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Calcio, azzardo come sponsor. Milani: «Indigniamoci ma vedo madri che giocano 200 euro al giorno alle slot»

È stata approvata una risoluzione in Senato sul ritorno di loghi e slogan delle società di scommesse sulle maglie dei calciatori e negli stadi. Il tema è molto serio, ma con il comico Maurizio Milani (alias Carlo Barcellesi) ne abbiamo parlato alla sua maniera, tra il reale e il surreale. «Costruiscono il manicomio e ci mettono dentro gli accessori»

di Ilaria Dioguardi

La commissione Cultura e sport del Senato ha approvato la risoluzione di Fratelli d’Italia, proposta dal senatore Paolo Marcheschi, che contiene le linee guida del Parlamento per la riforma del mondo del calcio. Riforma che ha sollevato polemiche, soprattutto per un emendamento controverso, che decreta il ​​ritorno dei loghi e degli slogan delle società di scommesse sulle maglie dei giocatori e negli impianti sportivi, stadi inclusi. Con l’inevitabile affossamento del Decreto dignità del 2018, che proibiva ogni forma di pubblicità legata ai «giochi o scommesse con vincite di denaro» su qualsiasi mezzo, comprese le manifestazioni sportive, culturali e artistiche.

Il Parlamento non ha annullato il divieto in questione, per ora, ma promette di farlo nell’ambito della riforma del settore calcistico. «Il sistema è al collasso» commenta Maurizio Milani (pseudonimo di Carlo Barcellesi), comico, regista, scrittore. Riusciamo a sentirci dopo qualche ora di tentativi: Mi ero perso il telefono, era sotto il sedile dell’auto». Come sempre accade con Milani/Barcellesi, il dialogo cammina lesto fra reale e surrele.

Milani, cosa pensa del fatto che il Senato riapre le porte alla pubblicità del gioco d’azzardo nel calcio?

Da cittadino mi indigno, quando sento alcune cose… Ho avuto problemi di gioco patologico, ho giocato tanto tra “gratta e vinci” e scommesse su eventi sportivi. Con l’azzardo si sfaldano le famiglie. Ovviamente il linguaggio del cabaret ribalta la realtà, questo è il mio ruolo. Quindi, da Carlo Barcellesi entro nei panni di Maurizio Milani. Cosa lasciamo a fare tutto qua? Che accumulo a fare? Tanto vale che spendo tutto. Va bene tutto perché siamo nel delirio.

Quale delirio?

Ad esempio, quando si ammazzano milioni di persone per una striscia di terra in Ucraina o a Gaza, cosa vuoi che sia se facciamo la pubblicità alle società di scommesse? Il delirio deve essere completo: non deve esserci metà delirio sì e metà no. «Nulla ha più successo che l’eccesso», diceva Oscar Wilde. Va benissimo tutto: truccare le partite, sbagliare apposta un rigore, giocatori che scommettono tramite i fidanzati delle sorelle delle loro ragazze.

Non so se conviene legalizzare queste forme di pubblicità o dare tutto in mano alla malavita. Tanto vale che ci guadagna lo Stato della mia inettitudine, come guadagna sulle sigarette, che poi dopo spende di più per curare le malattie legate al fumo. Queste forme di patologia sono disturbi compulsivi per cui non vai più neanche a letto: continui a giocare anche online con il telefonino. Per assurdo conviene far scappare tutti i buoi.

Ovvero?

Hai fatto scappare metà buoi, li fai scappare tutti. Siamo in una società delirante, il delirio deve essere totale. Il manicomio non può rimanere a metà: quando hai costruito la struttura, devi metterci dentro anche gli accessori. Che metti a fare una pezza di qua e una di là?

Come vede le pubblicità delle società di scommesse sulle maglie dei giocatori e negli stadi?

Dopo che hai visto che alle macchinette che ci sono nei bar, madri di famiglia stanno tutto il giorno a giocare e spendono 150-200 euro, che limiti pensi possa avere l’azzardo? Poi, le pubblicità sono ovunque, in maniera forsennata. Sulle maglie dei giocatori di pallavolo di serie A non c’è più uno spazio libero, non si vede più neanche il nome della squadra, per quanti loghi e scritte ci sono. Il nome dello sponsor ormai ha preso il posto della società, in alcuni sport come il basket: la Pallacanestro Olimpia Milano ormai la gente la chiama Olimpia Armani. Anche nel calcio potrà succedere.

Cosa potrà succedere?

Arriveremo al punto in cui le squadre di calcio non si chiameranno più Inter, Juventus, Lazio, Milan, ma prenderanno il nome dello sponsor. Un bel Salvarani Cucine al posto del nome di una squadra non lo vedrebbe bene? Si dirà: «Luxottica batte Mobiliquattro per 2 a 1» (invece di Milan batte Inter). Non ci siamo ancora arrivati, ma si potrebbe arrivare al fatto che lo sponsor mangi il nome storico della società. Il sistema è al collasso. Le società sono piene di debiti, non sanno più dove andare a rastrellare soldi, i giocatori sono gli unici beneficiari di questo delirio perché guadagnano moltissimo, da dipendenti. Di sportivo e di romantico non c’è più nulla nel calcio, a partire dalla serie A fino ad arrivare alle partite dei ragazzini, in cui i genitori si scannano. Ma nello sport l’ascensore sociale c’è.

A Codogno, dove vivo, c’è un ragazzo di famiglia umile, che sa giocare a calcio molto bene ed è riuscito ad arrivare ad alti livelli. C’è un aspetto anche positivo nel fatto che alcuni ragazzi di origine straniera, di seconda generazione, che non avrebbero alcuna possibilità di riuscire a diventare qualcuno, possono avere la grande possibilità di salire l’ascensore sociale grazie al calcio. L’attore, una volta che una persona è spontanea, lo può fare un po’ chiunque. Ma il calciatore, il centometrista no. Nello sport c’è ancora una meritocrazia. Dove però gira attorno una valanga di soldi. Ma l’intreccio tra scommesse e calcio c’è da moltissimi anni. Albertosi nell’80 lo arrestarono per calcioscommesse in campo, con i guantoni da portiere. E parliamo di 45 anni fa…

La foto di apertura è di LaPresse.

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