Rossa per azioni.
In via Toscana, intanto, Scelli e il suo portavoce Fabrizio Centofanti mantengono il più stretto riserbo. L?ufficio stampa annuncia di «non essere in grado né di confermare, né di smentire l?ipotesi della spa». Sabato 13 novembre, Scelli ritrova la voce a Montesilvano, in provincia di Pescara, dove di fronte a 2.300 volontari di tutta Italia giunti in Abruzzo per il loro congresso nazionale, sorridente annuncia: «Siamo a una svolta epocale, per la prima volta dopo decenni e decenni un governo ha recepito la volontà degli associati di essere il più possibile indipendenti dagli organi politici». E aggiunge: «Ci è stata riconosciuta anche la possibilità di gestirci da un punto di vista amministrativo senza coinvolgimenti politici». Nessun accenno alla spa. La linea è quella di non confermare né smentire, ma l?aria che si respira è quella delle grandi occasioni.
Domenica e lunedì passano senza novità. Si arriva così a martedì 16, il giorno decisivo. Nella notte evidentemente succede qualcosa e l?ipotesi spa innesca improvvisamente la retromarcia. La norma è passata sotto la mannaia di Martino e Sirchia? Chissà. La sostanza è che in pochi istanti si capovolgono le indiscrezioni del venerdì precedente, e dalla Cri fanno sapere, questa volta senza timidezze, che «il decreto è stato approvato, ma senza la spa». E, in effetti, nella nuova versione l?articolo 7 si compone di appena una riga e mezza, e contiene solamente le disposizioni finali.
Visto da Ginevra
Sulla questione l?opposizione era pronta alle barricate. In molti tirano il fiato. Non tutti, però. Fra i delusi va registrata la voce di Massimo Barra, vicepresidente della Federazione internazionale della Croce Rossa. Interpellato da Vita non nasconde di essere un «sostenitore convinto della soluzione della spa, perché permetterebbe una maggiore efficacia e tempestività negli interventi». Una posizione sostanzialmente condivisa dalla portavoce del comitato internazionale, Antonella Notari, che da Ginevra fa sapere che «spa o non spa, la Croce rossa italiana deve una volta per tutte rendersi indipendente dal suo governo nazionale». Quanto alla veste giuridica «l?importante è che non cozzi contro la filosofia della Croce Rossa internazionale, ma se volete un parere giuridico più attendibile parlate con la Federazione».
Il pallino quindi torna a Barra, il quale ha passato le ultime settimane a studiare il caso a fianco degli esperti svizzeri. Questa la sua conclusione: «La società per azioni, se guidata dallo stesso presidente dell?ente, non viola il principio di unicità, che prevede che in uno Stato non ci possa essere più di una società di Croce Rossa». Visto da Ginevra, dunque, il buco nell?acqua della spa è un?occasione mancata. Al di là delle Alpi non fanno mistero di considerare le grandi manovre di questi giorni l?ultimo appello per ricucire una volta per tutte i rapporti con Roma.
L?esultanza di Scelli
Ma come spiegare l?esultanza di Scelli a Montesilvano? La risposta è nel nuovo articolo 3, snodo centrale della versione edulcorata e definitiva, che delinea la nuova struttura della Croce Rossa italiana e sancisce l?assenza di rappresentanti governativi nel consiglio direttivo nazionale, dirottati, invece, nel collegio dei revisori in rappresentanza del ministero dell?Economia, degli Esteri, della Difesa, dell?Interno e della Salute (l?unico che avrà due revisori). Un passaggio che certamente sarà analizzato con la lente d?ingrandimento da Ginevra: la presenza di revisori dei conti nominati dal governo è garanzia di autonomia e indipendenza o si tratta di una semplice operazione di maquillage?
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