Disabilità
Disabile uguale idiota? Le associazioni argentine costringono Javier Milei alla retromarcia
Il presidente argentino il 14 gennaio aveva fatto pubblicare una delibera in cui si riferiva alle persone con disabilità intellettiva utilizzando termini come “idiota” e “imbecille”. Ora l'Agenzia nacional de discapacidad ha dichiarato che si è trattato di un “errore”. La Ledha interviene e chiede di tenere alta la guardia: anche in Italia il rischio di una deriva è alto
di Redazione

Le cattive notizie si susseguono, in ambito internazionale. Ma non c’è soltanto il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, a gettare scompiglio nello scenario mondiale. Basti pensare all’ultra-liberista premier argentino Javier Milei (nella foto) che lo scorso 14 gennaio ha fatto pubblicare una delibera sulla Gazzetta ufficiale, nella quale, per riferirsi alle persone con disabilità intellettiva utilizzava termini come “idiota”, “imbecille” e “gravemente handicappato mentale”. Nel frattempo dall’Argentina arriva la notizia che, venerdì 28 febbraio, l’Agenzia nazionale per le persone con disabilità (Agenzia nacional de discapacidad) ha pubblicato una nota in cui ha dichiarato che l’uso di questi termini (contenuti in una nota allegata alla delibera) è stato un “errore” e ha negato che vi fosse un intento discriminatorio.
«Si è trattato di un errore dovuto all’uso di concetti appartenenti a una terminologia obsoleta», ha fatto sapere l’Agenzia, annunciando che il testo verrà modificato «secondo gli attuali standard medici e normativi». Superfluo dire che l’adozione di quel terribile provvedimento aveva trovato ampio spazio sui media di tutto il mondo, compresi quelli italiani. Ora la Lega per i diritti delle persone con disabilità – Ledha esprime la propria «vicinanza e solidarietà alle associazioni argentine per i diritti delle persone con disabilità, costrette a mobilitarsi per ottenere il rispetto di un principio fondamentale sancito dalla Convenzione Onu sui diritti delle persone con disabilità, ratificata da Buenos Aires nel 2008».
«Quanto avvenuto in Argentina nelle ultime settimane, evidenzia come l’impegno quotidiano delle associazioni di persone con disabilità e la loro mobilitazione di fronte a episodi specifici di discriminazione siano strumenti preziosi per la tutela e la promozione dei diritti», prosegue la nota diffusa la Ledha.
«Di questa vicenda si è parlato molto anche sui nostri media, perché parole così violente e così discriminatorie sono state riconosciute come tali da larga parte dell’opinione pubblica, anche tra i non addetti ai lavori. In quest’ottica, Ledha condivide l’analisi espressa dal presidente di Fish, Vincenzo Falabella, su questa vicenda: il lavoro svolto dalle associazioni ha portato all’adozione di leggi che tutelano i diritti delle persone con disabilità (su tutte la ratifica della Convenzione Onu) e a una maggiore consapevolezza su questi temi. Questo ci mette al sicuro da possibili derive? O dal ritorno a un passato in cui era perfettamente accettabile definire una persona con disabilità “ritardato” o “imbecille”? Assolutamente no. Tutti noi – dai singoli cittadini alle associazioni – dobbiamo tenere alta la guardia perché i discorsi d’odio e contro l’inclusione stanno prendendo piede anche da noi, tanto nella vita reale quanto nel mondo digitale dietro lo schermo di uno smartphone. Come sa bene chiunque sia impegnato all’interno di un’associazione, la lotta per acquisire un diritto richiede anni di lavoro, di impegno, di dialogo e mobilitazione. Ma come dimostra quello che è successo in Argentina, per cancellare un diritto può bastare un tratto di penna. Per questo continueremo a vigilare. Anche su quello che succede dall’altra parte del mondo. Insieme».
In foto, Javier Milei, Presidente dell’Argentina, interviene a ‘Atreju 2024’, foto di Stefano Carofei/Sintesi
17 centesimi al giorno sono troppi?
Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.