Immigrazione

Rosarno, la tendopoli di San Ferdinando è un “ghetto di Stato”

L’eurodeputato e sindaco di Riace Mimmo Lucano, monsignor Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo emerito di Campobasso-Boiano, padre Alex Zanotelli e l’ex parlamentare e sindaco di Rosarno Peppino Lavorato hanno visitato la tendopoli di San Ferdinando in Calabria. «Basta ghetti di Stato», ha dichiarato Lucano, «occorre costruire alternative di accoglienza a partire dall’antropologia del luoghi»

di Giulia Polito

«Bisogna chiudere la baraccopoli di San Ferdinando perché non possiamo più accettare il degrado e le condizioni disumane in cui sono costretti a vivere i lavoratori, sfruttati nel silenzio quasi assoluto delle istituzioni». Le parole sono dell’eurodeputato AVS – Alleanza Verdi e Sinistra – Mimmo Lucano. Da lui è partito l’invito che ha portato un consistente numero di personalità e di cittadini all’interno della baraccopoli di San Ferdinando su cui, da qualche mese, stanno ricominciando ad accendersi i riflettori.

«Mi sento emotivamente legato a questa realtà – spiega Lucano – le vite di molte persone che hanno vissuto qui si sono intrecciate con Riace. Voglio denunciare in Europa le condizioni di vita dei lavoratori all’interno della tendopoli di San Ferdinando». L’eurodeputato, ripercorrendo per tappe gli ultimi anni, ha raccontato: «Mi sono voluto candidare al parlamento europeo per dare maggiore forza all’ideale che rappresento, al modello di accoglienza che abbiamo sperimentato a Riace e che si è generato spontaneamente a partire dall’antropologia dei luoghi e da due dati politici. Il primo – spiega – riguarda le migrazioni delle persone dalle periferie verso i centri, un moto che produce la desertificazione dei borghi e delle aree interne. Il secondo è che le migrazioni a livello globale sono responsabilità diretta dell’Occidente».

A detta di Lucano «è importante aprire un dibattito internazionale sui temi delle migrazioni e dell’accoglienza. Vorrei proporre agli eurodeputati del gruppo parlamentare europeo The Left di venire in visita in Calabria, a Riace prima e a San Ferdinando dopo, per mostrare loro i due modelli contrapposti di accoglienza». Il prossimo obiettivo politico di Lucano è proporre una legge in Europa per il ripopolamento dei borghi attraverso l’accoglienza dei migranti: un modello Riace rivisto e corretto in chiave europea su cui c’è già attiva una petizione pubblica. Proprio il modello di Riace è stato uno dei punti focali su cui si è concentrata l’attenzione dei partecipanti all’incontro come proposta replicabile proprio nell’area di San Ferdinando, «ma ogni luogo ha una sua specificità – commenta Lucano – e occorre tenere conto del contesto in cui ci troviamo».

«San Ferdinando è un piccola città sul mare con una vocazione molto diversa da quella di un borgo antico delle aree interne del nostro territorio» fa eco il sindaco Luca Gaetano, in carica dal 2022 e da diversi anni impegnato proprio nell’individuazione di risorse e progettualità nuove che possano contribuire a risolvere definitivamente la baraccopoli. Il primo cittadino spiega che «intendiamo intervenire sulle vulnerabilità e lo stato di bisogno delle persone con un welfare universale, non lavorando dunque su base etnica». In particolare, grazie ad un finanziamento del Pnrr nell’ambito del Decreto Caivano, a San Ferdinando si realizzerà una fattoria sociale dall’acquisizione di un’azienda agricola di 3 ettari vicina al centro cittadino. «Il progetto – spiega il primo cittadino – è stato concepito come azione di rigenerazione urbana. L’obiettivo, dunque, è la costruzione di un nuovo quartiere a tutti gli effetti, completo non solo degli spazi necessari per l’agricoltura ma anche delle abitazioni per i lavoratori. Immaginiamo un luogo che viva in osmosi con il territorio circostante, abitato anche dai giovani del territorio, animato dalle attività culturali e didattiche per i più piccoli». Una visione che nasce dalla convinzione che «per risolvere il ghetto – spiega ancora il sindaco – occorre una visione multidisciplinare del problema. Non possiamo limitarci a dare la casa, i lavoratori della tendopoli hanno bisogno di essere sostenuti anche in un percorso di crescita personale, attraverso corsi di lingua italiana e di educazione civica». E rispetto al rapporto tra la tendopoli e la cittadinanza spiega: «Sono due dimensioni che non dialogano tra loro. I cittadini di San Ferdinando non sono razzisti, qui la propaganda politica ha giocato il suo ruolo soffiando sul fuoco della paura». In fase di lavorazione, c’è anche un protocollo d’intesa con la Prefettura che tenta di mettere a sistema una rete di enti per il contrasto allo sfruttamento del lavoro: organizzazioni sindacali, Inps, Ispettorato del Lavoro, organizzazioni di Terzo Settore e altro. 

Il sindaco Gaetano ha citato, tra i modelli vincenti che si sono distinti a San Ferdinando, l’ostello sociale Dambe So di Mediterranean Hope, il programma migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche. Si tratta di un modello abitativo che si sostiene grazie al contributo versato direttamente dai lavoratori e alla quota sociale proveniente dalla vendita delle arance dei canali solidali. Sulla base dell’esperienza maturata, da diversi anni Mediterranean Hope propone la creazione di una tassa di scopo di un centesimo al chilo sulle arance vendute dalla grande distribuzione, affinché il ricavato generi un fondo comune, gestito da un’agenzia per l’abitare, per sostenere le spese di accoglienza. «I migranti – spiega Francesco Piobbichi di Mediterranean Hope – sono quasi sempre considerati come un problema di ordine pubblico. In altri casi, la Piana di Gioia Tauro è un esempio, come soggetti utili per sostenere l’economia locale. Non vengono mai però considerati solo come persone. Continuiamo a parlare di emergenza in riferimento alle loro condizioni, ma nessuno tiene conto che dalla risoluzione del ghetto passa anche il riscatto della Calabria. Le questioni legate al lavoro e al welfare non sono infatti un’esclusiva dei migranti ma riguarda tutti i cittadini calabresi. In Calabria – prosegue Piobbichi – c’è uno straordinario potenziale agricolo che non viene messo a sistema perché manca la capacità di costruire un ragionamento che guardi all’integrazione come obiettivo primario delle azioni che vengono messe in campo. Ne è una prova il fatto che nelle scuole del territorio non si vedono bambini migranti: la tendopoli non favorisce il ricongiungimento, è un modello segregazionista. Dobbiamo lavorare per costruire un rapporto con l’economia locale e il territorio, favorire pratiche decolonizzanti, sviluppare modelli sociali sostenibili e superare la logica dei bandi a cui il Terzo Settore si appoggia costantemente». 

Risolvere oggi la tendopoli di San Ferdinando vuol dire darsi l’opportunità anche di prepararsi meglio ad un futuro in cui i flussi migratori sono destinati a crescere. Lo ricorda padre Alex Zanotelli, arrivato in visita per osservare la giornata di Digiuno di Giustizia in solidarietà con i migranti. «Da sette anni, ogni mese, – spiega padre Alex – facciamo una giornata di digiuno, in solidarietà con i migranti, in fuga da guerre, da fame, persecuzioni e cambiamenti climatici». E specifica: «Attualmente ci sono 150 milioni di migranti in giro per le strade del mondo e il numero è destinato a crescere perché il cambiamento climatico presto non lascerà scampo a nessuno. Dobbiamo quindi trovare strade alternative per favorire l’accoglienza e la convivenza tra persone, la colonizzazione prima e le innumerevoli guerre oggi, in Sudan così come il Congo, di cui sappiamo sempre poco ma di cui anche noi siamo protagonisti perché in questi territori ci sono anche i nostri interessi economici. Dobbiamo fare uno sforzo per superare il suprematismo bianco di cui siamo tutti succubi e accettare le nostre responsabilità. In particolare, la mia generazione, nata dalla Seconda Guerra mondiale, è quella che più di altre ha saccheggiato il pianeta Terra. Consegneremo ai giovani un mondo malato». Padre Alex chiede anche il coinvolgimento della Chiesa, «un incontro con tutti i vescovi della Calabria affinché si interessino di quanto sta accadendo all’interno della tendopoli di San Ferdinando. Le chiese hanno una grande responsabilità, nonostante Papa Francesco sia stato l’unico leader mondiale a ricordare sempre le guerre che si consumano nel mondo. Dobbiamo chiederci cosa voglia dire oggi essere cristiani. La Parola di Dio deve influenzare le nostre azioni quotidiane e sostenerci nella non violenza attiva, la stessa che ci ha insegnato Gesù. I cristiani hanno il dovere di non rimanere indifferenti». 

A distanza di 15 dalle rivolte dei braccianti agricoli, su San Ferdinando è di nuovo aperto il dibattito. Chissà se sarà quello definitivo. 

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